Libertà, alterità, reciprocità reciprocante. Per un'ontologia trinitaria della libertà, 2018
Il tema della libertà nel mondo moderno ha assunto un ruolo sempre più decisivo e ineludibile, si... more Il tema della libertà nel mondo moderno ha assunto un ruolo sempre più decisivo e ineludibile, sia in campo culturale, politico, sociale, economico sia in campo filosofico, tanto da esserne definita, a partire da Cartesio e, in modo più esplicito, nell’Ottocento, come la «vocazione segreta». Allo stesso tempo essa presenta sempre di più non solo il volto della plurivocità e di un contenuto che sfugge alla presa, rischia di diventare pericolosamente vuoto e pertanto necessita di una riflessione teoretica solida.
Muovendo dalle “conquiste” dell’ontologia della libertà di Pareyson e di Ciancio, e in dialogo con la prospettiva di Severino, l’intervento vuole esplicitare un ripensamento teoretico della libertà alla luce di un’ontologia trinitaria e delle indicazioni tratte dal “concetto”, per così dire, di struttura originaria. Dall’evento trinitario sarà sviluppato il rapporto necessità/realtà, assoluto/arbitrario e più ancora essere/non essere. Da qui si possono sviluppare tre ordini di considerazioni: il primo, attorno al concetto di libertà come inizio, non subordinato al nulla dell’arbitrarietà; il secondo, per cogliere la specificità trinitaria pensando alla relazione agapica come il «prima» di tutto, come fondamento dell’essere definito da una dinamica di reciprocità; infine un contributo per quella «ricategorizzazione» della negatività, in cui il non dell’essere non è il mero nulla che si dischiude nell’atto della scelta di essere da parte della libertà originaria, ma è l’atto di far-essere l’altro.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Uploads
Papers by Davide Penna
Si mostrerà come, nella riflessione trinitaria guglielmiana, piano immanente e piano economico siano intimamente legati. L’azione salvifica della Trinità che conduce alla divinizzazione dell’uomo, infatti, ha la sua forma (intesa come origine, principio e fine) nella vita della Trinità stessa; l’identità dello Spirito Santo come voluntas o amore di Padre e Figlio, è il presupposto, per Guglielmo, del dono salvifico della gratia, che introduce l’uomo in quello stesso abbraccio o bacio che costituisce la vita trinitaria.
Muovendo dalle “conquiste” dell’ontologia della libertà di Pareyson e di Ciancio, e in dialogo con la prospettiva di Severino, l’intervento vuole esplicitare un ripensamento teoretico della libertà alla luce di un’ontologia trinitaria e delle indicazioni tratte dal “concetto”, per così dire, di struttura originaria. Dall’evento trinitario sarà sviluppato il rapporto necessità/realtà, assoluto/arbitrario e più ancora essere/non essere. Da qui si possono sviluppare tre ordini di considerazioni: il primo, attorno al concetto di libertà come inizio, non subordinato al nulla dell’arbitrarietà; il secondo, per cogliere la specificità trinitaria pensando alla relazione agapica come il «prima» di tutto, come fondamento dell’essere definito da una dinamica di reciprocità; infine un contributo per quella «ricategorizzazione» della negatività, in cui il non dell’essere non è il mero nulla che si dischiude nell’atto della scelta di essere da parte della libertà originaria, ma è l’atto di far-essere l’altro.
Spesso gli studi sul pensiero morale di Abelardo hanno insistito solo su una di queste due misure, concependo così la sua riflessione come “sospesa” tra due poli, i quali risultano contradditori se assunti separatamente: il polo di una morale soggettivistica, in cui il giudizio di coscienza sembra schiudersi ad istanze arbitrarie, e il polo di una morale a carattere totalmente religioso tale da escludere un interesse per il pensiero filosofico che si interroga sulla felicità. Solo la categoria di relazione intesa come unità nella differenza concepita alla luce della rivelazione trinitaria, su cui Abelardo eserciterà il suo pensiero lungo tutto il percorso intellettuale, può evitare tale rischio e aprire ad un’ermeneutica che sia, allo stesso tempo, fedele al testo e attenta alle esigenze di fondo espresse dal pensiero abelardiano. In altri termini, solo la dimensione relazionale può rendere ragione dell’interiorità del singolo come luogo di ascolto e possibilità di incontro con l’Altro da sé e portare a percepire il di-fronte, l’ob-jectum, come una chiamata personale alla realizzazione di sé e non, banalmente, un formale vincolo esteriore.
