published in "Intersezioni. Rivista di storia delle idee" (il Mulino), a. XXXII, n. 3, dec. 2012, 463-479
The paper discusses the phenomenon of self-narration on the Web 2.0 (net-autobiographism), focusi... more The paper discusses the phenomenon of self-narration on the Web 2.0 (net-autobiographism), focusing on its philosophical relations with the crux individual/society.
Firstly, net-autobiographism features are described: activity and passivity in writing; multi-mediality; adjustments in the web-writer written corpus and alterations in her/his subjectivity.
Then, by sketching analogies between net-autobiographism and the sociological tool of biographical interviews, a rethinking of social sciences methods is proposed. Net-autobiographism may show new structures of our current existential conditions, both singular and collective.
Finally, net-autobiographism may suggest a different theoretical shape of subjectivity, shifting between deconstruction and reconfiguration, active emancipation and unaware subjection to the Web 2.0 device, constitutively related to socialisation/de-socialisation dynamics.
Keywords: Web 2.0, Net-autobiographism, Social Relations, Subjectivity, Social Sciences.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Uploads
Books by Igor Pelgreffi
Cosa resta, oggi, di Derrida? Che tipo di riflessione è oggi possibile sulla sua opera? Questo libro raccoglie tredici interviste inedite a filosofi e intellettuali italiani che ripercorrono il proprio rapporto con la figura e il pensiero di Jacques Derrida, sia da un punto di vista teorico che biografico. Muovendo da acquisizioni, allontanamenti e qualche retroscena, il libro ricostruisce la figura di Derrida mediante una molteplicità di voci, differenti sia per formazione che per età anagrafica: un “ritratto cubista” che restituisce un’immagine tutt’altro che unitaria. Indagando il modo nel quale i protagonisti delle interviste si confrontano e (si) riflettono sull’oggetto rappresentato (Derrida), indirettamente il libro rappresenta anche un’indagine sulla filosofia italiana del secondo Novecento e sulle ragioni della ben nota difficoltà di assimilazione della riflessione derridiana. E sui possibili problemi da ciò sollevati: che cosa accadrebbe se Derrida fosse davvero compreso?
Contributi di: Valerio Adami, Stefano Agosti, Gianfranco Dalmasso, Silvano Facioni, Maurizio Ferraris, Manlio Iofrida, Riccardo Panattoni, Silvano Petrosino, Caterina Resta, Pier Aldo Rovatti, Carlo Sini, Gianni Vattimo, Francesco Vitale
Il libro indaga da un lato il concetto di autobiografia in Derrida, e dall’altro la morfologia del suo autobiografismo (proponendo anche nuove prospettive sul giovane Derrida). Il libro pone, cioè, la questione filosofica di quale rapporto sussista tra l’autos dell’autobiografia e la decostruzione.
Il punto cruciale è il seguente: l’autos (di Derrida) scrive la decostruzione, ma, reversibilmente, l’autobiografismo di Derrida registra e verbalizza l’autos. La proposta teorica del libro è che la relazione disarmonica tra concetto e scrittura convochi un “terzo livello”, cioè la scrittura dell’autos: dispositivo di sconfinamento tra l’auto-produzione di una forma teorica e l’immotivazione di una scrittura esistenziale in prima persona.
Ma il tema non riguarda solo la riflessione di Derrida. Noi non sappiamo che cos’è l’autos. L’autos è il luogo (e il tempo) impossibile del soggetto, punto cieco attorno al quale ruotano, da sempre, la psicoanalisi e la filosofia. Ma autos è anche un segno limite: segno – ossia qualcosa che sta per qualcos’altro – che significa se stesso (autos). Al contempo, autos rimanda all’automatismo, allo scatto involontario pre-simbolico nel vivente. Con l’automatismo si riporta al centro il corpo del filosofo e la sua doppia pulsione: quella a inseguire il concetto; quella a ritrarsi scrivendo.
Nel suo senso più generale, il libro suggerisce dunque l’opportunità di un ripensamento dei rapporti tra analisi e automatismo, tra ambiguità del corpo e processo di formazione di un’identità teorica, rivalutando alcune zone di soglia come, eminentemente, la soglia sonno-veglia.
La soglia sonno-veglia, dove tra i due termini va pensata una reversibilità costitutiva, viene in definitiva individuata come la zona fondamentale dell'essere umano e della filosofia. Il "passaggio" sonno-veglia è il luogo in cui agisce la scrittura dell'autos.
