Romanesque Art

This note on the interpretation of some Danish Romanesque frescoes was originally without an English summary. Because the text may contain some information of wider interest I have supplied an extensive summary with some additional comments, which was not in the Danish text concerning the Winchester College MS with the collection of Thomas Becket miracles from the 1170s by William of Canterbury, later Archbishop of Canterbury.

In 1899, part of the floor of the church of San Tommaso collapsed, revealing a Medieval mosaic pavement. Arthur K. Porter believed that it was the only surviving part of the ancient Benedictine abbey, but he also asserted that it was «the daintiest and most charming» Romanesque mosaic he ever saw.
In my paper, I will first clarify the process of rediscovery of the mosaic through archival documents, as well as the conservative actions managed by the Ufficio Regionale ai Monumenti and the Ministero delle Belle Arti. The mosaic was left in loco and closed with removable wooden boards that allowed its preservation till today.
After considering the geometrical elements of its composition, its ornamental motives and its figured subjects, I will provide a graphic reconstruction of the mosaic which is also part of a 3D rendering of the church, and clearly presents the surviving mosaic fragments in relation to the architectonical structures.
My analysis will focus on the figures and their semantic value investigating their iconographic details and their connection to the written culture i.e. Christian literature, classical texts, or astronomic and naturalistic treatises. Such a study will allow to recognize the negative connotations of «ydra», «[cer]berus», «Sinon» and the ass located in the northern nave’s section of the mosaic. The semantic and figurative connections of these figures with “evil” and “hell” are confirmed by the dark ‘setting’ and the proximity to the left/Damned side of the Last Judgment painted on the counter façade. Furthermore, I would argue that the presence of these negative figures must be associated to St. Jerome’s writing. Such association is crucial, because references to St. Jerome, to his life, his culture, and his writings, often occur in San Tommaso.
The southern nave mosaic differs in colours and figures: it is mostly white, instead of black, and is figured with zoomorphic and vegetal elements. The general semantic value is rather positive, and is probably influenced by Abraham’s bosom painted on the right/Saved side of the Last Judgment.
In the main nave only a few fragments are preserved, but the presence of Birds drinking from the chalice hint to a clearly Eucharistic meaning. Probably this section of the mosaic decorated the area surrounding a nave altar.
I will then compare San Tommaso’s mosaic with other Italian pavements, especially those from Cremona and the Po valley, but also with other figurative sources, such as illuminated manuscripts, are given. For example, I will consider the «cerberus» in relation to the only surviving manuscript from the library of San Tommaso (now Canon. Pat. Lat. 148, Oxford, Bodleian Library) and to the rare spread-eagled figure included in Ms. 99 from Montecassino.
I will discuss how figurative themes were connected to each other or were given a different connotation depending on their location, i.e. in the case of the ass, whose value is negative when next to ‘infernal’ figures in the pavement, but positive on the wall paintings as ‘obedient’ animal.
I will relate figures to architectural spaces, e.g. the altar in the Sanctuary as most sacred pole in the building, and to the main directional axes East/West, North/South, high/low, according to their symbolic meaning in Christian literature.
Finally I will argue that the mosaic figures contribute to the ‘hierarchy’ of the spaces in the church, creating a complex image-system where meanings of the figural elements are valid before their fruition, either by laics or, most likely, by monks who could read images also like warning visions of the Afterlife.

This note describes a lipsanotheca (a small container of relics, placed within an altar) from the church of Santa Maria de Cap d’Aran. The container, now preserved in the Museu dera Val d’Aran, is of blown glass, and it has relief-cut ornament. The form, color, and quality of the glass indicate that it was made in the ninth or 10th century, probably in Iran. Similar objects in The Corning Museum of Glass and The Metropolitan Museum of Art are noted. It is not known how the bottle reached Spain. The authors believe that it was used as a lipsanotheca at about the time the church of Santa Maria de Cap d’Aran was consecrated, in the first half of the 11th century.