To live the time of ruins. Rereading Job with Luigino Bruni. This philoso- phical and theological contribution wants to bein connection with the economist Luigino Bruni’s recent volume and it consists of six points. The first justifies the economic meaning of the Book of Job. The second focuses on gratuity that is able to understand adequately the person of Job. The third deals with the logic of the ideology of meritocracy through the figures of the “Job’s friends”. The fourth compares human responsibility with the God’s responsibility. The fifth puts Job within the line that leads him to the Crucified. Finally the sixth tries to outline the characteristics of that God who is able to reciprocate the
Job’s gratuity.
Often studies of moral’s thought of Abelard insisted on only one of the two measures conceiving so his reflection as "suspended" between two poles, which are contradictory if taken separately: the pole of a subjectivist moral, in which the judgment of conscience closes to instances purely arbitrary, and the pole of a moral with a character totally religious, such as to preclude any interest to the philosophy that questions on happiness. Only the category of relation, conceived in order to Trinitarian revelation on which Abelard exercise his thoughts unceasingly, can avoid this risk and open to a hermeneutic that is, at the same time, faithful to the text and attentive to the needs expressed by the abelardian thought. In other words, only the relational dimension can account for the interiority of the individual as a place of listening and the possibility of encounter with the Other itself and lead to the perception of-front, the ob - jectum as a personal call to self-realization.
Si mostrerà come, nella riflessione trinitaria guglielmiana, piano immanente e piano economico siano intimamente legati. L’azione salvifica della Trinità che conduce alla divinizzazione dell’uomo, infatti, ha la sua forma (intesa come origine, principio e fine) nella vita della Trinità stessa; l’identità dello Spirito Santo come voluntas o amore di Padre e Figlio, è il presupposto, per Guglielmo, del dono salvifico della gratia, che introduce l’uomo in quello stesso abbraccio o bacio che costituisce la vita trinitaria.
Muovendo dalle “conquiste” dell’ontologia della libertà di Pareyson e di Ciancio, e in dialogo con la prospettiva di Severino, l’intervento vuole esplicitare un ripensamento teoretico della libertà alla luce di un’ontologia trinitaria e delle indicazioni tratte dal “concetto”, per così dire, di struttura originaria. Dall’evento trinitario sarà sviluppato il rapporto necessità/realtà, assoluto/arbitrario e più ancora essere/non essere. Da qui si possono sviluppare tre ordini di considerazioni: il primo, attorno al concetto di libertà come inizio, non subordinato al nulla dell’arbitrarietà; il secondo, per cogliere la specificità trinitaria pensando alla relazione agapica come il «prima» di tutto, come fondamento dell’essere definito da una dinamica di reciprocità; infine un contributo per quella «ricategorizzazione» della negatività, in cui il non dell’essere non è il mero nulla che si dischiude nell’atto della scelta di essere da parte della libertà originaria, ma è l’atto di far-essere l’altro.
Spesso gli studi sul pensiero morale di Abelardo hanno insistito solo su una di queste due misure, concependo così la sua riflessione come “sospesa” tra due poli, i quali risultano contradditori se assunti separatamente: il polo di una morale soggettivistica, in cui il giudizio di coscienza sembra schiudersi ad istanze arbitrarie, e il polo di una morale a carattere totalmente religioso tale da escludere un interesse per il pensiero filosofico che si interroga sulla felicità. Solo la categoria di relazione intesa come unità nella differenza concepita alla luce della rivelazione trinitaria, su cui Abelardo eserciterà il suo pensiero lungo tutto il percorso intellettuale, può evitare tale rischio e aprire ad un’ermeneutica che sia, allo stesso tempo, fedele al testo e attenta alle esigenze di fondo espresse dal pensiero abelardiano. In altri termini, solo la dimensione relazionale può rendere ragione dell’interiorità del singolo come luogo di ascolto e possibilità di incontro con l’Altro da sé e portare a percepire il di-fronte, l’ob-jectum, come una chiamata personale alla realizzazione di sé e non, banalmente, un formale vincolo esteriore.