La riflessione di Slavoj Žižek, fra i più discussi intellettuali contemporanei, è un tentativo di risposta a tali interrogativi. Questo libro ricostruisce i maggiori aspetti storico-biografici del lavoro del filosofo sloveno, ne evidenzia la centralità dello stile-provocazione e dell’innovativo rapporto con i media, e ne approfondisce i principali snodi teorici: il soggetto, il Reale, l’immaginario, la critica all’ideologia, il cinema, la contraddizione. Ma anche il tempo e l’esistenza.
Marx, Hegel, un’originale interpretazione e uso della psicoanalisi lacaniana, unitamente a un rapporto, sia pure critico, con Heidegger e con Derrida, sono le coordinate entro cui si organizza il MATERIALISMO DIALETTICO PSICOANALITICO di Žižek.
Un pensiero tra i meno philosophically correct della scena attuale ma che conserva intatta la propria capacità teorica e politica fondamentale: rivelare la struttura dell’auto-inganno, mediante una presa in carico di ogni aspetto dell’esistente.
Other by Igor Pelgreffi
Papers by Igor Pelgreffi
Firstly an analysis about Derrida discussion of Ornette Coleman thesis will be given, both on the text "La langue de l’autry" then of the text "Joue – le prénom", concerning mostly the relationship between composition and improvisation.
Then it will be discussed the possible role of corporeity to integrate somehow Derrida’s approach on improvisation, stressing the concept of non savoir and also the undecidability and un-programmable quality of time and space, with regard to the structure of the événement typical of an improvisational frame.
Finally, the essay stresses the theoretical point that we do not know if an improvisation is really possible, but we can radically re-think to its shape and limits assuming a different point of view, centred on the body.
L’articolo prende in esame il caso di Jacques Derrida attore di se stesso in dock-film, e approfondisce alcuni temi, fra cui l’isomorfismo tra “scrittura filosofica” e “montaggio”. Può il filosofo essere - lui stesso, nel suo corpo proprio - il limite della rappresentazione filosofica?
a) la estructura lógica de la especulación ;
b ) el funcionamiento del capitalismo informaciones ;
c ) los juegos de azar y apuestas (tanto en una parte teórica y existencial ).
Cosa resta, oggi, di Derrida? Che tipo di riflessione è oggi possibile sulla sua opera? Questo libro raccoglie tredici interviste inedite a filosofi e intellettuali italiani che ripercorrono il proprio rapporto con la figura e il pensiero di Jacques Derrida, sia da un punto di vista teorico che biografico. Muovendo da acquisizioni, allontanamenti e qualche retroscena, il libro ricostruisce la figura di Derrida mediante una molteplicità di voci, differenti sia per formazione che per età anagrafica: un “ritratto cubista” che restituisce un’immagine tutt’altro che unitaria. Indagando il modo nel quale i protagonisti delle interviste si confrontano e (si) riflettono sull’oggetto rappresentato (Derrida), indirettamente il libro rappresenta anche un’indagine sulla filosofia italiana del secondo Novecento e sulle ragioni della ben nota difficoltà di assimilazione della riflessione derridiana. E sui possibili problemi da ciò sollevati: che cosa accadrebbe se Derrida fosse davvero compreso?
Contributi di: Valerio Adami, Stefano Agosti, Gianfranco Dalmasso, Silvano Facioni, Maurizio Ferraris, Manlio Iofrida, Riccardo Panattoni, Silvano Petrosino, Caterina Resta, Pier Aldo Rovatti, Carlo Sini, Gianni Vattimo, Francesco Vitale
Il libro indaga da un lato il concetto di autobiografia in Derrida, e dall’altro la morfologia del suo autobiografismo (proponendo anche nuove prospettive sul giovane Derrida). Il libro pone, cioè, la questione filosofica di quale rapporto sussista tra l’autos dell’autobiografia e la decostruzione.
Il punto cruciale è il seguente: l’autos (di Derrida) scrive la decostruzione, ma, reversibilmente, l’autobiografismo di Derrida registra e verbalizza l’autos. La proposta teorica del libro è che la relazione disarmonica tra concetto e scrittura convochi un “terzo livello”, cioè la scrittura dell’autos: dispositivo di sconfinamento tra l’auto-produzione di una forma teorica e l’immotivazione di una scrittura esistenziale in prima persona.
Ma il tema non riguarda solo la riflessione di Derrida. Noi non sappiamo che cos’è l’autos. L’autos è il luogo (e il tempo) impossibile del soggetto, punto cieco attorno al quale ruotano, da sempre, la psicoanalisi e la filosofia. Ma autos è anche un segno limite: segno – ossia qualcosa che sta per qualcos’altro – che significa se stesso (autos). Al contempo, autos rimanda all’automatismo, allo scatto involontario pre-simbolico nel vivente. Con l’automatismo si riporta al centro il corpo del filosofo e la sua doppia pulsione: quella a inseguire il concetto; quella a ritrarsi scrivendo.