La cattedrale di Traù ha i due portali, il principale all’Occidente nell’atrio conosciuto anche come il portale di Radovan, secondo il nome del maestro la cui firma ci si trova, e l’altro portale meridionale dalla parte della piazza. I fondamenti della cattedrale provengono dal 1200 e la fine della sua costruzione secondo la scritta sul portale meridionale fu nel 1213.
Durante la prima parte del XIII secolo, per la costruzione furono assicurate le prebende del re ungaro-croato dal suo podere Bosiljina nel territorio della contea di Drid. La scritta del maestro Radovan sul portale principale data l’opera nel 1240. Il lungo periodo dal 1413 al 1240 significa la continuità nella costruzione della catte- drale durante i primi quattro decenni del XIII secolo e le due fasi della costruzione del complesso basilicale durante il vescovo di Traù Treguano.
Il portale del maestro Radovan è l’ingresso principale situato nell’atrio della cattedrale. Nel fondo della lunetta si trova la scritta con la firma dello scultore dove c’è scritto:
La porta, la fece nel 1240, dopo la nascita della famosa Vergine, Radovan, in quest’ arte il più abilitato di tutti gli altri come si vede dalle sculture e dai rilievi e per il vescovo Treguano toscano dalla città di fiore.
Dalla parte interna della lunetta si trova il motivo di croce con la scritta:
Ognuno che crede che il segno di croce sia la strada di luce, non devrebbe far nient’ indegno contro questo segno onorato.
Dal’inizio il portale di Radovan fu scompartito più volte cossichè le sue sculture sono le opere dei vari scultori. L’ultima volta fu modificato nel XV secolo quando sotto l’architrave misero dei capitelli con le figure degli angeli e sopra il portale fece- ro il timpano profilato e alzato sui pilastri raggruppati che incorniciava la composi- zione del portale. Nella lunetta è raffigurata la Nascita di Gesù. Nella parte superiore del rilievo si trova la Vergine con Gesù nella stalla sotto la quale è scolpita la scritta: »si immerge in vasca quello che lava tutte le azioni malvagie«.
Alla scena d’immersione, con le due donne ci sono Giuseppe e Pastore, segnati con le lettere. A sinistra si trova la rappresentazione dei tre re e a sinistra di loro la scena d’inchino dei pastori. Alla cima della composizione c’è la stella di Betlemme e gli angeli.
Sul primo arco concentrico intorno alla lunetta si presenta l’Anunnciazione, a sinistra l’angelo Gabriele e a destra la Vergine Maria. Da tutte le due parti continuano
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i due rilievi con la rappresentazione degli angeli da cui quelli inferiori non sono di Radovan. Alla cima troviamo l’omaggio dei magi a sinistra e il sogno di Giuseppe a destra. (Tutto tranne i due angeli è l’opera di Radovan). Originalmente quest’arco era del raggio minore e il serraglio dell’arco originale rappresentava l’omaggio dei magi con la figura del Gesù bambino che si trovava alla cima della composizione. La composizione era simmetrica, e da tutte le due parti era incorniciata dal coro degli angeli che innalzavano Giuseppe addormentato.
I rilievi dell’arco esterno non sono le opere di Radovan. Li ha fatti lo scul- tore sconosciuto e rappresenta i motivi della vita di Gesù con la scena centrale del Cristo crocifisso. Alla parte sinistra è presentata la fuga in Egitto, l’ingresso a Gerusalemme, la scena del lavaggio dei piedi, l’arresto e la flagellazione e nella parte destra il battesimo, la tentazione, le tre Marie alla tomba e la risurrezione. Sopra la lunetta si trova la nicchia barocca con la statua gotica di San Lorenzo dalla vecchia cappella di San Giovanni.
Il portale ha due righe degli stipiti decorati con i rilievi e le colonne rotonde e incise, che rappresentano la caccia e le fiere. Gli stipiti interni sono decorati dalle allegorie dei mesi e dalle scene dei lavori legati ad essi. A sinistra da su in giù, sono dicembre, gennaio e febbraio, e a destra aprile e marzo. Le parti laterali di queste colonne sono decorate con la rappresentazione delle figure e degli animali intrecciati nei viticci dei motivi floreali. Tutti questi motivi sono le opere di Radovan tranne l’allegoria di febbraio dalla parte sinistra.
Sugli stipiti esterni, che non sono le opere di Radovan si trovano gli apostoli, tre ad ogni lato. A sinistra da sopra troviamo San Pietro e San Bartolo. Nella parte interna sono presentati degli animali che s’intrecciano nei viticci di motivi floreali. Nel fondo i telamoni portano gli stipiti e nella parte esterna sono le mensole con i leoni su di cui sono rappresentati Adamo ed Eva.
Le parti dell’altare, tanto tempo fa furono attribuite al maestro Radovan e appar- tenevano all’unità iconologicamente chiara ma non compiuta nella prima metà del XIII secolo. Il suo programma era soteriologico e composto dalle più unità collegate tra di loro. L’espulsione dal paradiso, la rappresentazione a cui appartengono anche le figure di Adamo ed Eva situate sui leoni ed i piloni con i rilievi che rappresentano le lotte del genere umano contro la natura brutale. Le scene di diboscamento, della caccia, della lotta contro le fiere e gli esseri mitologici, sono simboli dell’inizio della storia umana dopo l’espulsione dal paradiso, il periodo prima dell’annuncio in cui gli esseri umani sottomisero la natura crudele. L’influsso iconologico dell’altare di Radovan è evidente anche nella rappresentazione della storia umana in fondo al cam- panile romanico della cattedrale a Spalato. I leoni del campanile di Spalato portano sulle spalle le figure che presentano il genere umano sopra i cui troviamo, sui pilastri l’arco di marmo con lo stesso tema, le scene della caccia, del diboscamento come sui piloni sopra citati della cattedrale di Traù. La storia del genere umano sul portale di Traù è presentata nel modo simbolico con il cambio dei mesi che simbolicamente rappresentano il tempo contemporaneo il cui peso portano i telamoni delle diverse culture e delle razze segnalati dal peccato originale. Il nuovo tempo è presentato dal cambio ciclico dei mesi che sono presentati dai diversi simboli, dai segni zodiacali
sui rilievi con i motivi dei lavori tipici per ogni mese dell’anno. Il motivo centrale del portale è Cristo, Salvatore, la cui apparenza all’uomo promette il ritorno nel paradiso perso da cui è deportato e che è rappresentato nei cerchi concentrici con i motivi degli angeli. La strada nel paradiso la mostra il Gesù la cui nascita è il motivo dominante della lunetta circondato dalla scena caratteristica dell’annunciazione e dell’omaggio dei magi.
Le nuove indagini e le analisi fatte durante la restaurazione del portale di Radovan dal 2004 al 2006 hanno confermato i cambiamenti nella concezione dell’opera incompiuta di Radovan. Pulita dai strati scuri è uscita fuori la superficie di pietra del portale di colore originario che accentua il contrasto tra il marmo nero e il calcio bianco splendente, celebrato in versi già nell’antichità.

