Roberto Guerra – Pierfranco Bruni
(a cura di)
T-DAY
Transumanesimo della vita quotidiana
ARMANDO
EDITORE
ISBN: 978-88-6081-208-7
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RICCARDO CAMPA*
Tutto il potere ai Cyborg!
Abstract: Il transumanesimo è un movimento culturale trasversale che promuove l’idea di evoluzione autodiretta e l’uso di nuove tecnologie per prolungare la vita e potenziare l’organismo umano, prestando particolare attenzione
agli scenari futuri che lo sviluppo scientifico dischiude. In questo articolo viene proposta una disanima dei rapporti che questo movimento intesse con altri
movimenti culturali, e in particolare con l’illuminismo, il futurismo italiano, il
pensiero di Nietzsche, l’umanesimo, il postumanesimo e le ideologie politiche
ereditate dal passato.
Il transumanesimo cerca di realizzare una sintesi tra la concezione scientifica del mondo, che troviamo già in nuce nella cultura ellenistica e arriva a maturazione con l’Illuminismo, e la poetica delle macchine prodotta dai futuristi,
cantori della rivoluzione industriale (Campa 2012: 80-97). Il tutto nella prospettiva nietzschiana dell’uomo che realizza se stesso soltanto andando oltre
se stesso.
Quest’idea è tra l’altro esplicitamente presente nella produzione letteraria
del futurismo italiano. L’idea di un essere oltreumano che si potenzia volontariamente e vince l’invecchiamento e la morte è infatti proclamata a chiare lettere da Filippo Tommaso Marinetti già nel 1910, nel profetico saggio L’Uomo
Moltiplicato e il Regno della Macchina. In esso, si legge: «Noi aspiriamo alla
creazione di un tipo non umano… Bisogna preparare l’imminente e inevitabile identificazione dell’uomo col motore, facilitando e perfezionando uno
scambio incessante di intuizione, di ritmo, d’istinto e di disciplina metallica…
Noi crediamo alla possibilità di un numero incalcolabile di trasformazioni
umane e dichiariamo senza sorridere che nella carne dell’uomo dormono delle ali […] Il tipo non umano e meccanico, costruito per una velocità onnipresente, sarà […] dotato di organi inaspettati: organi adatti alle esigenze di un
ambiente fatto di urti continui. […] L’uomo moltiplicato che noi sogniamo,
non conoscerà la tragedia della vecchiaia!».
Il concetto è ribadito nelle battute finali del Manifesto tecnico della lette*Transumanista, fondatore e presidente onorario dell’Associazione Italiana Transumanisti
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ratura futurista, dato alle stampe l’11 maggio 1912: «Mediante l’intuizione,
vinceremo l’ostilità apparentemente irriducibile che separa la nostra carne
umana dal metallo dei motori. Dopo il regno animale, ecco iniziarsi il regno
meccanico. Con la conoscenza e l’amicizia della materia, della quale gli scienziati non possono conoscere che le reazioni fisico-chimiche, noi prepariamo la
creazione dell’uomo meccanico dalle parti cambiabili. Noi lo libereremo dall’idea della morte, e quindi dalla morte stessa, suprema definizione dell’intelligenza logica».
Questo per dire che non c’era bisogno di aspettare le elaborazioni americane del dopoguerra, per concepire il transumanesimo. Gli italiani possono
vantare un diritto di primogenitura su quest’idea. Se i futuristi del primo Novecento rappresentano una avanguardia dell’esercito prometeico in marcia, i
transumanisti sono l’ultimo reggimento sceso in campo, schierato per la battaglia finale. In questo senso, sono gli eredi del futurismo italiano e del cosmismo russo (Young 2012). Sono neofuturisti, anche se il prefisso “neo” non dovrebbe nemmeno essere necessario. Il futurismo è per definizione un movimento di idee e d’azione che rinnova perennemente se stesso, guardando sempre avanti.
Interessante anche il rapporto con il pensiero di Friedrich Nietzsche (Campa 2007; Sorgner 2009). Come chiarisce il mio saggio Scienza e superuomo
nel pensiero di Friedrich Nietzsche, il pensatore tedesco non era né contro la
scienza – come certa pubblicistica postmoderna vorrebbe farci credere – né
tantomeno un nemico della libertà. Anzi, la sua lotta contro l’etica tradizionale, l’etica di derivazione cristiana, era tutta tesa a liberare l’uomo dal giogo di
una falsa morale, affinché potesse finalmente dispiegare le proprie vele e navigare l’oceano infinito della conoscenza. Certamente Nietzsche non era un
democratico, mentre i transumanisti contemporanei ritengono importante la
partecipazione di tutti i cittadini al processo di transizione.