Nel suo senso più generale, il libro suggerisce dunque l’opportunità di un ripensamento dei rapporti tra analisi e automatismo, tra ambiguità del corpo e processo di formazione di un’identità teorica, rivalutando alcune zone di soglia come, eminentemente, la soglia sonno-veglia.
La soglia sonno-veglia, dove tra i due termini va pensata una reversibilità costitutiva, viene in definitiva individuata come la zona fondamentale dell'essere umano e della filosofia. Il "passaggio" sonno-veglia è il luogo in cui agisce la scrittura dell'autos.
La riflessione di Slavoj Žižek, fra i più discussi intellettuali contemporanei, è un tentativo di risposta a tali interrogativi. Questo libro ricostruisce i maggiori aspetti storico-biografici del lavoro del filosofo sloveno, ne evidenzia la centralità dello stile-provocazione e dell’innovativo rapporto con i media, e ne approfondisce i principali snodi teorici: il soggetto, il Reale, l’immaginario, la critica all’ideologia, il cinema, la contraddizione. Ma anche il tempo e l’esistenza.
Marx, Hegel, un’originale interpretazione e uso della psicoanalisi lacaniana, unitamente a un rapporto, sia pure critico, con Heidegger e con Derrida, sono le coordinate entro cui si organizza il MATERIALISMO DIALETTICO PSICOANALITICO di Žižek.
Un pensiero tra i meno philosophically correct della scena attuale ma che conserva intatta la propria capacità teorica e politica fondamentale: rivelare la struttura dell’auto-inganno, mediante una presa in carico di ogni aspetto dell’esistente.
Firstly an analysis about Derrida discussion of Ornette Coleman thesis will be given, both on the text "La langue de l’autry" then of the text "Joue – le prénom", concerning mostly the relationship between composition and improvisation.
Then it will be discussed the possible role of corporeity to integrate somehow Derrida’s approach on improvisation, stressing the concept of non savoir and also the undecidability and un-programmable quality of time and space, with regard to the structure of the événement typical of an improvisational frame.
Finally, the essay stresses the theoretical point that we do not know if an improvisation is really possible, but we can radically re-think to its shape and limits assuming a different point of view, centred on the body.
L’articolo prende in esame il caso di Jacques Derrida attore di se stesso in dock-film, e approfondisce alcuni temi, fra cui l’isomorfismo tra “scrittura filosofica” e “montaggio”. Può il filosofo essere - lui stesso, nel suo corpo proprio - il limite della rappresentazione filosofica?
a) la estructura lógica de la especulación ;
b ) el funcionamiento del capitalismo informaciones ;
c ) los juegos de azar y apuestas (tanto en una parte teórica y existencial ).
in “aut aut", n. 367, fascicolo “Con Nietzsche”, luglio-settembre 2015, pp. 157-171.
L’articolo indaga le implicazioni filosofiche del saggio del 2009 di Richard Sennett "How I write: Sociology as Literature", nel quale l’autore si sofferma su un caso particolare di abilità tecnica, cioè la propria scrittura. Mediante un raffronto con le posizioni teoriche espresse nel libro di Sennett del 2008, "The Craftsman" (tr. it. L'uomo artigiano), si mostra come in Sennett sia reperibile una nuova idea di tecnica. In questo caso, la Craft viene però autoriferita alla propria scrittura, intesa come caso particolare del lavoro intellettuale. Questa torsione può aprire a un approfondimento del tema del soggetto.
In particolare il saggio interroga le morfologie di una relazione aperta e mobile tra soggetto (non solo individuale) abilità tecnica e lavoro. Lo scopo finale è quello di sondare la possibilità di una trasformazione delle esistenze in epoca globalizzata, da ottenersi entro una visione del lavoro ricalibrata secondo un paradigma ibrido, dove l'elaborazione del soggetto non sia né totalmente attiva, né totalmente passiva o eterodiretta.
In this quite original Italian novel, build on the absurd of a last-man schema, the anti-hero who is the unique survivor to a totally unexpected humanity disappearance. Living on without “the others” means from the one hand living with machines still working and, from the other hand, experimenting renewed relations with flora, animals and, generally speaking, nature.
The result is that subjectivity is completely redefined, but it is not clear the axiology of that alteration. The empty world shows, at the end, the constitutive ambiguity of every world and, at the same time, of every subject living-in-the-world: it reveals itself as an utopia as well as a dystopia.