La tradición del hallazgo del considerado sepulcro del apóstol Santiago el Mayor, originada en el noroeste peninsular en el siglo IX, dio impulso a la consolidación de los territorios conquistados a los musulmanes por las incipientes monarquías cristianas.

Además, permitió abrir diferentes vías de conexión con la Europa cristiana, por lo que el Camino de peregrinación a Santiago de
Compostela se considera uno de los primeros elementos vertebradores del viejo continente europeo.

La croce di Santa Maria Maggiore, di pietra aurisina, restaurata e ricomposta nei suoi frammenti da Giovanni Giannelli, direttore tecnico del Laboratorio di Restauro
Ottorino Nonfarmale S.r.l., e collocata su una colonna di pietra gialla ramata di Vicenza, foggiata dal Laboratorio Morseletto, torna ad essere patrimonio archeologico
visibile della città di Bologna. Dopo essere rimasta a lungo nascosta, è stata rinvenuta durante i recenti lavori di consolidamento del portico della basilica di Via Galliera, dove è attesa per la definitiva collocazione all’interno della chiesa. (Mons. Rino Magnani)
Si tratta di un tassello archeologico importante che reca la data certa del 1143,
ma potrebbe anche trasformarsi in chiave determinante di interpretazione per
rileggere le maestranze di quegli anni.