To live the time of ruins. Rereading Job with Luigino Bruni. This philoso- phical and theological contribution wants to bein connection with the economist Luigino Bruni’s recent volume and it consists of six points. The first justifies the economic meaning of the Book of Job. The second focuses on gratuity that is able to understand adequately the person of Job. The third deals with the logic of the ideology of meritocracy through the figures of the “Job’s friends”. The fourth compares human responsibility with the God’s responsibility. The fifth puts Job within the line that leads him to the Crucified. Finally the sixth tries to outline the characteristics of that God who is able to reciprocate the
Job’s gratuity.
Often studies of moral’s thought of Abelard insisted on only one of the two measures conceiving so his reflection as "suspended" between two poles, which are contradictory if taken separately: the pole of a subjectivist moral, in which the judgment of conscience closes to instances purely arbitrary, and the pole of a moral with a character totally religious, such as to preclude any interest to the philosophy that questions on happiness. Only the category of relation, conceived in order to Trinitarian revelation on which Abelard exercise his thoughts unceasingly, can avoid this risk and open to a hermeneutic that is, at the same time, faithful to the text and attentive to the needs expressed by the abelardian thought. In other words, only the relational dimension can account for the interiority of the individual as a place of listening and the possibility of encounter with the Other itself and lead to the perception of-front, the ob - jectum as a personal call to self-realization.
VOLUME X (APRILE 2017)
1. MICHELE CURNIS, Filologia platonica del XX secolo. Tradizione indiretta. (85)
2. ALESSIO FAEDDA, Le citazioni omeriche in Platone. Effetti della tradizione orale o intenzionali adattamenti. (86)
3. GABRIELE PAPA, Un exemplum della ricezione della filosofia di Platone nel mondo islamico: il Kitāb al-ğāmiʽ di Abū Nasr al-Fārābī e il primato di Aristotele nella storia. (87)
4. GIAMPIERO CHIVILÒ, Alexandre Kojève interprete di Platone. (88)
5. RODOLFO SIDERI, Filosofia come pathos. Platone negli scritti giovanili di Nietzsche. (89)
6. ALFIO RIZZO NAZARENO, Oltre la filosofia. Platone e Nietzsche nel pensiero di Giorgio Colli. (90)
7. ALESSANDRO RAFFI, Da Aristotele a Platone. L’interpretazione heideggeriana del Sofista. (91)
8. PIETRO CONSOLE, «La più alta personalità filosofica di tutti i tempi». Platone secondo l’esistenzialismo neoilluministico di Nicola Abbagnano. (92)
9. SARA DE LEONARDIS, Il Grillo. Una battaglia per la paideia platonica. (93)
10. ROSSANO DE LAURENTIIS, Platone e la storia della scienza secondo Maria Timpanaro Cardini (per i tipi di Carabba). (94)
11. DARIO ZUCCHELLO, Arendt di fronte a Platone. Politica e filosofia. (95)
12. MARINA PAOLA BANCHETTI-ROBINO, Il neoplatonismo nell’ontologia chimica di Jan Baptista van Helmont. (96)
VOLUME XI (APRILE 2017)
1. ROBERTA GALLUZZO, Il Platonismo nel pensiero mistico di Meister Eckhart. (97)
2. LUCA SOCCI, Sperimentare l’eterno. Dalla metafora all’incarnazione tra Platone e Dante. (98)
3. ALESSANDRO RAFFI, Dante e il Timeo nel canto IV del Paradiso. (99)
4. TOMMASO GHEZZANI, Rassegna di studi sul platonismo di Vico. (100)
5. ALESSIO MARCHETTI, Platone e Marx. (101)
6. MARIO LUPOLI, Platone e il concetto di ragione in Horkheimer e Adorno. (102)
7. ANTONELLA FERRARIS, Padre di tutte le Utopie. La persistenza dell’archetipo platonico in Ernst Bloch. (103)