– can be attempted. A concrete example of this engagement may be the theoretical-practical question of
Derrida’s interviews. They may somehow be conceived as an inventive effort of hybrid writing, where singularity appears both problematically disarticulated and ‘democratically’ interlaced to the outside.
Firstly, net-autobiographism features are described: activity and passivity in writing; multi-mediality; adjustments in the web-writer written corpus and alterations in her/his subjectivity.
Then, by sketching analogies between net-autobiographism and the sociological tool of biographical interviews, a rethinking of social sciences methods is proposed. Net-autobiographism may show new structures of our current existential conditions, both singular and collective.
Finally, net-autobiographism may suggest a different theoretical shape of subjectivity, shifting between deconstruction and reconfiguration, active emancipation and unaware subjection to the Web 2.0 device, constitutively related to socialisation/de-socialisation dynamics.
Keywords: Web 2.0, Net-autobiographism, Social Relations, Subjectivity, Social Sciences.
Gambling’s proliferation, especially its on-line version, highlights the existence of a deep-rooted bond between the structure of time and the structure of informational capitalism. Gambling on time-related events and speculating of the outcome of one’s actions is fairly characteristic of the human species in general, but gambling is also at the logical core of capitalism. The paper examines several aspects of this topic, starting from today’s severe paucity of jobs (which determines a negative alienation) and stressing the analogies between the web-gambler and the web-broker. Moving from the perception and activity/passivity chiasm of being on-line (considered as a new techno-anthropological level of the question of time itself) and across a theoretical field leading through Dostoevskij, Bataille and Gargani, the paper inquires into the possibility of breaking out from the speculative-capitalist system. Without eschewing the pessimistic context, the author speculates as to whether there may be a savoir allowing for a positive alienation from time by incorporating chance into thought. Is it still possible to take time so as to accord a place to the body and its hesitancies?
Il tempo della scommessa
La grande diffusione del fenomeno del gioco d’azzardo, in particolare on-line, riporta alla luce la profondità del nesso fra struttura del tempo e struttura del capitalismo informazionale. L’uomo è un animale che scommette sul tempo e che specula sulle proprie azioni. Ma la speculazione è anche il centro logico del capitalismo. Lo scopo del saggio è di tracciare qualche analisi intorno a questi nodi, partendo dai dati di un’assenza di lavoro che determina un’alienazione negativa e delle analogie fra il web-gambler e il web-broker. Soffermandosi sui problemi della percezione e del chiasma attività/passività dell’on-line come nuovo livello tecno-antropologico del problema del tempo, grazie a un percorso fra Dostoevskij, Bataille e Gargani il saggio si chiede se uno smarcamento dal sistema speculativo-capitalistico possa essere ancora tentato. Pur non uscendo da questo scenario pessimistico, il saggio tenta di valutare gli spazi possibili oggi per un savoir che consenta una positiva alienazione dal tempo, ottenibile mediante l’incorporazione del caso e della chance nella morfologia del pensiero. La questione finale è quella se, lasciando un ruolo al corpo e alle sue esitazioni, si possa ancora prendere (il) tempo.
Indice.
1. Gadda e la radio: una relazione non risolta.
2. Cenni biografici e intellettuali.
3. La "produzione" di Gadda per la radio.
4. "Norme per la redazione di un testo radiofonico" (1953).
5. Il costo del tempo radiofonico e la forma delle idee.
6. Digressione: osservazioni sul carattere ibrido del testo radiofonico.
7. Il problema del microfono e del corpo.
di Andrea Sartini
In che modo l'uomo si pone di fronte al vuoto? Poche domande come questa
riescono a cogliere l'esigenza profonda che attraversa l'opera del filosofo
Slavoj Zižek. La domanda è posta da Igor Pelgreffi intorno alla metà del suo
piccolo e densissimo lavoro sul filosofo sloveno. In che senso questa
domanda è a tutti gli effetti una domanda chiave? Una risposta può essere
che la passività dell'uomo nel cedere al sistema ideazionale dominante ipercapitalista
indica l'incapacità di quest'ultimo di sostenere questo vuoto.
