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Le religioni nellepoca globale secondo Jose Casanova

José Casanova, sociologo della religione alla Georgetown University, si è fatto conoscere in Italia soprattutto grazie alla traduzione nel 2000 della sua opera del 1994, intitolata "Public Religions in the Modern World". 1 In essa Casanova analizzava il fenomeno del ritorno delle religioni sulla scena pubblica e della loro conseguente "deprivatizzazione" 2 , avvalendosi di alcuni strumenti concettuali, che si ritrovano negli scritti seguenti. Innanzitutto un concetto articolato di "secolarizzazione" comprendente tre distinti significati. Il primo è la differenziazione funzionale delle sfere secolari (in particolare la sfera politica, la sfera economica, la sfera scientifica), che si emancipano da quella religiosa, ponendo fine all'intreccio tipico della società premoderna. Il secondo indica il declino delle credenze religiose, attribuito dai teorici classici della secolarizzazione all'avvento della modernità 3 . Il terzo è legato alla perdita del ruolo pubblico delle religioni e alla privatizzazione della religione stessa. Per comprendere la modernizzazione Casanova considerava strutturalmente corretto il primo, ideologico il secondo in quanto eredità di una certa tradizione illuminista e storicamente contingente il terzo perché applicabile solo al contesto europeo. In secondo luogo Casanova proponeva una chiarificazione del concetto di "deprivatizzazione" distinguendo l'uso polemico del termine (in reazione alla tesi della privatizzazione), l'uso più scientifico come analisi di una realtà di fatto e l'uso strategico per costruire un dialogo con la società civile su basi rinnovate. Sulla scia del terzo significato di deprivatizzazione, Casanova proponeva anche una griglia di lettura dei possibili rapporti tra religione pubblica e società. Una religione può essere pubblica a livello istituzionale (per es. la Chiesa di Stato come in Inghilterra), a livello di società politica (per esempio la creazione di partiti cristiani nelle democrazie europee, in competizione con altri partiti, accettando le regole del confronto democratico) e a livello di società civile, accettando le regole del confronto pubblico e abbandonando la ricerca di una rappresentanza politica diretta. Casanova provava anche ad elencare l'agenda di una religione deprivatizzata a livello di società civile: la difesa del mondo vitale umano dalle ingerenze dello Stato e del mercato, la discussione critica dei principi morali che muovono lo Stato e il mercato e la difesa del bene comune dalla pressione degli interessi di parte e dell'individualismo in genere. Il tutto era corredato dall'analisi di cinque case studies: la Spagna (dalla chiesa di stato alla separazione stato-chiesa), la Polonia (dalla chiesa della nazione alla società civile), il Brasile (dalla chiesa oligarchica alla chiesa di popolo), il protestantesimo evangelico negli Stati Uniti (dalle religione civile alle sette della nuova destra cristiana) e il cattolicesimo negli Stati Uniti (da denominazione privata a denominazione pubblica).

Le religioni nell’epoca globale secondo José Casanova. Secolarizzazione, ruolo pubblico delle religioni e pluralismo religioso. Dino Barberis 1. CENNI AL CASANOVA DI “OLTRE LA SECOLARIZZAZIONE” José Casanova, sociologo della religione alla Georgetown University, si è fatto conoscere in Italia soprattutto grazie alla traduzione nel 2000 della sua opera del 1994, intitolata “Public Religions in the Modern World”. Il titolo italiano è “Oltre la secolarizzazione. Le religioni alla riconquista della sfera pubblica”, Il Mulino, Bologna 2000 In essa Casanova analizzava il fenomeno del ritorno delle religioni sulla scena pubblica e della loro conseguente “deprivatizzazione” Il concetto di deprivatizzazione sarebbe il fenomeno inverso alla privatizzazione delle religioni, effetto della secolarizzazione secondo l’analisi in particolare di Thomas Luckmann (La religione invisibile, 1963)., avvalendosi di alcuni strumenti concettuali, che si ritrovano negli scritti seguenti. Innanzitutto un concetto articolato di “secolarizzazione” comprendente tre distinti significati. Il primo è la differenziazione funzionale delle sfere secolari (in particolare la sfera politica, la sfera economica, la sfera scientifica), che si emancipano da quella religiosa, ponendo fine all’intreccio tipico della società premoderna. Il secondo indica il declino delle credenze religiose, attribuito dai teorici classici della secolarizzazione all’avvento della modernità Alcuni, come Bryan Wilson, avevano decretato addirittura la fine della religione.. Il terzo è legato alla perdita del ruolo pubblico delle religioni e alla privatizzazione della religione stessa. Per comprendere la modernizzazione Casanova considerava strutturalmente corretto il primo, ideologico il secondo in quanto eredità di una certa tradizione illuminista e storicamente contingente il terzo perché applicabile solo al contesto europeo. In secondo luogo Casanova proponeva una chiarificazione del concetto di “deprivatizzazione” distinguendo l’uso polemico del termine (in reazione alla tesi della privatizzazione), l’uso più scientifico come analisi di una realtà di fatto e l’uso strategico per costruire un dialogo con la società civile su basi rinnovate. Sulla scia del terzo significato di deprivatizzazione, Casanova proponeva anche una griglia di lettura dei possibili rapporti tra religione pubblica e società. Una religione può essere pubblica a livello istituzionale (per es. la Chiesa di Stato come in Inghilterra), a livello di società politica (per esempio la creazione di partiti cristiani nelle democrazie europee, in competizione con altri partiti, accettando le regole del confronto democratico) e a livello di società civile, accettando le regole del confronto pubblico e abbandonando la ricerca di una rappresentanza politica diretta. Casanova provava anche ad elencare l’agenda di una religione deprivatizzata a livello di società civile: la difesa del mondo vitale umano dalle ingerenze dello Stato e del mercato, la discussione critica dei principi morali che muovono lo Stato e il mercato e la difesa del bene comune dalla pressione degli interessi di parte e dell’individualismo in genere. Il tutto era corredato dall’analisi di cinque case studies: la Spagna (dalla chiesa di stato alla separazione stato-chiesa), la Polonia (dalla chiesa della nazione alla società civile), il Brasile (dalla chiesa oligarchica alla chiesa di popolo), il protestantesimo evangelico negli Stati Uniti (dalle religione civile alle sette della nuova destra cristiana) e il cattolicesimo negli Stati Uniti (da denominazione privata a denominazione pubblica). 