Medieval Latin & Neo-Latin

Introduzione, traduzione italiana con testo latino a fronte a cura di Paola Casali. La donna non è solo “tanto gentile e tanto onesta”. Anche il nostro medioevo, come ogni età e troppe culture, non è immune alla misoginia. La raccolta delle nove favole del maestro Adolfo di Vienna, tramandata con il titolo «Doligamus» (gli inganni delle donne), e pubblicata ora in ebook in traduzione italiana e in latino da Paola Casali, è un testo in versi che si inserisce nel pieno della tradizione misogina, da quella occidentale della commedia latina e degli «exempla» medievali a quella delle raccolte novellistiche orientali, come «Le mille e una notte», fino a giungere a Boccaccio e oltre. Con l’intento dichiarato di mettere in guardia contro la malizia e la scaltrezza femminile, tutte le storielle narrate dipingono la donna, moglie e madre (in particolare delle donne!) secondo il repertorio misogino più classico, indugiando sui particolari anche licenziosi della donna traditrice come Dalila, feroce come Medea, mutevole come Proteo, fonte di tutti i mali e di tutte le disgrazie dell’uomo. L’edizione critica, a cura di Paola Casali, con un puntuale commento e traduzione per ciascuna favola, è stata pubblicata a stampa nel 1997 dalle stesse Edizioni del Galluzzo.

Questo Convegno internazionale, promosso dalla Edizione Nazionale La Scuola Medica Salernitana, ha inteso sottomettere la monumentale Collectio Salernitana ad una revisione storiografica, tanto più necessaria in quanto la Edizione Nazionale sta procedendo ad una riedizione critica dei testi salernitani. Monica Green presenta uno studio complessivo sulla prima diffusione dei manoscriti salernitani. Romana Martorelli Vico, Florence Eliza Glaze e Mireille Ausécache, propongono uno studio, rispettivamente, delle Anatomie salernitane, del Passionarius di Garioponto e delle opere del magister Salernus. Michael McVaugh offre una nuova datazione del Liber mitis e pone il problema della vera natura dei legami intrattenuti da Ruggero Frugardi con Salerno. Riesaminando il Carmen medicale del diacono Crispo, edito nel primo volume della Collectio Salernitana, Anna Bellettini illustra la medecina pre-salernitaina, tra il VI e il X secolo. Alejandro García González ricostruisce le tappe delle metamorfosi del lessico botanico-medico Alphita, edito dalla Edizione Nazionale. Iolanda Ventura presenta un ampio panorama dei testi farmacologici presenti nella Collectio Salernitana. Ad
Antonio Garzya spetta il merito di aver dato alla Collectio Salernitana il suo spessore storico, indagando sulla ricca personalità del suo artefice.

Durante el muy largo período en el que Europa se dedicó de manera incansable, aunque con ritmo desigual, a recuperar y conservar la mayor parte posible del legado greco-latino, hubo épocas claramente marcadas por un afán que puede calificarse grosso modo de enciclopédico. No hay espacio aquí para exponer el antiguo concepto de encyclios paideia, que sería recuperado como encyclopaedia -aunque ya no designará exactamente lo mismo-en el siglo XVI; esto supone que hablar de 'enciclopedias' en los siglos inmediatamente anteriores requiere aceptar una convención en virtud de la cual llamamos así a un tipo de obras cuyos autores no las denominaban de ese modo. Es más: ni siquiera existía un nombre genérico para ellas, sino una pluralidad de denominaciones (speculum, imago, compendium, proprietates rerum, naturae rerum, etc.) con las que se titulaban obras de muy diferente extensión, pero con una serie de características comunes que son las que justifican la mencionada convención.