Mosaic carpets have long been associated with their woven counterparts by both artists and scholars, as well as thinkers and the general public. This connection exists  both in terms of function and placement, as well as in terms of iconography and style. However, as can be deduced, for example, in a few Italian Romanesque floors in opus tesselatum (Torino, Fruttuaria, Bitonto, Taranto etc.), mosaics have regularly used the same visual language of textile art also when it comes to ornamentation. This suggests that a larger examination of these visual borrowings, based on the global circulation of objects, is needed in order to understand the ways, in which a common language of ornament grew and spread around the Mediterranean basin and beyond.

SALTO NEL TEMPO - "Il Giro del Castello di Serravalle (TI 626) è la nuova escursione illustrata da Svizzera Mobile. Percorribile nei due sensi tutto l’anno, conduce dal fondovalle al versante destro del Brenno. Punto saliente è la rocca di Serravalle, terzo complesso fortificato del Ticino. In cammino nel tempo, dal romanico al barocco."

Fondé sur une double approche iconographique et textuelle, ce livre situe pour la première fois les sirènes antiques et médiévales au sein d'une histoire globale. Cette mise en perspective qui inclut aussi une approche anthropologique, permet d'appréhender cette figure archétypale dans son unité profonde tout en rendant compte des formes paradoxales qu'elle a pu revêtir. Mais au-delà de l'histoire du mythe et de ses variantes, des croyances magico-religieuses qui y sont associées et des interprétations philosophiques et morales dont il a fait l'objet, cette étude présente surtout l'originalité d'évoquer le passage de l'Antiquité païenne au Moyen Âge occidental chrétien au moyen d'une image-symbole qui apparaît comme un révélateur de mentalités particulièrement éclairant.

Intéressé par les mécanismes subtils qui ont permis la transmission et l'assimilation d'une bonne partie de la culture antique au Moyen Âge, l'auteur s'est notamment attaché à montrer l'étonnante continuité du discours savant tel qu'il s'exprime essentiellement dans l'oeuvre exégétique des Pères de l'Eglise et dans la littérature didactique des moines et des clercs qui s'en sont inspirés. Une place importante n'en a pas moins été faite à l'apport des cultures germanique et celtique qui semblent très impliquées dans le maintien des sirènes au sein d'une certaine forme de réalité, et surtout dans leur métamorphose en femme-poisson intervenue au VIIIe siècle au plus tard. L'apparition de "bonnes sirènes" aux côtés des sirènes vampiriques toujours craintes par les masses en plein Moyen Âge, paraît aussi devoir leur être imputée.

A cette enquête complexe mais combien passionnante s'ajoute une iconographie généreuse et de qualité qui permet de découvrir comment on représenta les sirènes durant toutes ces époques. La sculpture sur pierre du XIe et du XIIe siècle y est particulièrement bien représentée car la sirène y apparaît comme un motif privilégié. Un chapitre consacré aux sirènes dans la stylistique romane tente d'expliquer cette faveur, sur base d'arguments uniquement stylistiques.

Résumé (then Abstract)

Après l’évocation de quelques représentations d’époque romane directement inspirées d’œuvres antiques, il sera question des principaux médias – littéraires et artistiques – qui permirent à la figure du centaure de s’intégrer à l’imaginaire chrétien et de susciter des représentations à la fois originales et ancrées dans le passé. On notera à cet égard l’importance de l’illustration des traités d’astronomie et des Herbarii d’époque carolingienne comme images-relais. On verra aussi que, dissociées de leur contexte, les antiques images ont souvent poursuivi une carrière autonome. Il en est résulté des confusions d’attributs aberrantes en termes mythologiques, mais souvent décoratives. L’étude comprend en outre quatre études de cas : le centaure au lièvre ; le Sagittaire zodiacal comme centaure et hippopode ; Chiron médecin et les centaures au rameau, et le centaure au serpent.

Abstract

After first remarking on some representations from the Romanesque period directly inspired by antique works, we will treat the principal media – literary and artistic – which have allowed the figure of the centaur to integrate itself into the Christian imagination and to give rise to some representations at once novel and yet firmly anchored in the past. We will note in this regard the importance of the illustration of Carolingian astronomical treatises and herbals as fecundating images for medieval centaur iconography. We will also see that divorced from their cultural contexts these antique images have often taken on lives of their own. This often results in a certain confusion of attributes, aberrant in terms of « classical » mythology, but often quite decorative. The study comprises four specific examples of the centaur type : the centaur bearing a hare, the zodiacal Sagittarius as a centaur and hippopode, Chiron the physician and the centaurs with antlers, and finally the centaur bearing a serpent.