2. DOPO “OLTRE LA SECOLARIZZAZIONE” Volendo comprendere in che modo l’ analisi della religione del mondo contemporaneo in Casanova, di per sé già molto articolata, si è sviluppata dopo Public Religions, facciamo innanzitutto riferimento a due articoli nei quali egli affronta proprio questa questione. Il primo è una sorta di rilettura autobiografica del proprio percorso intellettuale. Il secondo invece è una vera e propria revisione e aggiornamento di Public Religions. L’articolo autobiografico, intitolato From Modernization to Secularization to Globalization J. Casanova, From Modernization to Secularization to Globalization. An autobiographical Self-Reflection in Religion and Society: Advances in Research 1/ 2012, pp. 25- 36. ordina in tre tappe cronologiche gli interessi dell’autore, evidenziando che l’ analisi sulla secolarizzazione costituisce solo la tappa intermedia. La prima tappa, corrispondentente ai suoi primi anni di sociologo, è quella degli studi sulla modernizzazione, con particolare riferimento al caso spagnolo, dove la modernizzazione sarebbe avvenuta all’interno della struttura autoritaria franchista. Un caso emblematico di “affinità elettive” weberiane reso possibile dall’accento posto sull’etica professionale dall’ influente Opus Dei. Per affermazione di Casanova stesso, in quella fase l’interesse per la sociologia della religione era scarso: condividendo i capisaldi della teoria classica della secolarizzazione e l’analisi della religione invisibile di Thomas Luckmann, Nell’opera La religione invisibile Thomas Luckmann teorizzava non tanto la scomparsa della religione quanto la sua trasformazione a seguito delle spinte modernizzatrici. egli non sentiva il bisogno di mettere a tema il ruolo della religione nel società. Public Religions è considerato da lui l’apice della seconda fase del suo percorso intellettuale, quello in cui l’interesse si sposta sulla secolarizzazione, in seguito alla presa di coscienza del ruolo che le religioni stavano assumendo sempre più sulla scena pubblica. Il primo scritto in tal senso è The Politics of the Religious Revival J. Casanova, The Politics of the Religious Revival in Telos, spring/1984, pp 3-17. del 1984. Ma ci sono anche quattro eventi emblematici che lo spingono ad approfondire la questione: la rivoluzione islamica in Iran, l’elezione al soglio pontificio di Giovanni Paolo II e i suoi legami con il sindacato polacco Solidarnosc, i rapporti tra Chiesa Cattolica e rivoluzione sandinista in Nicaragua e l’emergere negli Stati Uniti della cosiddetta Moral Majority a sostegno della presidenza Reagan. L’interesse per la secolarizzazione si apre nella terza fase alle dinamiche della globalizzazione e agli effetti sulle religioni. Per la prima volta le strutture della globalizzazione permettono alle religioni di diventare globali; per la prima volta emerge in modo complessivo il problema del confronto tra religioni a volte così diverse tra loro e addirittura il dibattito su cosa sia religione e cosa non lo sia; per la prima volta in seguito alla trasformazione radicale del senso dello spazio, passano in secondo piano le strutture legate al tempo, come i concetti di “evoluzione” e di “sviluppo”. Soprattutto Casanova è spinto a relativizzare la sua analisi elaborata in Public Religions, considerata ora eccessivamente legate alle vicende dell’Occidente. Nello scritto Public Religions revisited J. Casanova Public Religions Revisited in Hent de Vries, Religion: Beyond the Concept, Fordham 2008, pp. 101-119., Casanova affronta direttamente il valore e i limiti della sua opera precedente. Egli conferma la tesi della deprivatizzazione e non solo perché c’è stato intanto l’11 settembre: il dibattito in Europa per l’ammissione o meno della Turchia nell’Unione viene da lui considerato più significativo. Tuttavia quella analisi era limitata in tre direzioni: era eccessivamente centrata sull’Occidente, considerava la deprivatizzazione solo come la ricerca da parte delle religioni di una posizione riconosciuta all’interno della società civile e dava ancora eccessivo peso alla dimensione nazionale, non potendo conoscere ancora gli effetti della globalizzazione. Nei paragrafi successivi possiamo approfondire ciascuno di questi tre aspetti, prendendo spunto anche da altri articoli pubblicati dopo il 2000. 3. RELIGIONI, SECOLARIZZAZIONE E MODERNITA’ MULTIPLE La domanda di fondo è ben nota: la secolarizzazione è inevitabilmente connessa con la modernizzazione oppure è propria solo della storia dell’Occidente? Sono possibili altre strade di modernizzazione? A ben vedere si tratta della variante più radicale di un altro precedente dibattito: la secolarizzazione intesa come declino- rifiuto della religione è inevitabilmente connessa alla modernizzazione oppure è propria solo dell’Europa? Grace Davies e Peter Berger hanno ampiamente sostenuto la tesi che le cose negli Stati Uniti siano andate in modo del tutto diverso: lì la religione è entrata a pieno titolo tra le forze promotrici della modernizzazione. P. Berger – G. Davies – E. Fokas America religiosa, Europa laica?, Il Mulino, Bologna 2010. Ora Casanova amplia le prospettive e lo fa proprio a partire dal concetto articolato di “secolarizzazione” esposto in Public Religions: non si tratta solo di confermare che il connubio tra modernizzazione e secolarizzazione intesa come declino della credenza religiosa sia tendenzialmente ideologico, ma di verificare se anche il connubio di modernizzazione e secolarizzazione intesa come differenziazione funzionale delle sfere pubbliche sia effettivamente universalizzabile. Lo spunto gli è offerto dal commento che l’antropologo Talal Asad fa alle sue tesi di Public Religions. Secondo Asad Talal Asad, Formation of