8. ILARIA NIDASIO, Oralità e scrittura. Gadamer e la reinterpretazione, in chiave ermeneutica, della nota tematica. (104)
9. ROBERTA RIO-FRANCESCO ALESSANDRINI, La Dottrina delle Idee e il processo di formazione del pensiero. (105)
10. AURORA CAPORALI, Corneille. Il teatro francese del Seicento dai frammenti de L’illusion cominque, un testo esemplare di platonizzazione. (106)
11. FEDERICA SCOGNAMIGLIO, Il Platone di Forster. Introduzione alla filologia ed agli studi platonici tra Settecento e Ottocento. (107)
12. FEDERICO ZANCANER, Platone e Nietzsche. Aspetti di etica. (108)
13. OLIMPIA ZINZI-MARGHERITA CAPONE, Platone e Nietzsche tra corpo e anima. (109)
14. MAURO MURZI, Aspetti dell’influenza del Timeo sulla scienza occidentale. (110)
15. MARCO DAMONTE, La presenza di Platone nel nachlass di Wittgenstein. (111)
16. GIUSEPPE IURATO, Un raffronto critico fra la teoria platonica delle idee ed il paradosso di Kripke-Wittgenstein. (112)
17. ELENA RUFFONI, Il Menesseno e la funzione critica della storia di Atene nel logos epitaphios platonico. (113)
18. ANTONELLA SENATORE, Un discorso οὐ παντάπασιν ἀπίθανος. Note sulla retorica di Platone. (114)
VOLUME XII (NOVEMBRE 2017)
1. DAVIDE PENNA, Noticiam dei non ratiocinando sed bene vivendo. Presenze platoniche nella Theologia Summi Boni di Pietro Abelardo. (115)
2. FRANCESCO FIORENTINO, Giovanni Duns Scoto di fronte a Platone sulle idee divine. (116)
3. ALBERTO FRANCESCATO, Antropologia dell’Esaltato. Platone fra Hume e Kant. (117)
4. ERICA GAZZOLDI, Laisse du vieux Platon se froncer l’œil austère… Platonismo e suo rifiuto nell’eros di Baudelaire. (118)
5. MARIO LUPOLI, Dmitry Pisarev lettore di Platone. (119)
6. GABRIELE ORNAGHI, Austin e il completamento del pensiero platonico. (120)
7. ALESSANDRO PRATO, Platone e la condanna della retorica. (121)
8. ALBERTO LABELLARTE, Erotica, giustizia e passioni in Platone. (122)
9. LUCA VALENTINI, Sulla tripartizione statuale in Platone, nel mondo indoeuropeo e nel microcosmo umano. (123)
10. MARCO GRUSOVIN, Socrate ebreo. Sul platonismo ebraico di Moses Mendelsshon. (124)
11. Laura Zavatta, Nietzsche nella caverna di Platone. La missione legislatrice dei filosofi. (125)
12. IVAN POZZONI, Il contratto sociale come fondamento del diritto criminale nel momento socratico di Platone. (126)
VOLUME XIII (DICEMBRE 2017)
1. ROSSELLA ATTOLINI, Ἒρως e χωρισμός. Giorgio Colli interprete di Platone. (127)
2. CLAUDIA MAGGI, Il «qualcosa» in Soph. 237c e in Enn. VI 6. (128)
3. ENRICO FALBO, Il rapporto psyche-organi corporei nel Teeteto. (129)
4. PAOLA SCOLLO, Platone e la poesia. La discussione sugli eroi di Omero nell’Ippia Minore. (130)
5. MARCO POTENZA, Gregor Samsa e K. Percezione della realtà platonica in Kafka. (131)
6. ANNA DI SOMMA, Il ruolo di Platone nell’onto-antropo-logia di Ernesto Grassi. (132)
7. ALBERTO LABELLARTE, L’idea di Giustizia in Platone. (133)
8. LOREDANA FILIPPI, Platone e le nuove frontiere della scienza. Dal superamento del dualismo alla fisica dei quanti: verso una nuova escatologia dell’esistenza. (134)
9. NICOLÒ SAMBO, Platone in The Great Chain of Being di Arthur O. Lovejoy. (135)
10. GIOVANNI COVINO, Platone e Tommaso d’Aquino. L’importanza metafisica della nozione di partecipazione. (136)
11. STEFANO ZEN, Riscoperta di Platone e teologie della Riforma: il caso di Thomas Müntzer tra millenarismo e cristianesimo rivoluzionario. (137)
12. ALESSANDRO BATTISTELLI, La questione della tecnica. Dalla techne platonica al dislivello prometeico di Günther Anders. (138)
13. EMANUELE STRACCHI, La Musica in Platone e Nietzsche. (139)
14. EUGENIO CAPITANI, L’universo non gioca a dadi. Principio antropico e cosmologia nel Timeo di Platone. (140)