Lo sviluppo degli studi sulla latinità medievale e la conseguente pubblicazione di un numero sempre maggiore di testi induce a riflettere sulla specificità della composizione e della trasmissione di queste opere, con le inevitabili conseguenze che esse comportano anche sulla prassi editoriale. Dalla considerazione di questa specificità è nata, nel 1994, «Filologia Mediolatina», che, per la peculiarità dei temi trattati, si propone come uno strumento di indagine unico nel panorama scientifico. Particolare attenzione viene dedicata agli aspetti metodologici, siano essi attinenti alle modalità di composizione dei testi, alla loro trasmissione e circolazione, alle fonti, alla ricostruzione critica, così come alla riflessione teorica in materia di ecdotica. Vengono anche accolte edizioni critiche di brevi testi, quando presentino rilevanza da un punto di vista metodologico.
Tutti gli articoli sono sottoposti al giudizio di uno o più revisori anonimi. La decisione in merito alla pubblicazione spetta al direttore, tenuto conto del parere dei revisori.
La rivista, che ha periodicità annuale, pubblica articoli nelle principali lingue europee. Ogni articolo è corredato da un abstract in lingua inglese.
"Filologia Mediolatina" è interamente consultabile on line al sito www.mirabileweb.it.

""La Scuola di Salerno produsse tra l’XI e il XIII secolo le opere che
hanno contribuito a forgiare la sua leggenda.Verso la fine dell’XI secolo, i maestri salernitani appaiono come i primi destinatari, e dunque anche molto probabilmente i richiedenti, di traduzioni dal greco e dall’arabo. Il secolo XII è il periodo culminante nella storia gloriosa della Scuola di Salerno: in questo tempo furono realizzati trattati anatomici; raccolte di testi interessanti la farmacopea, tra i quali il celebre Antidotario di Nicola, ancora utilizzati alla fine del Medio Evo; riassunti versificati destinati alla memorizzazione della dottrina medica e che, disseminati nei manoscritti medievali, meritarono poi di essere raccolti in epoca tarda sotto il titolo di
Regimen sanitatis di Salerno; come anche i famosi testi ginecologici che vengono attribuiti alla celebre Trotula. Il convegno internazionale, che si è svolto all’Università di Salerno (3-5 novembre 2004) e di cui si pubblicano qui gli Atti, si è proposto di gettare le basi scientifiche dell’Edizione Nazionale «La Scuola Medica Salernitana», sulla base di nuove investigazioni critiche dei testi salernitani, che sono di straordinario interesse per la storia del pensiero occidentale.""

The collection of the Elegiarum Aurimpiae Libri by the humanist Elisio Calenzio (Fratte-Ausonia 1430 – Fratte-Ausonia 1502), member of the Academia Neapolitana and friend of G. Pontano, as well as tutor and secretary of Frederick of Aragon, the future king of Naples, is one among the most interesting elegiac works of the italian '400. This essay aims to identify the structural patterns, that underlie this collection of poems. In this regard the humanist seems to mediate between Catullus and the others Latin elegiac poets, but he also takes account of the experience of others erotic poets of his time. The comparison of its two witnesses, i.e. of the Roman posthumous editio princeps of 1503, curated by Monsignore Angelo Colocci, with ms. Vat. Lat. 2833, written by Lucio Calenzio, son of the humanist, and also revised by the curator of the printed edition, allows to detect many problems not only from the point of view of a future critical edition, but also from the point of view of a proper critical judgment on the structure of the collection. In fact, some problems, such as, for example, the one related to the actual number of books of which this collection had to be constituted, can not find a proper solution, because the humanist died before to complete a final revision of his work.

di estrema instabilità politica, lacerata da sanguinose lotte di fazione tra Guelfi e Ghibellini e oggetto delle mire espansionistiche del signore di Padova Francesco Novello da Carrara. Dopo un soggiorno di otto mesi a Mantova presso la corte di Francesco I Gonzaga, Bayguera rifiutò le proposte di tornare a Brescia, scegliendo di recarsi a Roma in cerca di un officium in Curia, che riuscì a ottenere grazie ai buoni uffici di Bartolomeo Capra: trovò impiego come segretario di Pietro Stefaneschi, dal 1405 cardinale del titolo di Sant'Angelo e munifico protettore di umanisti. Nell'Urbe conobbe colui che considerò il proprio maestro di poesia, Francesco da Fiano, al tempo letterato di fama non disprezzabile, caldamente lodato da un poeta del calibro di Antonio Loschi. Dopo cinque anni, all'incirca nel 1410, Bayguera prese la via del ritorno in patria. In seguito entrò in servizio come segretario del Marerio, nipote del suo patrono romano, il cardinale Stefaneschi, ed eletto vescovo di Brescia a partire dal 1419.