the Secular: Christianity, Islam, Modernity, Stanford University Press, Stanford California 2003. si è assistito ad una inversione di tendenza: mentre in precedenza la dimensione secolare era fissata e delimitata a partire dalla dimensione religiosa, con la modernità è la dimensione secolare e stabilire i confini e gli spazi di quella religiosa. Casanova condivide con Asad l’idea che la sfera secolare non si possa esclusivamente definire a partire da ciò che non è più religioso, quasi come in un gioco a somma zero. Il fatto che in passato potesse essere il contrario dimostra proprio che le due sfere sono più intrecciate di quel che appare. Tuttavia Asad ha fatto scattare il campanello d’allarme: forse questo genere di analisi scaturisce effettivamente della storia e dal contesto europeo, mentre altrove potrebbe non essere altrettanto cruciale. Anzi in certi contesti, come nel Confucianesimo e nel Taoismo, il problema non sussiste, dal momento che non esistono organizzazioni ecclesiastiche così strutturare come in Occidente. J. Casanova, Secularization Revisiter: A Reply to Talal Asad in Powers of the Secular Modern. Talal Asad and His Interlocutors, Stanford University Press, Stanford California 2006, pp. 12-30. Non è solo un problema organizzativo. Casanova si rifà alla teoria dell’età assiale di Robert Bellah per evidenziare che ciò che manca in quei contesti è proprio la maturazione di una distinzione tra immanente e trascendente, caratteristica della rivoluzione assiale stessa. Conviene pertanto aprire una parentesi per recuperare l’analisi che Casanova fa di quella teoria J. Casanova, Religion, the Axial Age and Secular Modernity in Bellah’s Theory of Religious Evolution, in R. Bellah / H. Joas Tha Axial Age and its Consequences, Harvard University Press 2012, pp. 191-221 ed entrare così nel merito delle diverse forme di modernità possibili e dei conseguenti diversi assetti della religione rispetto ad essa. Robert Bellah Robert Neelly Bellah, Religious evolution in American Sociological Review, vol 29, n. 3 pp 358-374,aveva individuato cinque stadi di sviluppo della religione dei quali l’età assiale occuperebbe il terzo, il cosiddetto “stadio storico”. In esso emergebbe una cultura teoretica, che ridefinisce il rapporto tra uomo e mondo degli stadi precedenti, lasciandosi alle spalle la visione magica del mondo. Si maturerebbe in questa epoca la polarità mondanità-trascendenza, a partire dalla quale negli ultimi due stadi di sviluppo prenderà consistenza la polarità religioso- secolare. Casanova mette in evidenza l’eccessiva rigidità e unilateralità di questo schema evolutivo, che non tiene conto della pluralità dei contesti. Il dualismo trascendenza-mondanità può valere per alcune religioni (tradizione giudaico-cristiana, buddista), ma molto meno per la religione dell’antica Grecia e per la religione cinese. Inoltre la trascendenza non è necessariamente religiosa, come anche il riferimento al mondo non indica necessariamente “mondanità”. Quel che si genera nell’età assiale sarebbe piuttosto una complessiva ridefinizione dei confini tra sacro e profano (categorie proprie dei primi due stadi di sviluppo della religione) attraverso processi di sacralizzazione e di desacralizzazione della realtà. Per esempio nell’antico Israele la sacralizzazione dell’unico Dio si associa alla desacralizzazione del cosmo e delle creature, nell’antica Grecia la desacralizzazione della sfera divina arcaica e la nascita del pensiero filosofico non si associano a processi particolari di risacralizzazione. Nel buddismo la desacralizzazione del sistema vedico tradizionale si associa alla sacralizzazione della sfera umana, mentre la religione cinese sembra non essere toccata da questi processi. Un ulteriore punto debole è l’idea che l’età assiale sarebbe una sorta di trampolino di lancio per le epoche successive. In realtà secondo Casanova, il post assiale scaturirebbe da una crisi dell’età assiale stessa: il giudaismo rabbinico emerge dalla crisi del culto dell’antico Israele, l’epoca ellenistica riapre la strada alla sacralizzazione di ciò che la Grecia nell’età assiale aveva desacralizzato, il confucianesimo non riesce a imporre la sua visione etica e si ritrova nelle vesti di culto imperiale (risacralizzato) nella dinastia Han. Inoltre l’avvento dell’Islam presupporrebbe un prolungamento di alcuni secoli dell’età assiale stessa (che normalmente si considerava conclusa nel II-II sec. a. C.). Più che un succedersi di epoche siamo alla presenza di una coesistenza di elementi preassiali, assiali e postassiali, riconosciuta, secondo Casanova, anche dal Bellah degli ultimi scritti In particolare in Religion in Human Evolution: From the Paleolithic to the Axial Age, Harvard University Press 2011. Ma con quali categorie concettuali Casanova propone di leggere in modo più ampio i rapporti tra religione e società? Attraverso il concetto di “modernità multiple”, mutuato da S. Eisenstadt S. N. Eisenstadt Multiple Modernities, New Brunswick, NJ: Transaction Publisehers, 2002., che romperebbe due luoghi comuni speculari: quello che vede la modernità come rottura con la tradizione e quello che vede la modernità come continuità con la tradizione. Il concetto di “modernità multipla” emerge, secondo Casanova J. Casanova, Cosmopolitanism, the Clash of Civilization and Multiple Modernities in Current Sociology, 59/2011, pp 252-267., come terza via tra altri due modelli di analisi: il cosmopolitismo e lo scontro di civiltà. Il primo immagina una progressiva unificazione dei sistemi economici, politici e culturali verso una civiltà industriale mondiale. Casanova cita tra i fautori più recenti gli autori della cosiddetta “democrazia cosmopolita” (David Held, Daniele Archibugi, Mary Kaldor, Richard Falk), sia quelli della “fine della storia” come Francis Fukuyama, sia teorici della società mondiale come Luhmann. La religione tenderebbe a diventare invisibile e a privatizzarsi. Questo modello risente però eccessivamente degli influssi e dell’ideologia dell’Illuminismo europeo, senza tener conto dei rigurgiti fondamentalisti recenti. Infine vale per il cosmopolitismo, la stessa critica di unilateralità, fatta alla teoria dello sviluppo delle religioni di Bellah. Il