Diffusion : Éditions A. & J. Picard, 18 rue Séguier, 75006 Paris Tél. librairie 01 43 26 96 73 -Fax 01 43 26 42 64 contact@librairie-picard.com Toute reproduction de cet ouvrage, autre que celles prévues à l'article L. 122-5 du Code de la propriété intellectuelle, est interdite, sans autorisation expresse de la Société française d'archéologie et du/des auteur(s) des articles et images d'illustration concernés. Toute reproduction illégale porte atteinte aux droits du/des auteurs(s) des articles, à ceux des auteurs ou des institutions de conservation des images d'illustration, non tombées dans le domaine public, pour lesquelles des droits spécifiques de reproduction ont été négociés, enfin à ceux de l'éditeur-diffuseur des publications de la Société française d'archéologie.

The publication in 2013 of the first volume in this series, "Games-Makers to the Empire: Roberts Brothers of Gloucester, 2890 - 1950" has been referenced on Amazon as "5.0 out of 5 stars. The best history of any games manufacturer".
The new volume builds on that work, with hundreds more images of games and products of the company which between the wars was described as the largest makers of games in the country. Profusely illustrated, and including examples of games from publishers with whom Roberts Bros were associated, this book is designed to inspire further research, and perhaps similar publications for other makers.

Signum Leonis, Signum Arietis
Ca. 1100
[Basílica de Saint-Sernin de Toulouse]
Mármol gris de Saint-Béat
134 ✕ 69 ✕ 14,5 cms
Musée des Augustins, Toulouse, Francia
SI/G/NU[m]/L/E/O/NIS/
/S/I/G/NU[m]/ARI/E/TIS/
/H/OC/FU/IT/FA/CT/UM/T/TEMPO/RE/JULII/
CE/SA/RI/S

Centauro Sagitario
Ca. 350 (?)
[Basílica de Saint-Sernin de Toulouse]
Mármol
33,2 ✕ 43,2 ✕ 16,5 cms
Musée des Augustins, Toulouse, Francia

Arpía
Ca. 350 (?)
[Basílica de Saint-Sernin de Toulouse]
Mármol
33,1 ✕ 40,2 ✕ 6,8 cms
Musée des Augustins, Toulouse, Francia

In the end of XI – XII centuries Irish monks Scotti or
otherwise Gaels went on pilgrimage to Germany and founded Benedictine monasteries during the Hiberno-Scottish mission which started in 563 by the Irish monk Columbanus (540 – 615). The St. James Church in Regensburg founded by the Irish monks was a major local pilgrim site of the Southern Germany. As a result of the missionary work of the Irish monks in continental Europe for more than one hundred years we can see the special variation of German Romanesque sculpture representing the complex and sometimes hardly perceptible interlacing (literally and in figurative sense) of the German and Irish traditions.

Key words: Irish missionary, Romanesque sculpture, St. James
Church in Regensburg, pilgrim ways, visions, “Visions of Tundal”,
Schottenkloster.

Le chevalier occupe une place de choix dans les différentes manifestations de l’art roman. Il apparaît sur tous types de supports et sur des œuvres de nature diverse. Cette prolifération de la figure du noble guerrier pose un certain nombre de problèmes d’interprétation, car elle est en mesure de faire référence à des réalités éloignées (bien que connectées) d’ordre historique, littéraire, symbolique, etc. Il convient donc de distinguer entre ces différents types de représentations tout en les replaçant dans leur contexte d’origine afin d’essayer de comprendre le message véhiculé par chacune de ces images, sachant que la teneur de celui-ci oscille sans cesse entre bien et mal. Ainsi, les valeurs chevaleresques s’opposent aux violences guerrières, le combat contre les ennemis de Dieu aux condamnables déprédations et ainsi de suite.

The corpus of ornaments from the Andrija Buvina's doors of Split’s Cathedral consists of ten motifs. The research comprehends its formal and iconographic value. The question of models that inspired Andria Buvina in the elaboration of his motifs is raised. The author seeks to establish to which degree Buvina followed modern Romanesque tendencies and to which degree his work was influenced by local heritage. The study of the iconographical values includes the analysis of particular scenes incorporated in inhabited tendrils, the analysis of the entire ornamental corpus, its place and significance in the iconographic program of the doors.