Edizione critica, traduzione e commento a cura di Benedetta Valtorta. Raterio, monaco di Lobbes e poi vescovo di Verona, compose la «Qualitatis coniectura» ormai settantenne, nel 966; di lì a poco sarà definitivamente allontanato dal soglio episcopale veronese. Opera di problematica definizione, incerta tra una tentazione di autobiografismo e la necessità di difendersi dalle accuse dei numerosi detrattori, la «Qualitatis coniectura» è soprattutto il vivido ritratto di un mondo lontano, ma anche singolarmente attuale: attraverso una narrazione brillante e ironica ritorna a vivere davanti ai nostri occhi la figura del suo autore, uno degli intellettuali più complessi e affascinanti nell'Europa del secolo X.

"Il volume riunisce i contributi presentati al convegno svoltosi ad Ariano Irpino nei giorni 5-7 ottobre 2008, ospite del Centro Europeo di Studi Normanni, i quali dimostrano che per la storia del rapporto tra terapie e guarigioni il mondo normanno-svevo ha svolto un ruolo di primaria importanza.
Ad esempio, i trattati della tradizione salernitana hanno dato largo spazio alle ricette mediche nei trattati o al rapporto tra animali e terapia. Gli ambienti salernitani prima del 1200 sembrano invece dedicare poco spazio al veleno. Alcuni testi medici salernitani hanno conservato l’idea che la musica potesse avere un valore terapeutico. Anche la biblioterapia fu considerata come utile strumento terapeutico. Ildegarda di Bingen mostra un’attenzione per le malattie femminili che riconduce alla Scuola salernitana o a fonti comuni ad entrambe. La tradizione salernitana sembra invece accordare poco interesse all’uso terapeutico dei veleni.
Alcuni contributi si soffermano su Federico II di Svevia, un sovrano che ha riservato un’attenzione particolare all’ordinamento degli studi medici e più in generale alla medicina. L’età sveva si rivela importante anche perchè problematiche mediche entrano preponentemente nelle fonti letterarie e cronachistiche.
Come ricordano alcuni contributi presenti in questo volume, nel Medio Evo, la storia del rapporto tra terapie e guarigioni nel Medio Evo non è stato affatto lineare, incontrando profondi contrasti: la medicina medievale riteneva infatti che l’ars medica non può mutare la natura e il monachesimo occidentale aveva posto tra i grandi compiti della vita monastica il dovere della caritas, per cui la cura del malato doveva perseguire anzitutto obiettivi spirituali. D’altra parte, a sanare il paziente poteva concorrere anche l’incubazione, che poteva seguire modelli classici, come dimostra l’agiografia napoletana del IX-X secolo.
"