modello dello scontro di civiltà è stato divulgato anche in Italia, grazie alla traduzione dell’opera di Samuel Huntington (1996), Lo scontro di civiltà In italiano è edito da Garzanti nel 2000, il testo originale è del 1996.. Egli ha evidenziato come l’incontro di realtà culturali diverse porta necessariamente ad uno scontro, perché le acquisizioni che la società occidentale considera universali e irrinunciabili (per es. i diritti umani) non sono così facilmente esportabili. La teoria di Huntington è stata oggetto di numerose critiche, soprattutto per la sua visione eccessivamente “essenzialista” delle culture e delle religioni, considerate quasi immodificabili. Casanova concorda con la critica, ma considera più importante sottolineare che la tesi di Huntigton, concependo le civiltà su base ancora territoriale e geografica, non tiene conto degli effetti della globalizzazione, operati dai nuovi media. Inoltre egli costruirebbe una situazione di “profezia che si autoadempie”: la tendenza egemonica dell’Occidente in realtà genererebbe proprio quello scontro di civiltà, che la teoria di Huntington attribuisce invece a un effetto naturale dello sviluppo della storia. S. Eisenstadt propone invece un terzo modello che prende spunto da entrambi. Dal cosmopolitismo coglie l’idea di elementi comuni che attraversano tutte le tradizioni nella modernità, senza condividere l’immagine di una convergenza necessaria verso una prospettiva globale. I tratti comuni della modernità sarebbero: il principio di sovranità del popolo, il concetto di “altro” per mediare tra tradizione e identità moderna, una visione più pragmatica del futuro visto come costruzione dal basso, il valore del lavoro e la necessità di un’etica che lo animi, l’istituzionalizzazione dei diritti umani. Dal modello dello scontro di civiltà Eisenstadt coglie l’istanza che modernizzazione non sia “occidentalizzazione”, aprendo la possibilità a cammini alternativi. Ma di Huntigton non accetta l’idea che i cammini delle diverse culture siano paralleli e non si incontrino se non scontrandosi. In positivo nel modello delle modernità multiple ogni tradizione viene trasformata dal confronto/contrasto con le altre: le tradizioni permangono (contro il cosmopolitismo) ma contemporaneamente si trasformano nella misura in cui non si richiudono in se stesse e accettano le sfide della modernità (contro il modello dello scontro di civiltà). Un esempio di questa dinamica, secondo Casanova, verrebbe proprio dalle religioni: il modo con cui il cattolicesimo ha dapprima osteggiato, poi accettato il concetto di “diritti umani universali” non è stato semplicemente una condiscendenza verso la modernità, bensì una rielaborazione della nozione stessa di “diritti umani”, fatta attraverso una sua fondazione su base religiosa. In tal modo la tradizione cattolica è rimasta tale nella sua ispirazione originaria, ma ha saputo rispondere (seppur non sempre in modo così puntuale e pacifico) a una delle sfide fondamentali della modernità. Un corollario del dibattito sul carattere occidentocentrico della teoria della secolarizzazione è il commento che Casanova ha fatto dell’opera di Charles Taylor L’età secolare. C. Taylor, The Secular Age, Harvard University Press 2007, trad. it. L’età secolare, Feltrinelli 2009. Il contributo di Casanova si intititola A Secular Age: Dawn or Twilight? e si trova in Varieties of Secularism in a Secular Age, ed. Michael Warner, Craig Calhoun, and Jonathan VanAntwerpen, 2010, pp. 265-281. Un confronto quasi obbligato a fronte della monumentalità dell’opera e della ricerca che le sta alle spalle. Casanova intepreta l’opera di Taylor non come la riproposizione di una teoria sociologica della secolarizzazione, bensì come analisi fenomenologica delle condizioni “secolari” della fede. Analisi che però ha presupposti e risvolti sociologici ben precisi, in particolare l’idea che non esista una conflitto insanabile tra tradizione e modernità. Ciò che si viene a scontrare nel dibattito sulla secolarizzazione sarebbero letture diverse del passaggio alla modernità. La prima è una lettura illuminista, basata su quella che Taylor chiama “teoria della sottrazione”: erosione progressiva della sfera cristiana in nome di un umanesimo esclusivo. La seconda è la lettura antilluminista, in genere di matrice cattolica, che parla di un crollo dell’età normativa e che scinde il legame tra Riforma protestante e modernità (considerando le istanze della Riforma protestante non tanto come il venir meno del Medioevo, quanto come il completamento della rivoluzione dell’età assiale). La terza è la lettura positiva della modernità operata dalla Riforma, che interpreta la modernità come secolarizzazione interna al cristianesimo. La quarta è tipica di quelle letture antimoderne di stampo nietzschiano, che vedono la modernità come frutto del Cristianesimo e propugnano un rifiuto dell’illuminismo in nome del primato della vita e della forza vitale. Il punto centrale dell’analisi che Casanova fa dell’opera di Taylor è la domanda con la quale è intitolato il contributo: Charles Taylor è il filosofo del trionfo di questo “umanesimo esclusivo” oppure è il profeta di un’età postsecolare? La sua esplicita volontà è di destabilizzare la “cornice immanente” che plasma quasi completamente l’analisi sociologica del presente. Però riesce nel suo intento? L’età secolare è al tramonto per il riemergere delle religioni oppure è appena all’alba per il fatto che queste istanze religiose assumono altre forme e fanno propri i principi della modernità? Un’altra osservazione è ciò che lui chiama il “noi” di questa evoluzione: l’Occidente o, più complessivamente il mondo? Le dinamiche di riscrittura dei confini tra sacro e profano, tra immanenza e trascendenza e tra religioso e secolare, che distinguerebbero rispettivamente le età preassiale, assiale e postassiale non sono rigidamente poste in ordine cronologico ma si incrociano tra loro: il sacro preassiale è immanente (perché non si è ancora maturata la distinzione tra mondanità e trascendenza), la trascendenza assiale non è necessariamente religiosa e molta della realtà secolare risulta essere risacralizzata nell’età postassiale. La storia del colonialismo ha invece fatto sì che