Nueva revisión sobre el monasterio de San Juan de la Peña, acompañada de nuevos descubrimientos. Entre las novedades destaca la identificación del taller que llevó a cabo la primera fase del claustro, que dejó otras muestras de su trabajo en el Alto Aragón, decorando la iglesia superior de San Salvador en Murillo de Gállego, donde se localizan numerosos capiteles esculpidos por las mismas manos. Se trata de un equipo que bebe en las fuentes del arte jaqués más tardío, concretamente en la obra de los escultores que tallaron el sarcófago de Doña Sancha en la iglesia de Santa María de Santa Cruz de la Serós,,actualmente conservado en el convento de madres benedictinas de Jaca. Se propone así mismo una datación más precisa que en anteriores trabajos para la segunda etapa del claustro, que debió realizarse ya en los años 80 del siglo XII.

Venice and Hungary had an intensive but frequently changing relation in the Middle Ages. The second king of the country originated from the
Orseolo family. The rivalry between Venice and Hungary led to conflicts from the 12th century onward in the Dalmatian region. On the other hand, the commercial connections were flourishing and Venice was the most important trading partner of medieval Hungary. After 1204 Venice played a key role in mediating goods from the Far East as well as from the Arabic and Byzantine world to Central Europe. This is also a turning point in the artistic relations. Before the 13th century, Venetian influences are mostly visible in stone carvings. This stylistic impact originating from Venice seems to diminish during the 13th century, while stylistic connections has been revealed in the field of goldsmithwork – a genre easy to transport.

In the dictionaries there is a common definition of art as ‘‘the expression or application of human creative skill and imagination, typically in a visual form such as painting or sculpture, producing works to be appreciated primarily for their beauty or emotional power.’’ Even in this very simple definition, it can be seen a necessity for the existence of an artist who is creating the art. When it is again looked at the definition of the artist, it says that the artist is ‘‘a person who practices or performs any of the creative arts.’’ As you can see while the very definition art was signifying the artist, the definition of the artist signifies the art. However, in this paper what it is wanted to do is to show the role and importance of another figure -of course without regretting the role, importance, environment and atmosphere of the art and artist- it is the role of the patrons in the artistic expression. It will be seen how important the impacts of the patrons and their positions in the rest of the paper. While demonstrating their impacts on the artist and naturally on the art, it will also be discussed the political, social, economic and philosophical atmosphere of the artists and patrons. In his book, Şair ve Patron, Halil İnalcık claims that together with the rising merchant class and decentralization in the west, it could be seen different power centers and different artistic expressions growing around those centers but in the east, such a kind of economic and political decentralization did not happen therefore the artistic expression had grown around one center which was depending on the land and agricultural production. His claim helped me to chose a specific period while investigating the role and impact of the patrons; it is apparently the Renaissance period which is witnessing the rise of mercantilism, decline of the church authority and increase of the city states and small principles all around Europe. And lastly, when it is chosen the Renaissance as the period to investigate the role and impacts of the patrons in the artistic expression under, it is appeared as a natural outcome of the period; the Medici Family that is the most effective and powerful patron of the period. While investigating their patronage, I have chosen a chronological methodology which will help us to see the reasons and background of the Renaissance art and Medici patronage.