15. ALDO MECCARIELLO, Un’idea di catastrofe. Platone negli abissi di Atlantide. (141)
VOLUME XIV (MARZO 2018)
1. MARIAPAOLA BERGOMI, Platone a Bisanzio (142)
2. VINCENZO NUZZO, Un’unitaria metafisica filosofico-religiosa entro la continuità tra neoplatonismo pagano e cristiano. Il caso di Gregorio di Nissa (143)
3. CHIARA GELMETTI, Geometria sacra e movimento corporeo. Ripresa dell’ellenismo nelle coreografie del primo Novecento: riemergere del pensiero platonico e legami con la danza italiana del Quattrocento (144)
4. GABRIELE BURATTI, Aspetti di Filosofia della matematica: platonismo e anti-platonismo in Mark Balaguer (145)
5. YURI CONTI, L’interrogazione socratica nei dialoghi platonici: riprese contemporanee ed origini storiche (146)
6. PAOLO GIOVE, Pedagogia della significazione. Strategie paideutiche del dialogos in Platone (147)
7. ELEONORA SELVATICO, Platone e la nascita della metafisica: l’interpretazione heideggeriana del mito della caverna e del Teeteto (148)
8. LUCA PANTALEONE, Il sentiero della verità. Svelatezza e correttezza nel pensiero di Platone (149)
9. PIERO DE COLOMBANI, Il platonismo bifronte di Carlo Michelstaedter (150)
10. VIŠNJA BANDALO, Concetti platonici nell’espressione letteraria di Cristina Campo (151)
11. CHARLOTTE ERRIGHI, La carne, l’ombra e l’armonia. Echi platonici nella riflessione di Denis de Rougemont (152)
12. FRANCESCO LUIGI GALLO, Il Platonismo e la Massoneria. Analisi introduttiva di alcune essenziali corrispondenze (153)
VOLUME XV
1. MARINA PAOLA BANCHETTI-ROBINO, Il minimo, l’unità, e l’universo infinito nella cosmologia vitalistica di Giordano Bruno (154)
2. MARIANNA CERNO, Frater, socius et amicus: l’amicizia nell’agiografia martiriale italiana dell’alto medioevo (155)
3. SERENA CANÈ, L’anima platonica e il “Messaggio di Laodicea”. “Giudaizzanti” di Novgorod: F. Kuritsyn ed altri (156)
4. PAOLA SCOLLO, I sofismi di Socrate. La poetica dello specchio da Aristofane a Platone (157)
5. LUIGI D’ANTO’, Il pastore ed il sarto: “iconologia” della sovranità in Platone (158)
6. MARCO DAMONTE, La presenza di Platone nella Virtue Ethics (159)
7. PAOLO MENEGHETTI, Il demiurgo di Platone ha l’idea di artisticità sui numeri idealmente contratti (160)
8. IGOR TAVILLA, La ricezione di Platone nell’opera di Julius Evola. Una nota interpretativa (161)
9. GIORGIO PANNUNZIO, Qualche riflessione semasiologica sullo pseudo-Platone epigrammista tradotto da Salvatore Quasimodo (162)
10. ANNALISA CHESSA, Immagini nella caverna: la cornice simbolica del mito in Platone e nei suoi “allievi” (163)
11. PAOLA SCOLLO, Il gioco di natura: nostra morte, sua vita. Platone e la dialettica tra uomo e ambiente nel mondo greco (164)
12. OMAR BRINO, Una “voce profetica” in “un’età altrettanto oscura”. Piero Martinetti lettore di Platone (165)
13. NICOLÒ TARQUINI, Platone, il nichilismo e l’Occidente. L’interpretazione della filosofia platonica nel pensiero di Emanuele Severino (166)
14. PIERO DE COLOMBANI, L’eco dell’agathon platonico nel più recente Cacciari (167)
Capitoli Platone voll. I-XIV (fino a Marzo 2018)
Chiara Baldestein
Autografia d'artista nel Tardo Medioevo
Camilla Baldi
La scelta artistica di un capitano di ventura: il ciclo arturiano di Frugarolo
Marianna Cuomo
I plinti affrescati nella Campania altomedievale. La pittura decorativa tra VI e XI secolo
Serena Franzon
Indossare la fede. Gioielli devozionali nel Quattrocento italiano
Martina Giulietti
Il singolare fenomeno della produzione scultorea alabastrina nordeuropea nel tardo Medioevo
Claudia Sanna
Caduta e redenzione: il ciclo scultoreo della chiesa di San Michele di Murato in Corsica (prima metà del XII sec.)