la tesi di una secolarizzazione “postassiale” irreversibile venisse esportata in tutto il mondo, generando un effetto “alone” per cui tutta la modernità sarebbe stata letta secondo questa prospettiva, impedendo di cogliere le originalità dei diversi contesti. Con la globalizzazione è ora possibile salvaguardare le diversità dei contesti e mettere in evidenza le diverse opzioni di modernizzazione. Nonostante questo limite, l’analisi di Taylor contiene elementi che potrebbero tener conto di una prospettiva più globale. Quando si parla dell’ “effetto nova” esploso nella modernità e della possibilità di mille ricomposizioni individuali e sociali Con “effetto nova” C. Taylor intende il moltiplicarsi di opzioni religiose e non, a disposizione dell’individuo nella modernità postilluminista., Taylor apre di fatto la strada a un’analisi più attenta alla realtà, resa molteplice anche dall’effetto delle migrazioni. E’ certo prematuro parlare di un’Europa postsecolare, tuttavia le premesse sono poste. Dunque bisognerà aspettare il maturare di queste tendenze per ora in germe, per capire se Taylor sia stato il filosofo del trionfo dell’umanesimo esclusivo oppure il profeta di una nuova epoca. 4. RELIGIONI E STATO: LE TOLLERANZE GEMELLE La seconda pista che Casanova segue per ampliare e aggiornare le tesi di Public Religions è l’analisi del rapporto tra sfera pubblica delle religioni e società civile. In Public Religions la chiave interpretativa era il passaggio da una dimensione pubblica centrata sull’istituzione (“chiesa di Stato”) a quella centrata sull’attività politica diretta (“partito cristiano”) e èpiù recentemente a quella che si pone a livello di dibattito pubblico nella società civile, accettandone le regole. Anche questa analisi sarebbe però eccessivamente legata alla storia dell’Occidente, in particolare alle vicende del mondo cattolico. Qui infatti l’ aggiornamento In italiano, nel testo. operato dal Concilio Vaticano II, soprattutto con Dignitatis Humanae e Gaudium et Spes, è stato l’ultimo atto di questo scivolamento progressivo sulla società civile. La categoria sociologica che Casanova propone per ampliare ulteriormente la prospettiva è quella di “tollerenze gemelle” “Twin tolerations” nell’originale., mutuata da Alfred Stepan A. Stepan, Religions, Democracy and the Twin Tolerations, in Journal of Democracy 11.4 (2000), pp 37-57, che la definisce l’insieme dei “legami minimi di libertà d’azione che devono essere intessuti dalle istituzioni politiche nei confronti degli individui e gruppi religiosi e di questi nei confronti delle istituzioni politiche”. Secondo questo modello le autorità religiose devono “tollerare” l’autonomia di governi democraticamente eletti senza reclamare per sé privilegi e prerogative e senza imporre veti, mentre le istituzioni politiche democratiche devono “tollerare” l’autonomia di individui e gruppi religiosi non solo nell’esercizio privato della loro fede, ma anche nella possibilità di proporre pubblicamente i loro valori e di organizzarsi in soggetto pubblico della società civile. Dunque qualcosa di più per le religioni di una semplice “discesa nell’agone pubblico”: anche le democrazie devono riconoscere il ruolo pubblico che esse possono esercitare. Nessuna teoria sulla democrazia, nota Casanova, considera la separazione della religione dalla società politica o dallo stato come condizione per l’avvento e lo sviluppo della democrazia stessa. Anzi, esistono stati autoritari che hanno operato questa distinzione (Turchia, Unione Sovietica) ed esistono democrazie in cui questa distinzione non è avvenuta in modo radicale(Inghilterra, Scandinavia, dove continuano ad esistere “chiese di stato”). In fondo le regole per prevenire la tirannia di una maggioranza religiosa sono identiche a quelle per la protezione da qualsiasi tirannia della maggioranza e viceversa le regole per la protezione delle minoranze religiose sono le stesse di quelle che proteggono qualunque minoranza. Ma cosa succede quando irrompono sulla scena religioni come l’Islam che sembrano minacciare le conquiste del rispetto dei diritti umani fondamentali? Casanova ha prestato molta attenzione al dibattito europeo per l’ammissione della Turchia nell’Unione: egli lo considera un segno del riemergere del ruolo pubblico della religione ancor più del fondamentalismo islamico dopo l’11 settembre. L’Europa si è trovata impreparata a gestire questa richiesta, a differenza della velocità con cui si era concluso l’allargamento ai paesi dell’est (ovviamente in questo caso condividevano la medesima religione e la medesima storia). Eppure non c’erano stati problemi nell’ammettere la Turchia nella Nato e pareva avviata perfino una riconciliazione con la Grecia prima che il precipitare della situazione di Cipro rimettesse in discussione tutto. Nel dibattito sull’ammissione della Turchia in Europa la questione religiosa era solo in apparenza il problema: la stessa Europa si era precedentemente divisa sul riconoscere nel progetto di costituzione le “radici cristiane”. Casanova considera questa situazione simile a quella dei cattolici irlandesi emigrati negli Stati Uniti nel XIX sec. considerati estranei all’identità statunitense J. Casanova The politics of nativism: Islam in Europe, Catholicism in the United States, in Philosophy and Social Criticism, 2012, pp. 1-11.. In situazioni del genere prendono forma le organizzazioni “nativiste”, che in nome dell’identità nazionale considerano “alieni” altri gruppi (generalmente minoranze). Prima dell’immigrazione irlandese, infatti, non sembrava che il Cattolicesimo negli Stati Uniti facesse problema. Anzi già Alexis de Tocqueville Nella sua opera La democrazia in America, pubblicato a due riprese nel 1835 e nel 1840. aveva notato che, pur persistendo la difficoltà di conciliare fedeltà a Roma e fedeltà alla nazione americana, i cattolici avevano saputo essere contemporaneamente i credenti più sottomessi e i cittadini più indipendenti. Ma a seguito della massiccia immigrazione irlandese si genera una fusione culturale tra nazionalismo americano e protestantesimo evangelico, con la conseguente nascita di organizzazioni dichiaratamente anticattoliche. La stessa cosa starebbe avvenendo adesso in Europa nei confronti