Af de danske middelalderlige døbefonte med figurativ udsmykning udgør de østjyske løvefonte en altdominerende gruppe. 1 Der er tale om ca 180 fonte, som hovedsagelig falder i to ulige store grupper: en meget stor, hvor løverne par-vist er stillet symmetrisk over for hinanden, og en lille, hvor man ser flere efter hinanden gående dyr. Inden for den store gruppe kan man igen skelne mellem fonte, hvor de parvist modstillede løver som bicorporates har faelles hoved-det vaere sig et 'løvehoved' (fig. 2) eller et menneskehoved (fig. 1)-og fonte, hvor dyrene har hver deres hoved (fig. 3). Denne artikel søger at indkredse disse løvers betydninger ved at tage det signifikante og for døbefonte ret enestående dobbeltløvemotiv som udgangspunkt. 2 Og den sammenholder en generel for-ståelsesramme af disse bicorporates-baseret på overordnede kontekster-med konkrete laesninger af en raekke løvefonte i forhold til deres liturgiske funktion og sakramentale kontekst. På den måde prøver den at indkredse og forstå den funktion, disse fonte havde i samtidens kulturelle rum, både ud fra deres pri-maere rolle som døbefonte og ud fra deres performance i forhold til det socio-religiøse univers, de virkede i: Hvilke betydninger har disse fonte mødt deres brugere med? Hvilke bevidsthedsrum talte de ind i? På hvilke måder udfor-drede og formede de menighedernes forestillingsverdener? 3 Fig. 1. Døbefonten i Todbjerg kirke, dobbeltløve med menneskeansigt. Refleksioner over de jyske dobbeltløvefonte

The paper focuses on the Romanesque wooden Crucifix of the church of Sainte-Marie at Cherier Le Vieux Bourg (Loire, Rhônes- Alpes, France). It is stylistically related to some other sculptures originating in the Massif Central region and, in particular, to a Christ from Herment in the Musée de Cluny (Cl. 2149), a Crucifix from Lavaudieu, now divided between the Musée du Louvre (head: r.f. 1662) and the Metropolitan Museum of Art (body: 25.120.221), a head of Christ in the treasury of Clermont-Ferrand cathedral. Furthermore, the Cherier Crucifix appears to be connected to the Madonna and child statues – the most important being in the Metropolitan Museum of Art – attributed to a sculptor conventionally known as “The Morgan Master”. Thus, these wooden sculptures are assumed to have been carved in the workshop of this anonymous master. Some comparisons with Romanesque stone sculpture in the Rhone Valley during the mid-twelfth century are made in order to place the Cherier Crucifix in a chronological and artistic context.

La Puglia del XII secolo fu il fulcro di un pellegrinaggio «circolare» che coinvolgeva Compostella, Roma, Bari, Monte Sant’Angelo e Gerusalemme. Questa rete comportava una concorrenza tra i santuari, che tentavano di offrire ai pellegrini una cultura figurativa aggiornata sulle loro vicende e spesso basata sugli scambi artistici.  Perciò analizzerò un esempio risalente agli inizi del XII secolo, legato ai grandi cantieri di San Nicola di Bari e del Romanico pugliese e al loro possibile rapporto con la cattedrale compostellana lungo le vie di pellegrinaggio verso Santiago. Si tratta di un notevole fenomeno di migrazione di modelli e di ricezione artistica, in cui due insoliti acroteri figurati della cattedrale di Santiago di Compostella eseguiti verso gli anni 1122-1124 trovano una spiegazione soltanto grazie alla conoscenza dell’arte della Puglia normanna

Con la fusione dei due capitoli in una et eadem matrix ecclesia Pergamensis, nel 1189 si concludeva la controversia de matricitate che da tempo opponeva a Bergamo le canoniche di San Vincenzo (in regime di chiesa doppia con Santa Maria) e di Sant'Alessandro (con annessa San Pietro), in relazione a prerogative liturgiche e istituzionali.

Nell’effervescente contesto culturale del secondo XIX
secolo, la coscienza nazionale dell’Italia unifi cata riscopriva
la propria identità storica e le radici artistiche; si
incrementavano i cantieri di scavo archeologico e di
ripristino architettonico: fra i più emblematici quello di
Sant’Ambrogio a Milano. In quest’orizzonte, l’ingegnere
francese Fernand de Dartein (1838-1912) redigeva l’Étude
sur l’architecture lombarde et sur les origines de l’architecture
romano-byzantine, prima e colossale indagine sul
romanico in Lombardia, e svolgeva i suoi sopralluoghi
alla basilica, documentati da schizzi, disegni e planches
acquerellate preparatorie alle incisioni. A cent’anni dalla
morte dello studioso francese, questa ricerca ne ricostruisce
l’indagine e riesamina alcune questioni problematiche,
cronologiche e strutturali, riconsiderando come la
basilica di Sant’Ambrogio nell’Ottocento abbia avuto
nuova vita e sia diventata la basilica che oggi conosciamo.