Panel B: FILOSOFIA
Niccolò Bonetti
La teologia della creazione di Matteo d'Acquasparta
Raffaele Cioffi
Alcune rielaborazioni dei generi agiografico e cristologico nell’Inghilterra anglosassone: il caso del Vercelli Book
Davide Penna
Videre est esse. Quando la conoscenza diventa amore. Gnoseologia e ontologia in Guglielmo di Saint-Thierry
Panel C: ARCHEOLOGIA
Andrea Biondi, Marco De Marco
I Longobardi a Fiesole: un osservatorio archeologico per la Toscana dei secoli VI-VIII
Federica Cosenza
Il sistema dei casali della campagna romana: problemi e metodologia d’indagine
Lester Lonardo
Castella et casalia. Insediamenti fortificati e rurali nella bassa valle del Calore: evidenze materiali e documentarie
Assunta Campi
La ceramica da fuoco dall’insediamento di Montella (AV). Tipologie del vasellame in uso in una comunità del IX secolo
Alessia Frisetti
La valle del Volturno nel Medioevo: insediamenti e realtà materiale (VIII-XII secolo)
Elisa Del Galdo, Silvia Lusuardi Siena
Le sepolture nella cattedrale paleocristiana e medievale di Luni (SP)
Elena Dellù, Federica Matteoni, Silvia Lusuardi Siena
Il sepolcreto nella chiesa dei SS. Filippo e Giacomo di Nocetum (MI): dinamiche deposizionali tra altomedioevo ed età moderna
Matteo Crocchianti
I riusi di tipo funerario delle strutture e degli spazi di Età romana tra la Tarda Antichità e l’Alto Medioevo
Lorenzo Curatella
Le necropoli basso medievali italiane
Luigi Quattrocchi
Il fenomeno del mosaico funerario in Italia e isole maggiori nei secoli IV-VII
Sabina Giuliano
Il castello di Rocca Cilento (SA) nel circuito difensivo del territorio cilentano
Federica Matteoni
Edilizia storica nella Provincia di Bergamo: considerazioni preliminari sulle tecniche costruttive, le dinamiche insediative e sociali
Alessandro Mortera
Trasformazioni del paesaggio urbano nell’area del Foro Romano alle soglie del Medioevo: il caso della Basilica Aemilia
Panel D: ARCHITETTURA
Emanuele Gallotta
Il rinnovamento edilizio della città di Ferentino nel XIII secolo: l’architettura civile
Mara Giordano
Tracce tardomedievali nella chiesa di San Simeone Profeta di Camigliano
Angelo Passuello
Le fabbriche romaniche con gallerie nel continente europeo: articolazioni spaziali e possibili funzioni dei cosiddetti “matronei” fra i secoli XI e XII
Enrico Pizzoli
Una copia ideologica: il chiostro di S. Maria degli Angeli in Baida
Giulia Pollini
Restauro, ripristino e invenzione della policromia pittorica nell’architettura medievale. Alcuni esempi tra Napoli e Puglia nel XIX secolo
Panel E: STORIA
Giulio Biondi
Legislazione suntuaria a Venezia, secoli XIII-XV. Proposta per una messa a fuoco e ridefinizione del concetto suntuario, tra storiografia e documenti
Veronica De Duonni
Rivivere nelle preghiere: commemorazione e ritualità in un documento di Montevergine
Elisa Erioli
I costruttori bolognesi nella quotidianità tra Duecento e Quattrocento
Luca Finco
Viabilità antica a servizio di architettura e scultura: il caso del Piemonte centrale trattato tramite statuti medievali
Giulia Spallacci
Nuovi studi sul trattato tra Ancona e Zara del 1388
In questo senso la riflessione morale di Pietro Abelardo rappresenta uno degli snodi più significativi del XII secolo, periodo ricco di trasformazioni e di fermenti culturali notevoli. Il tentativo fondamentale della sua ricerca etica, ovvero di quella riflessione che indaga che cosa l’uomo deve fare per essere felice, è quello di costruire un edificio morale in cui la feconda eredità del pensiero filosofico classico sia armonizzata e rivisitata dal lievito di una riflessione autenticamente cristiana. Da questo stimolante tentativo è conseguita una visione dialetticamente innervata da due misure: quella oggettiva del comando divino come il Tu che accompagna le nostre azioni e ne illumina i passi e quella soggettiva dell’intenzione del singolo come istanza fondamentale per la valutazione etica e, dunque, per la ricerca della felicità.