dell’Islam, dipinto come fondamentalista, antidemocratico e antimoderno. Anche qui la polemica antiimmigratoria si sposa con quella religiosa: prova ne sia che non fanno così problema né la religione degli indiani emigrati in Inghilterra, né degli etiopi in Italia. A differenza della polemica anticattolica e antirlandese qui però le cose hanno avuto uno sviluppo diverso: il pregiudizio anticattolico preesisteva all’immigrazione irlandese, mentre il pregiudizio antislamico si è sviluppato dopo l’immigrazione. E’ proprio rispetto all’Islam che i nodi del modello di privatizzazione della religione, perseguita dalle democrazie liberali dell’Occidente vengono al pettine. Si chiede che l’Islam accetti le norme liberali e secolari europee, come se si chiedesse di passare dalla barbarie alla modernità. Le tensioni sono salite nel momento in cui gli islamici hanno iniziato ad organizzarsi e a portare avanti le loro richieste. L’11 settembre, secondo Casanova, ha solo confuso le acque, in quanto a queste tensioni si è aggiunta la questione della sicurezza e si è creato il corto circuito tra religione islamica, terrorismo e immigrazione. L’idea di “tolleranze gemelle” potrebbe fare chiarezza e forse proprio la gestione dei rapporti con l’Islam potrebbe essere il banco di prova per la gestione di qualunque altra religione che tenda ad assumere una rilevanza pubblica. Infine un accenno alla “clausola duale” del Primo Emendamento della costituzione statunitense alla quale Casanova fa spesso riferimento Esso recita così: “ Il Congresso non promulgherà leggi per il riconoscimento ufficiale di una religione, o che ne proibiscano la libera professione, o che limitino la libertà di parola, o di stampa; o il diritto delle persone di riunirsi pacificamente in assemblea, e di fare petizioni al governo per la riparazione dei torti”.. Essa fa da sfondo alle “tolleranze gemelle”, poiché protegge le religioni dalla possibile invadenza dello Stato sia nell’ufficializzare una religione a scapito delle altre, sia nel limitare il loro esercizio pubblico. La differenza con il contesto europeo, in cui sembra sia lo stato a doversi difendere dall’invadenza delle religioni, è profonda. In realtà quella che Casanova chiama “narrazione europea” dei rapporti stato-religione non solo va contestualizzata, ma in certi casi demitizzata: per esempio il trattato di Westfalia con cui si pone fine alla guerra dei Trent’anni e alle guerre di religione in Europa non dà inizio alla secolarizzazione moderna, come spesso si dice, bensì alla nascita di vere e proprie chiese nazionali J. Casanova Public Religions Revisited, op. cit.. Anche l’interpretazione dell’avvento della modernità come passaggio dalla comunità alla società È lo schema classico di Gemeinschaft-Gesellschaft, utilizzato dalla sociologia classica di Tonnies e Durkheim e seguito anche dal “primo Casanova” secondo la sua rilettura autobiografica citata sopra. non si adatta alla realtà statunitense: elementi di “comunità”, come la tendenza all’associazionismo e all’adesione volontaria a gruppi, sono per gli Stati Uniti una tratto di modernità, fenomeno già messo in evidenza da Tocqueville. Il primo emendamento custodisce il volontarismo associativo in campo religioso e permette lo sviluppo di un sistema denominazionale che alimenta di fatto la partecipazione religiosa. Molti dei nuovi movimenti religiosi assumono la forma di congregazione volontaria e anche le religioni storiche danno vita al loro interno a esperienze nuove (per esempio i gruppi di base all’interno del cattolicesimo). Perfino l’immigrazione viene toccata dal sistema denominazionale: riprendendo le tesi di Will Herberg Will Herberg faceva già notare questo fatto in Protestant-Catholic-Jew del 1960., Casanova fa notare come le minoranze etniche negli Stati Uniti siano incoraggiate di fatto a vivere pubblicamente e in modo identitario la loro fede. Il sistema denominazionale è importante anche perché incarna secondo Casanova il modo con cui le religioni si possono trasformare nell’epoca della globalizzazione. 5. DINAMICHE DELLA GLOBALIZZAZIONE E RELIGIONI Probabilmente lo sguardo alla globalizzazione è quello che fa intravedere effetti più interessanti per il futuro delle religioni e per il loro ruolo pubblico. Casanova ha una prospettiva molto ampia. Egli considera la recente globalizzazione come la terza fase di una serie di globalizzazioni umane J. Casanova, Globalization and the free Exercise of Religion Worldwide, in Gerard V. Bradley (a cura di) Challenges to Religious Liberty in the Twenty-First Century, Cambridge University Press, 2012.. La prima fase è quella dell’espansione dell’ homo sapiens, della comparsa del linguaggio e dell’evoluzione mimetica. La seconda ondata di globalizzazione è stato il progressivo passaggio dalla cultura mimetica alla cultura mitico e alla cultura teoretica. E’ un’ondata che ha al cuore l’età assiale e l’emergere della dimensione trascendente. L’ultima globalizzazione è quella capitalistica attuale. Il Cattolicesimo ha anticipato la globalizzazione, assumendo a partire dalla fine del XIX sec. una dimensione transnazionale: con il dogma del primato del Papa ha accentuato l’unità di della Chiesa al di là delle articolazioni nazionali, i concili hanno avuto sempre più un respiro mondiale, la curia romana si è mondializzata, si sono sviluppati i pellegrinaggi internazionali e i movimenti cattolici hanno assunto una dimensione internazionale. L’Anglicanesimo sta vivendo le tensioni di questa mondializzazione: il nocciolo vitale non è più l’Inghilterra e l’unità è difficile da mantenere su temi eticamente e teologicamente sensibili. Anche altre religioni come l’Induismo e il Buddismo possono godere di nuova vitalità attraverso la globalizzazione e i movimenti migratori. Ma il caso emblematico è la diffusione del pentecostalismo, prima religione veramente globale, a motivo della ridotta dimensione istituzionale e organizzativa, che lo rende flessibile e facilmente esportabile. Una figura interessante è anche il patriarca di Costantinopoli primo esempio di una autorità senza un territorio vero e proprio su cui esercitarla. Fino a poco tempo fa anche se una religione era considerata “mondiale” restava centrata su