This study had its inception in a project to prepare the first modern edition of a particular medieval medical text, a Latin translation made in Montpellier in 1299 of a regimen of health attributed to the famous Spanish physician Ibn Zuhr (Latin, “Avenzoar”): a Jewish philosopher  had translated the Arabic into a Romance vernacular and read it out loud to a Christian surgeon, who wrote it down in Latin. When the surviving manuscripts of the result were examined and collated, however, it began to appear as though there were not one but two similar yet distinct versions of the text scattered among them. A comparison with the original Arabic text might have helped establish the relation between the two Latin versions, but a search of the literature indicated that no manuscript of the original had survived. However, a Hebrew translation seemingly prepared by the Jewish member of the team was available in two copies, so the study had to expand: the Hebrew text had to be established in order to see what light it could throw on the two Latin versions and the lost Arabic that underpinned all three—for, as it proved, the Hebrew translator had left in transliteration the Arabic passages that he had been unable to understand.
Our comparative study of the three texts confirmed that our first perception had been correct, that the Latin texts were indeed different and, not only that, embodied a first draft and a subsequent revision of the translation. We also became convinced that our close comparison of those two texts turned up many signs of the actual translation procedure: e.g., a deliberate omission in the first draft of passages that the translators could not immediately under- stand and planned to come back to on a second pass; a misunderstanding of words spoken out loud as they passed from one member of the team to the other; stylistic and rhetorical “improvements” made to the revision, with the aim of matching its language to the needs and expectations of the academic community for which it was being composed. The result that we arrived at was a picture in unparalleled detail of how such a “four-hands” translation was produced, of how the different backgrounds and preparations of the two members of the team played into—negotiated, perhaps—the form and language of the eventual product.
To substantiate these conclusions, we offer here 1) an extended historical introduction incorporating the rationale for our argument; 2) an edition of what we believe to be the initial draft hastily prepared by our translators, followed by an edition of the final translation as they eventually revised it; 3) an edition of the Hebrew text, including all its Arabisms; and 4) an annotated English translation of that Hebrew text, which comes as close as is presently possible to communicating the content of the original Arabic regimen of health that launched this long tradition. We hope that providing all this evidence will allow readers to evaluate our conclusions and to decide whether we have proved our case. At the very least, however, we have achieved the limited goal that originally motivated us, an edition and English translation of this Arabic regimen of health in the form in which it was read and studied in later medieval Europe.

Également appelée Bulletin du Cange, la revue Archivum Latinitatis Medii Aevi (ALMA) a été lancée en 1924, en complément du dictionnaire Novum Glossarium Mediae Latinitatis (pour lire un historique sommaire des premières années de l’entreprise par Charles-Victor Langlois dans le premier fascicule de la revue, consulter le site de l’INIST : http://documents.irevues.inist.fr). Lieu d’échange et de publication pour toutes les équipes de lexicographie latine médiévale au niveau international, ALMA publie également des travaux sur les instruments de la vie intellectuelle au Moyen Âge (gloses, commentaires…).
Jusqu’à l’année 2011 incluse, les fascicules de la revue ALMA peuvent être consultés et téléchargés, en pdf, sur le site de l’Institut de l’Information Scientifique et Technique (Nancy) à l’adresse suivante : http://documents.irevues.inist.fr/handle/2042/751.
Depuis 2011, la page de la revue, sur le site de l'AIBL, fournit les résumés bilingues ou trilingues des articles et des notes : http://www.aibl.fr/publications/autres-collections/archivum-latinitatis-medii-aevi/

Curante Hans Honnacker.
Inoltrarsi nel «mare magnum» delle opere e della critica erasmiane rappresenta un'impresa di Sisifo, dal momento che l'edizione moderna della sua «Opera omnia» è tuttora in corso («Opera omnia Desiderii Erasmi Roterodami: recognita et adnotatione critica instructa notisque illustrata», Ordo I-X, cur. R.A.B. Mynors, J.-C. Margolin et alii, Amsterdam-Oxford-Toronto, 1969-) e la critica continua a pubblicare numerosi studi al riguardo ogni anno. Il fascino di Erasmo sta sicuramente nei vari stimoli culturali forniti dalla vasta opera di esegesi filologica, filosofica e teologica che ha fecondato in modo ineguagliabile la cultura e il pensiero europei. La scheda bibliografica, già pubblicata in «C.A.L.M.A. Compendium Auctorum Latinorum Medii Aevi (500-1500)», III.2, pp. 239-248 e III.3, pp. 249-271, è ora presentata con aggiornamenti e con una premessa storiografica.

Although it is a generally acknowledged fact that Neo-Latin consists of a set
of linguistic varieties, there is a short supply of research into its linguistic diversification,
especially in non-literary texts. One of the characteristical text
classes within Neo-Latin tradition are canonical visitations, a special type of
ecclesiastical administrative texts, produced extensively after the Council of
Trent in all parts of Europe that had Roman Catholic hierarchical structures.
The present paper analyses the language of three canonical visitations written
in 18th century Diocese of Senj and Modruš (Krbava) and tries to recognise
linguistic peculiarities that could prove to be distinguishing properties
for canonical visitations and similar texts.