Questo mutamento di prospettiva trova un fondamento nella trasformazione della società. Il cittadino del XXI secolo non è il cittadino del XIX secolo.
È mediamente più informato e capace di decidere. È stato spesso evidenziato
che la democrazia ha tanti difetti. Col principio “una testa, un voto”, questo sistema attribuisce lo stesso potere a una persona semianalfabeta, priva di qualsiasi conoscenza del processo politico e al cittadino colto che invece legge regolarmente libri e giornali. Inoltre, è un sistema in cui i poteri forti fanno il
bello e il cattivo tempo, riducendo i parlamenti a propri comitati d’affari e dando per lo più ai cittadini soltanto l’illusione di scegliere tra alternative. Ma, come disse Winston Churchill, «democracy is the worst form of Government except for all those other forms that have been tried from time to time» (Langworth 2008). Io personalmente non vedo, per ora, alternative a questo pur imperfetto sistema. Forse, la democrazia è l’unico sistema che permette di tenere sulle spine i poteri forti, sollecitando costantemente il cittadino semianalfa20
beta a informarsi e responsabilizzarsi. Tra l’altro, in questo frangente storico,
si ha la forte impressione che il popolo italiano – ma il discorso può essere allargato ad altri paesi – sia molto più avanti nella mentalità e nell’uso delle nuove tecnologie dell’oligarchia mummificata che lo governa da mezzo secolo.
Per cui il problema non sembra essere l’eccesso, quanto la carenza di democrazia, ovvero di partecipazione e ricambio delle classi dirigenti.
Il transumanesimo è stato spesso rapportato, in senso negativo o positivo,
all’umanesimo. Il rapporto appare, dunque, quantomeno ambiguo. L’ambiguità è dovuta in gran parte al fatto che il termine “umanesimo” rimanda a significati diversi. C’è molta confusione intorno a questo concetto e vale forse la
pena di districare la matassa. Intanto, si tende a contrapporre una cultura umanistica a una cultura scientifica, identificando l’umanesimo con la cultura retorico-letteraria. I transumanisti sono anni luce oltre queste scaramucce accademiche, sterili e direi anche infantili, sulla superiorità della cultura retoricoletteraria o di quella tecnico-scientifica. I transumanisti sono animali anfibi. Si
sentono altrettanto bene nell’aria della poesia, come nell’acqua delle realizzazioni tecniche. Sono sostenitori di quella che ormai si chiama “terza cultura”
(Brockman 1995, 2003). Parlano spesso di scienza, ma con una sensibilità
umanistica. I capostipiti di questo approccio sono proprio i futuristi e gli scrittori di fantascienza, oltreché i cultori di quelle materie come la filosofia della
scienza o il diritto delle tecnologie che si trovano esattamente sulla linea di
confine. Il transumanesimo è luogo di incontro tra diverse culture ed esperienze. È il luogo in cui l’ingegnere parla col poeta, il filosofo con lo scienziato.
È il luogo della terza cultura. In questo preciso senso, i transumanisti non sono anti-umanisti, ma appunto trans-umanisti e trans-scientifici.
Il termine umanesimo indica anche quel movimento culturale che, tra il
XIV e il XVI secolo, ha recuperato all’Europa la cultura pagana, o più precisamente greco-romana, rivalutando così la dimensione umana e terrestre dell’esistenza, prima soffocata dalla dimensione religiosa e oltremondana propria
del Medioevo. Ora, se questa è l’accezione, il transumanesimo ha le proprie
radici proprio in questa tradizione umanistica e, dunque, non può essere visto
come anti-umanista.
Come segnala il De Mauro (2000), il termine può pure indicare «qualsiasi
concezione che riconosce la centralità dell’uomo o che intende rivendicarne i
diritti, l’esigenza di libertà e la dignità individuale». Questa è la concezione
anglosassone del termine “humanism” che, affermando la preminenza dell’uomo su tutte le entità soprannaturali adorate nel corso della storia, diventa quasi sinonimo di ateismo o laicismo. Anche se non hanno statutariamente una posizione contro le religioni, tanto che riconoscono tra i propri precursori anche
il filosofo cristiano Francesco Bacone, de facto i transumanisti sono in prevalenza atei, agnostici, razionalisti. La conseguenza è che, ancora una volta, sarebbe errato scambiare il trans-umanesimo per anti-umanesimo.