un territorio ben preciso, avendo al massimo “filiali” e adepti altrove. Per esempio, a dispetto della benedizione urbi et orbi del Papa il territorio privilegiato del Cattolicesimo era l’Europa e in particolare l’Italia. Ora gli strumenti della globalizzazione (in primo luogo i nuovi media) danno la possibilità a ogni religione di diventare effettivamente globale e di creare vere e proprie “rappresentazioni di comunità religiose” Traduciamo con questo termine impreciso l’originale imagined religious communities. Questa possibilità non è stata messa in conto da Huntington quando parlando di “scontro di civiltà” ha immaginato che il processo di mondializzazione illustrato dalle prospettive più cosmopolite non fosse così pacifico, ma ha considerato le civiltà ancora su base territoriale e geografica. Casanova non sposa l’ottimismo cosmopolita che tende a prolungare una visione illuminista un po’ ideologica, centrata sull’inconciliabilità tra religione e modernità. Nello stesso tempo una analisi attenta dei fenomeni della globalizzazione gli fa intravedere nella tesi di Huntigton il limite rilevato sopra: movimenti migratori e azione dei nuovi media rompono i confini geografici e danno luogo a nuove dimensioni di spazio. Queste creano una deterritorializzazione delle religioni: nell’epoca della globalizzazioni le trasformazioni spaziali prevalgono su quelle legate al tempo e classicamente riassunte nei concetti di “evoluzione” e “sviluppo”. La categoria che Casanova tende ad usare per il nuovo ordine globale delle religioni è “denominazionalismo globale”, sul modello nordamericano: un sistema in cui ogni religione riconosce la dignità delle altre, imparando a convivere. La teoria del mercato religioso, però, non è sufficiente La teoria del mercato religioso è recentemente portata avanti da Rodney Stark. Si può vedere il libro pubblicato in italiano con Massimo Introvigne, intitolato Dio è tornato. Indagine sulla rivincita delle religioni in Occidente, Piemme, Casale Monferrato 2003.. Secondo tale teoria ognuno si comporta razionalmente nello scegliere (o nel non scegliere) una religione e questo rende possibile una diversificazione dell’offerta, dando valore alla religione stessa. Secondo Casanova la teoria del mercato religioso non spiega a sufficienza le trasformazioni delle religioni: esse si trasformano e mutano non solo a seconda della domanda, ma anche a seconda del rapporto con le altre religioni, con la società civile, con la società politica e con lo stato. In una situazione di pluralismo religioso è vero che le religioni entrano in competizione, ma non solo tra di loro. Il conflitto più profondo sembra essere tra il principio della libertà individuale di coscienza e il diritto collettivo dei popoli a preservare la loro cultura e le loro tradizioni da ogni forma di imperialismo. Un conflitto che, in situazione pluralista, mette in luce le interpretazioni diverse dei concetti. Per esempio il concetto di “libertà religiosa”, viene inteso diversamente a seconda delle religioni: per il cristianesimo essa implica la libertà di conversione da una religione all’altra; per l’Ebraismo e l’Induismo essa implica il rispetto delle tradizioni ma non la libertà di conversione; per l’Islam essa implica la possibilità di esercitare liberamente la religione senza costrizioni ma non la libertà di conversione; la cultura cinese poi non si riconosce neanche nella categoria di “religione”, pur prevedendo culti religiosi individuali. Più radicalmente la globalizzazione cambia le carte in tavola e esige un ripensamento delle categorie sociologiche riferite alla religione. In un articolo di commento all’opera di Bryan S. Turner Religion in Modern Society Bryan S. Turner, Religion and Modern Society, Cambridge University Press 2011, commentato da Casanova in Religion, Secularization and Modernities in European Journal of Sociology 52 / December 2011, pp. 425-445.egli per esempio critica l’analisi che questi fa quando, parlando dei modi con cui la globalizzazione della religione si manifesta, elenca: la crescita del fondamentalismo, la centralità data alla vita quotidiana, la crescita di una spitualità postistituzionale nei giovani e il riemergere della religione popolare. Secondo Casanova i concetti sono dati per scontati. Il concetto di “fondamentalismo” non viene mai chiarito e spesso appare essere una categoria ideologica più che uno strumento significativo per comprendere ciò che succede. Nell’Islam quello che viene chiamato “fondamentalismo” potrebbe essere invece effetto dell’aggiornamento alla modernità con tutte le spinte e controspinte del caso. Anche il parlare di una spiritualità postistituzionale nei giovani (in cui prevale la sfera emotiva) significa non chiarire i concetti e vedere solo la situazione europea: è tendenzialmente ideologico interpretare ogni forma di emotivismo come un’erosione dei fondamenti sociali della religione. La situazione offre però un piatto succulento per la sociologia comparata delle religioni che potrebbe analizzare il modo con cui le dinamiche di secolarizzazione, sacralizzazione e denominazionalismo religioso si intersecano nelle diverse forme di civiltà. A volte è un intreccio simbiotico, come nelle forme di nazionalismo religioso, ma spesso è antagonistico (per esempio quando esplode il conflitto tra norme secolari sacralizzate e norme religiose). Le religioni vengono coinvolte così all’interno di processi di fusione e di ibridazione che ne modificano i confini. In questo modo Casanova può arrivare a dire che la globalizzazione non è solo generata da trasformazioni economiche e tecnologiche: anche le culture e le religioni possono giocare un ruolo importante. Non solo: egli prevede una crescita di attenzione per la religione, perché quando la sfera privata dell’individuo viene “invasa” dalle dinamiche della globalizzazione, la possibilità di autodistruggersi e il pluralismo morale aprono dibattiti che invocano risposte anche religiose. 