Spesso gli studi sul pensiero morale di Abelardo hanno insistito solo su una di queste due misure, concependo così la sua riflessione come “sospesa” tra due poli, i quali risultano contraddittori se assunti separatamente: il polo di una morale soggettivistica, in cui il giudizio di coscienza sembra schiudersi ad istanze arbitrarie, e il polo di una morale a carattere totalmente religioso tale da escludere un interesse per il pensiero filosofico che si interroga sulla felicità. Solo la categoria di relazione intesa come unità nella differenza concepita alla luce della rivelazione trinitaria, su cui Abelardo eserciterà il suo pensiero lungo tutto il percorso intellettuale, può evitare tale rischio e aprire ad un’ermeneutica che sia, allo stesso tempo, fedele al testo e attenta alle esigenze di fondo espresse dal pensiero abelardiano. In altri termini, solo la dimensione relazionale può rendere ragione dell’interiorità del singolo come luogo di ascolto e possibilità di incontro con l’Altro da sé e portare a percepire il di-fronte, l’ob-jectum, come una chiamata personale alla propria realizzazione e non, banalmente, un formale vincolo esteriore.
Da qui l’esigenza di approfondire l’etica di Abelardo alla luce del socratismo cristiano, formula coniata da Gilson per descrivere quell’ideale filone filosofico che declina il detto delfico conosci te stesso alla luce dell’idea cristiana di Dio creatore e dell’uomo fatto a Sua immagine e somiglianza.
Ecco, allora, lo scopo dello studio pubblicato: condurre una rigorosa riflessione sulle tematiche morali del pensiero di Pietro Abelardo che evidenzi l’esigenza di concepire le due dimensioni, di cui si è detto, all’interno di un quadro intersoggettivo e relazionale, e non come due sentieri interrotti di un progetto filosofico fallito.
Da qui la consapevolezza che ha guidato il mio lavoro: solo una riflessione filosofica attenta alla dimensione teologica e, allo stesso tempo, un’analisi degli elementi teologici aperta alla domanda di ragione della ricerca filosofica consentono di rinvenire il significato della ‘modernità’ di Abelardo. Non nel senso di vedere in lui uno sbilanciamento verso il soggettivismo bensì di indicarlo tra i più
significativi testimoni della tensione, insita nell’autentico umanesimo, tra un pensiero che si interroga su ciò che è pienamente umano e, in questa ricerca, cura e indaga il rimando alla trascendenza.