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Tuttavia, vi è anche chi utilizza questo termine come sinonimo di “specismo”, ovvero per indicare quella dottrina antropocentrica che vede nell’uomo
un essere morale diverso e superiore a tutte le altre forme di vita. Tale concezione arriva a indicare in una non meglio precisata “natura umana” o “vita
umana” il senso stesso dell’universo, svalutando così non tanto le entità soprannaturali, vere o immaginarie che siano, ma tutte le altre forme di vita intelligente conosciute (animali) o ipotetiche (future forme dell’evoluzione biologica, o – se vogliamo lavorare di fantasia – alieni e macchine coscienti). Corollario di questa visione è che gli uomini dovrebbero restare uniti contro tutto il resto, essendo appunto l’umanità il primo fattore identitario. Questo tipo
di umanesimo, ma forse sarebbe meglio chiamarlo “umanismo”, è una forma
di “razzismo umano”. Se la sacralità dell’uomo è poi derivata da concezioni
antropologiche pre-darwiniane, ovvero da ideologie religiose che riconducono
la superiorità alla presunta somiglianza dell’uomo al suo ipotetico creatore,
ecco che l’umanismo si risolve nell’esatto contrario dell’umanesimo che abbiamo discusso sopra. In questa precisa prospettiva, non esito a dire che il
trans-umanista è anche anti-umanista, trovano così notevoli punti di contatto
con il postumanesimo europeo, sebbene quest’ultimo movimento tragga linfa
da diverse radici culturali (Sorgner 2010).
Se, infine, per umanesimo intendiamo un sentimento di fratellanza “terrestre”, l’idea del superamento delle nazioni, il sentirsi uniti in un destino comune, il sentirsi uniti dalla medesima condizione esistenziale, il discorso si fa leggermente più complesso. Nelle proprie dichiarazioni d’intenti, i transumanisti
vorrebbero che il passo verso la postumanità fosse compiuto dall’umanità intera, o addirittura da altri vertebrati opportunamente potenziati, da ibridi meccanico-biologici e da computer superintelligenti. Vorrebbero, insomma, che
l’autoevoluzione cosciente fosse destino comune dell’essere senziente, della
vita intelligente, non necessariamente umana. C’è però anche il timore che
questo auspicio resti confinato al regno delle buone intenzioni. Anche se riuscissimo, con uno sforzo colossale, a permettere l’evoluzione di tutti coloro
che la vogliono (questo è il programma massimo transumanista), resterebbero
sul campo milioni o miliardi di esseri umani che, legittimamente, decideranno
di restare tali. Queste scelte, queste decisioni, metteranno fine al destino comune delle specie senzienti sulla terra. La scelta di avviarsi verso diversi destini genererà probabilmente due grandi sentimenti di appartenenza, o sentimenti identitari, uno propriamente umanista e l’altro postumanista. Sarà anche
interessante vedere se la divaricazione di destini avverrà a livello di individui,
gruppi sociali o interi popoli, se vi saranno lotte o pacifica convivenza, se vi
saranno divisioni territoriali o società inter-specie, e non solo inter-etniche.
Tutto questo è impossibile da prevedere. Ma per un futurista, il rischio, l’incertezza, l’avventura, l’ignoto, il cambiamento non sono certo un problema.
Sono piuttosto il senso stesso dell’esistenza!
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Una domanda che viene spesso posta ai transumanisti riguarda la loro collocazione nell’arena politica. Con uno slogan ben riuscito, Fereidoun Esfandiary, aka FM-2030, ha risposto che non sono né right-winger, né left-winger,
sono up-winger (1975, 1989). Ovvero, né a destra, né a sinistra, ma in alto,
molto in alto. Del resto, gli stessi futuristi volevano dare la scalata al cielo. Lo
stesso problema di incerta collocazione politica che si poneva con i futuristi
del XX secolo, si pone dunque oggi con i transumanisti del XXI secolo. Marinetti era amico di Mussolini, ma allo stesso tempo era stimato come autentico rivoluzionario da Gramsci, Lenin e Trotsky (Campa 2014, 2016).