Castiglione’s Alcon (1515) and Milton’s Epitaphium Damonis (1638/39) are pastoral laments that, in following Virgil’s second Eclogue in certain aspects of form and content, translate tropes of unrequited desire into those of mourning—though sometimes reluctantly and barely. Their narratives multiply the sense of loss and the absence of the beloved: each speaker—like the author himself—has been away from home when he hears of the death of his friend. Each lament contains a complex, self-tormenting passage in which the mourner rehearses in memory his hopes for conversation and exchange of thoughts with his absent friend, now permanently absent; and, interestingly, each poem
invokes the ruins of Rome as part of the site of friendship and mourning. I explore here the relationship of these various, interrelated types of loss with the Classical past that each poem, in its engagement with Virgil and in its very Latinity, is in some measure implicitly making present, and (following literary historians who, since Harrison, note Milton’s echoes of Castiglione’s poem here) I read the Epitaphium Damonis as a response to Alcon.

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Šime Demo Macaronic Latin is a peculiar style within Neo-Latin literature that has an unusually large number of hybrid words, wherein the endings are Latin and the stems come from another language. 1 Typical macaronic verses look like the following:

This study investigates the variation between the accusativus cum infinitivo (a.c.i.) and quod clauses with verba sentiendi and declarandi in the Revelaciones, Books I-VII, of St. Bridget of Sweden (1303-73). This variation is considered to be a characteristic feature of late and mediaeval Latin. The author analyses grammatical patterns which are important or decisive for the choice of construction after the main verb in the text of the Revelaciones. These patterns are connected with semantic criteria such as assertivity, with the category of co-reference and with stylistic factors and must be regarded as fundamental to the Latinity of the Revelaciones. An examination of the moods in quod clauses, the sequence of moods and tenses and a brief survey of subordinate constructions with verba voluntatis and curandi is also included.

"The present volume does constitute a record of the VIth Congress of the International Medieval Latin Committee, which took place in Benevento and Neaples in November 2010. The overarching topic Auctor et Auctoritas is intended in the sense of reflection about auctoritas ‘in’ Medieval Latin texts and about the auctoritas ‘of’ Medieval Latin texts. The articles here published constitute a profound reflection on the concept of auctoritas in medieval culture. They have in mind consideration of the authority of Latin as an oral
and written language; the authority of writing, authors, and their sources; the relation between anonymous and declared authorship; and other, related issues. The present volume has indeed brought to light much innovative and stimulating research into the values of texts in the Medieval Latin world.
The investigations are conducted in some cases on a theoretical level relating to general problems, and in others on a more practical one connected with specific cases. The total of nearly ninety papers reveals a plural vision of the overarching theme, making the volume an extremely useful tool for anyone who wishes to enter the world of the medieval author."

En esta comunicación partimos de un fenómeno que se observa con cierta frecuencia en la poesía neolatina en Europa Central: la poesis artificiosa, es decir, la poesía visual y combinatoria de expresión latina. Este tipo de poesía, especialmente popular entre 1550 y 1730, diverge de la poética humanista, heredera de la clásica, tanto en el estilo y la “pureza” del latín del que se sirve, como en las funciones comunicativas y sociológicas que desempeña. El latín de los logodaedalia sigue tradiciones distintas del latín moderno renovado y crea las suyas propias, emancipándose de la tradición humanista y siguiendo un camino distinto, pero similar al del latín medieval. En esta comunicación se especula sobre la existencia de un latín “alternativo”, “natural”, como opuesto al que se enseña en las escuelas como latín “verdadero” de los autores clásicos, y se muestran ejemplos de los límites del desarrollo de ese “otro latín” en la obra de los poetas croatas Ladislaus Simandi (1655-1715) y Paulus Ritter Vitezović (1652-1713).