Ecco, allora, la forma della morale abelardiana, ovvero la sua causa di intelligibilità, il punto prospettico da cui osservarla al fine di comprenderla: un’etica della relazione in cui il riferimento soggettivo e quello oggettivo sono salvaguardati e vissuti come tali nella dimensione dell’intersoggettività. È da questo assunto che occorre guardare ai temi emersi, i quali a tutta prima possono sembrare sofismi estranei alla nostra sensibilità: che senso ha ragionare sulla vera natura del peccatum, disquisire su quando e perché si possa dire volontario, sul significato di vitium e virtus, di voluntas, sul rapporto tra intentio e opus, sulla legge di natura e sul suo valore salvifico? Tutta questa ricerca, a ben vedere, fa riferimento ad una visione della morale come disciplina che apre ad una relazione fondante la vita dell’uomo. Una relazione dell’io con l’Altro, che apre all’incontro autentico con gli altri. Inoltre, proprio perché etica della relazione, essa fa riferimento a due realtà viventi, quella di Dio e quella dell’uomo. Da questa relazione tra viventi scaturisce una visione etica che non si acquieta mai in una conoscenza di termini da ripetere, in una precettistica da apprendere, bensì una riflessione che s’incarna in un approfondimento continuo della verità, in una consapevole problematizzazione del reale e, in altri termini, in una euristica del vivente. Abelardo può, dunque, insegnare molto anche a noi che viviamo nell’epoca della globalizzazione alle prese con una categoria, quella della relazione, da ripensare e con un rapporto con la realtà da riapprendere dopo l’onda lunga delle ideologie che hanno piegato per decenni il reale all’idea. Ecco, allora, il contributo della riflessione abelardiana alla storia del pensiero: in essa può essere rinvenuta una tra le più feconde radici di un umanesimo integrale. Riprendo consapevolmente l’espressione dall’opera di Jacques Maritain. Egli designa con essa quell’umanesimo che vede nella capacità dell’uomo di andare oltre se stesso la sua vocazione e la sua dignità, e allo stesso tempo l’unica via d’uscita da un umanesimo tragico in quanto chiuso alla trascendenza. L’uomo è chiamato a trascendersi in una relazione autentica e liberante con l’A/altro da sé, diversamente decade in un disperante umanesimo inumano, che lo chiude in se stesso e lo rende schiavo.
Il punto di partenza della meditazione del monaco cistercense è un profondo desiderio di vedere il volto di Dio, di essere in comunione (fruire) con Lui al punto di vederLo faccia a faccia, come promette la Scrittura. In particolare nel Commento al Cantico dei cantici Guglielmo cerca di spiegare da dove provenga questo profondo desiderio di Dio e quale esperienza l’abbia provocato. Egli medita sulle figure dello Sposo e della Sposa del Cantico per descrivere il rapporto tra Dio in Gesù Cristo e l’anima che si converte a Lui. L’esperienza della conversione e della misericordia di Dio introduce l’anima nelle ricchezze dell’amore divino ma una volta introdotta in queste dispense, l’anima perde la presenza dello Sposo che, improvvisamente, esce. È, dunque, l’esperienza dell’assenza e dell’abbandono dello Sposo, Gesù Cristo, a provocare l’anima alla ricerca.
In questa ricerca riveste un ruolo centrale il tema della visio Dei. Nella terza Meditatio Guglielmo chiarisce come vedere Dio significhi essere Dio, introducendo così un forte nesso tra contemplazione di Dio e fruizione, unione con Lui . L’importanza dell’equazione videre est esse risiede nella conseguenza che dispiega, ovvero il legame tra strategia conoscitiva (gnoseologia) e ciò che costituisce l’essere nella sua essenza (ontologia) e, allo stesso tempo, nella causa di cui è effetto: la dimensione trinitaria. È tale aspetto che permette l’identità tra essere e vedere, e Guglielmo lo sottolinea. L’essere si dispiega come vedere, e il vedere come essere, se e solo se esso è costituito da un di-fronte, vissuto nella misura in cui è riconosciuto nella donazione. Il vedere implica un di-fronte e se l’azione del vedere è indicata come essere significa che è la relazione di riconoscimento a definire ciò che è .
Per Guglielmo ciò che permette all’uomo di accedere a tale conoscenza di Dio è l’amore. Nello scritto giovanile De natura et dignitate amoris egli mostra i gradi dell’amore da percorrere se si vuole arrivare alla perfezione. Il vertice di questo percorso è indicato nella sapientia. Essa risiede nella mente (mens), facoltà dell’anima con la quale ci uniamo a Dio, e consiste nel gustare ciò che è Dio, nell’essere in comunione con (fruire), Lui. La conoscenza che qui si ha di Dio coincide con quella che Dio ha di se stesso e, attraverso la sapientia, lo spirito umano penetra nella vita stessa della Trinità. Lo Spirito Santo, che è la charitas che unisce Padre e Figlio ed è, allo stesso tempo, la conoscenza che li lega, discende sull’uomo e fa sì che egli ami Dio con lo stesso amore con la quale Egli ama se stesso, e dimori in Lui nell’unitas spiritus.