6. SFIDE Lo sviluppo del pensiero di Casanova pone sfide interessanti non solo all’analisi sociologica ma anche alle scelte sociali, politiche e ecclesiali del nostro tempo. Proviamo qui a segnalarne qualcuna. Il cattolicesimo è considerato, a ragione, parte integrante dell’identità nazionale italiana. Ma se l’Italia si trasformerà gradualmente in una società multietnica, il cattolicesimo dovrà trovarsi a dialogare con altre religioni, senza ricorrere all’argomento dell’identità nazionale. Il riferirsi alla cultura del contesto senza poggiare su di essa può essere vantaggioso per un cristianesimo universale, perché gli permette di restare fedele alla missione originaria. Come può il cattolicesimo italiano mantenere il proprio sguardo universale e originario e nello stesso tempo concepire la propria missione nel contesto italiano? Se la prima sfida concerneva il rapporto tra religioni, questa concerne la dinamica interna al cristianesimo. Un corollario è la possibilità per le religioni in Italia di stringere alleanze e dimostrarsi propositive nei confronti della società civile. Questo richiederebbe la costruzione di una sorta di “sistema denominazionale” non tanto per difendersi dalle ingerenze statali e laiciste, quanto per sviluppare efficacemente il senso di una presenza. Forse è prematuro immaginare uno scenario del genere, ma può essere significativo dare gambe a quella che Benedetto XVI aveva definito “laicità positiva” Benedetto XVI aveva introdotto questo concetto durante la visita apostolica a Parigi nel 2008. e che in termini sociologici potrebbe corrispondere alle “tolleranze gemelle” di Stepan e Casanova. Infine l’idea di sviluppare la nascita di gruppi e collettività attraverso i nuovi media non riguarda necessariamente il superamento dei confini territoriali, ma può riguardare il superamento di altri confini: il dialogo con persone ai margini della fede, il dialogo con le giovani generazioni, il dialogo con persone di diversa religione. Senza sottovalutare che il dialogo con altri cattolicesimi o altri cristianesimi in terre e culture diverse, reso possibile dai nuovi media, non può che far crescere la consapevolezza della propria appartenenza religiosa. Dino Barberis STI Alessandria v. Tosi 30 – ASTI dinbarberis@libero.it SOMMARIO Dopo Public Religions in the Modern World, 1994 (tr. it. Oltre la secolarizzazione. Le religioni alla riconquista della sfera pubblica, 2000) in cui il sociologo della religione stuatunitense José Casanova sottolineava il ritorno nell’arena pubblica delle religioni e la necessità di superare la teoria classica della secolarizzazione, la sua riflessione si è ulteriormente approfondita. Alla luce delle dinamiche mondiali egli ipotizza l’evoluzione verso un sistema denominazionale globale, sul modello statunitense. Casanova basa la sua ipotesi su tre constatazioni. Innanzitutto la possibilità, all’interno della teoria delle modernità multiple, di una modernizzazione senza secolarizzazione. In secondo luogo, a partire dalla difficoltà con cui l’Occidente si rapporta all’Islam, la necessità di costruire una relazione tra stato e religioni in cui non sia solo la sfera civile a dare i confini delle religioni, ma siano anche le religioni, accettando le regole del confronto democratico, a esercitare un ruolo attivo di cittadinanza. Infine la constatazione che la globalizzazione trasforma le religioni, slegandole dai territori geografici e creando vere e proprie comunità transnazionali. Summary. Religions in the global era according to José Casanova. Secularization, public stand of religions and religious pluralism After Public Religions in the Modern World 1994 (Oltre la secolarizzazione. Le religioni alla riconquista della sfera pubblica, 2000), in which José Casanova, the U.S. sociologist of religion stressed the return in the public arena of religions and the necessity to go beyond the classic theory of secularization, his reflection became more and more deep. Taking into account the world’s dymamics he ventures an evolution towards a global denominational system, according to the U.S. pattern. Casanova grounds his hypothesis on three matters of fact. First of all on the possibility of a modernity without secularization, inside the theory of the manifold modernities. In the second place, starting from the difficult relation of the West with Islam, on the necessity to create a relation between state and religions in which not only the civil sphere dictates the boundaries of religions, but also the religions, accepting the rules of a democratic confrontation, might play an active role of citizenship. At last, realizing that the globalization changes the religions, freeing them from geographical places and creating substantial transnational communities. BIBLIOGRAFIA CONSULTATA J. Casanova “Oltre la secolarizzazione. Le religioni alla riconquista della sfera pubblica”, Il Mulino, Bologna 2000 J. Casanova Public Religions Revisited in Hent de Vries, Religion: Beyond the Concept, Fordham 2008, pp. 101-119 J. Casanova, Rethinking Secularization: A Global Comparative Perspective, in The Hedgehog Review, Spring/Summer 2008, pp. 7-22 J. Casanova, The Secular and Secularism in Social Research vol 76, n. 4/2009, pp 1049-1067 J. Casanova A Secular Age: Dawn or Twilight? e si trova in Varieties of Secularism in a Secular Age, ed. Michael Warner, Craig Calhoun, and Jonathan VanAntwerpen, 2010, pp. 265-281. J. Casanova, Religion Challenging the Myth of Secular Democracy in Lisbet Christoffersen, University of Roskilde and University of Copenhagen, Denmark; Hans Raun Iversen, Margit Warburg, Hanne Petersen University of Copenhagen, Denmark (a cura di), Religion in the 21st century. Challenges and Transformations, Ashgate, 2010 J. Casanova, Cosmopolitanism, the Clash of Civilization and Multiple Modernities in Current Sociology, 59/2011, pp. 252-267 J. Casanova, Religion, Secularization and Modernities in European Journal of Sociology 52 / December 2011, pp. 425-445 J. Casanova, Globalization and the free Exercise of Religion Worldwide, in Gerard V. Bradley (a cura di) Challenges to Religious Liberty in the Twenty-First Century, Cambridge University Press, 2012 J. Casanova The politics of nativism: Islam in Europe, Catholicism in the United States, in Philosophy and Social Criticism, 2012, pp. 1-11 J. Casanova, From Modernization to Secularization to Globalization. An autobiographical Self-Reflection in Religion and Society: Advances in Research 1/ 2012, pp. 25- 36 10