Chi guarda al futuro è spesso fuori dagli schemi della politica tradizionale. Ogni transumanista ha una provenienza culturale e un legame con una certa area politica, ma è inutile chiedersi se nel complesso il movimento sia socialista o liberale, sovranista o globalista, e via dicendo, perché – come si legge anche nel Manifesto dei transumanisti italiani (Campa 2009) – i veri confini della politica corrono ormai su altri sentieri: i sentieri della tecnica. Le forze politiche tradizionali cercano freudianamente di rimuovere il problema, affinché non venga turbata la loro discutibile gestione della cosa pubblica, unica questione che sembra davvero preoccupare i gruppi di potere. Per “gestire
l’esistente” in modo proficuo, potendosi alleare con chiunque alla bisogna, è
necessario essere il meno ideologizzati possibile. Il che sembra una bella cosa, ma in realtà significa rinunciare completamente ad avere idee e progetti.
Il tutto si risolve così nella melassa di buona parte della politica attuale,
che tende a perpetuare un certo immobilismo amministrativo, a fronte di straordinarie conquiste della scienza e della tecnica. Per un movimento come
quello transumanista, che ha idee piuttosto chiare sulla strada da intraprendere, non ha dunque molto senso chiedersi: con chi ci schieriamo? C’è però la
consapevolezza del fatto che, prima o poi, i nodi verranno al pettine. La politica tradizionale ha esitato (e ancora esita) a prendere decisioni sugli organismi geneticamente modificati, sulla fecondazione artificiale, sulle cellule staminali, sulle centrali nucleari, sulle fonti alternative, sulla banda larga, sulla
telefonia privata, sulle televisioni via cavo, sui finanziamenti alla ricerca
scientifica, ecc. Anni preziosi sono andati persi, per non scontentare un gruppo di potere, una corrente interna, un’organizzazione criminale, o un gruppo
di facinorosi.
Arriverà però il momento in cui quotidianamente si dovranno prendere decisioni politiche relative alle nuove tecnologie, sul come produrle e come usarle, e allora i partiti senza idee, basati su slogan ormai privi di significato, interessati al potere per il potere, imploderanno. E libereranno le energie che tengono represse. Finalmente, i passatisti di ogni colore andranno da una parte, a
tirare il freno, mentre i futuristi di ogni colore andranno dall’altra, a spingere
sull’acceleratore. Il fronte epimeteico cercherà di affidare il potere direttamente o indirettamente alla tradizione e alla natura, mentre il fronte prometeico,
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parafrasando una vecchia parola d’ordine rivoluzionaria, griderà a gran voce:
«Tutto il potere ai Cyborg!».
Bibliografia
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24
Sommario
Collaudo: Per un (Post) Umanesimo Scientifico
R. GUERRA E P. BRUNI
7
Are You ready for the Future of Transhumanism?
ZOLTAN ISTVAN
9
Pirandello? Niente relativismo
13
PIERFRANCO BRUNI
Il Telecomando: ieri, oggi e domani
17
IVAN BRUNO
Tutto il Potere ai Cyborg!
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RICCARDO CAMPA
Nel nome delle macchine
25
PIERLUIGI CASALINO
Transfuturismo della Vita Arte Quotidiana: nel bianco
27
VITALDO CONTE
Umani contro umanoidi: la Guerra della Libertà
34
DAVIDE FOSCHI
Hawking, il viaggiatore del tempo
36
MAURIZIO GANZAROLI
La Macchina del tempo
ANGELO GIUBILEO
41
Psicocosmologia della Vita Quotidiana
44
DAVIDE GRANDI
Io Robytron
46
ROBERTO GUERRA
Il Transumanesimo dell’Amicizia nel Dialogo
“Il Manso” di Torquato Tasso
49
CRISTIANO ROCCHIO
Prove del Nuovo Mondo
52
BRUNO VIGILIO TURRA
La realtà “trans-umana”
55
FABRIZIO ULIVIERI
David Bowie, il Duca Bianco: la fragilità tra gli incubi
e i suoi delfini (Pop Transhumanism)
57
CARLO ZANNETTI
Appendice - Interviste
di ROBY GUERRA A PIERFRANCO BRUNI, GIULIO PRISCO,
ZOLTAN ISTVAN, ILIA STAMBLER
60
Biografie minime
70