Cosa garantisce il sistema? Il sistema ideazionale garantisce narcosi e
sedazione, più nello specifico la sedazione è prodotta dalla girandola dei
gadgets che promettono di riempire la faglia e la divisione che noi stessi
siamo in quanto soggetti. È assai lucido Pelgreffi nel sottolineare che "il
Reale accade e che noi non siamo in grado di incorporarlo nel nostro
apparato difensivo-simbolico: ci forma, ma è insopportabile, o, meglio, è il
non supportabile dal soggetto". Il punto sta nel comprendere che, è a partire
dalla consapevolezza che l'uomo non è "fatto" per sopportarlo, che si innesca
lo stordimento portato avanti dall'universo del consumo. Le merci servono
per farci dimenticare che siamo mancanza, siamo faglia, siamo reale.
Nel suo Il soggetto scabroso, Zižek ci ricorda che "L'Io è tenuto a incontrare
qualcosa di estraneo all'interno di se stesso". Occorre capire che tipo di
rapporto intratteniamo con questa estraneità: l'analisi scommette sulla
possibilità dell'esposizione a questa estraneità reale, il capitale lavora,
attraverso l'ingiunzione al consumo iperbolico di oggetti, all'esorcismo di
questa estraneità. I gadgets hanno il compito di nascondere il nostro essere
strutturalmente soggetti a extimitè. In uno degli ultimi capitoli del libro
Pelgreffi si domanda se Zižek sia un pensatore politico. Non avrei dubbi nel
definirlo tale se non fosse che per l'insistenza con cui richiama il motivo
decisivo dell'autoalienazione primigenia che caratterizza l'umano. Zizek ci
dice con chiarezza che nessun processo di emancipazione è possibile se non
affrontiamo quello che Pelgreffi individua come "problema psico-ontologico
del vuoto" che è come dire nessuna politica possibile senza un
riposizionamento nei confronti del Reale che siamo.
Chi oggi pone il problema politico senza prima soffermarsi sul rapporto che l'umano
intrattiene con il vuoto non coglie la particolare forma che la servitù
volontaria ha assunto nel nostro tempo, una servitù nei confronti del gadget
che illusoriamente ci fa dimenticare la lacuna che siamo. Non è dunque
difficile capire che la partita si giocherà sulla capacità o meno che avremo di
formarci al vuoto. Formarsi al vuoto/Reale è rendersi indisponibili per gli
apparati di cattura. Il libro di Pelgreffi fa segno verso questa indisponibilità.
tra moderno e postmoderno (Marco Gatto, Luca Viglialoro eds.) Galaad Edizioni 2011.
In questo quadro, l’idea da cui muoverà il mio contributo è la seguente: per tentare di comprendere meglio la nozione di sur-vie, perché non proviamo a soffermarci sul suo luogo d’origine?
A tal fine, prenderò in esame alcuni luoghi testuali di Otobiographies e di Speculare - su “Freud" (entrambi ricavati dal seminario ENS del ’74-’75 inedito "la vie la mort"), isolandone qualche figura, e postulando che in effetti sia questo il luogo d'origine della nozione di sur-vie.
Mostrerò, in particolare, come:
1) anche la nozione derridiana di autobiografia, e l'interesse autobiografico che via via si manifesterà negli anni in numerose parti del corpus derridiano, prende corpo in quegli stessi anni e in quegli stessi testi, e come il concetto di autobiografia costituisca una parte integrante del campo semantico in cui si forma la sur-vie;
2) la nozione di sur-vie si intersecava là con altri temi e con un certo lessico:
2. a) l’idea di vita come dissimulazione;
2. b) l’idea di produzione e l’idea di vita come auto-riproduzione;
2. c) l’idea di vita come plusvalore;
2. d) l’idea di speculazione.
Porrò infine l’accento su una sincronia: stando ai testi che leggerò Derrida utilizzava questa terminologia (2.a, 2.b, 2.c, 2.d) contemporaneamente sia nella sua componente nietzschiana che in quella marxiana.
La mia domanda finale diviene pertanto la seguente: la sur-vie può esser vista come nozione in cui il rapporto tra vivente e produzione, o tra automatismo e finzione, è inteso da Derrida anche entro un sistema di coordinate “a metà strada” tra Nietzsche e Marx?
My aim is a) to point out some aspects of Derrida’s interviews, and then b) relate them to our net-anthropological condition.
Interviews to philosophers (also in their formal extensions: video-interviews or documentary films) are currently very widespread. Anyway they represent an unusual and hybrid form of discours, menacing the very idea of philosophical discours [...]
The experience of Derrida in docu-films (and his subsequent reflections on it) – where he is actor of himself – will be analysed. The concrete ex-position of his discourse to heterogeneous registers (music, images, cutting, direction) and the not full control on his own image (suspended between private and public) may consistently modify the paradigm of self-representation and self-recognition.
Subjectivity vacillates between conscious attention and automatism, between mastery and letting ‘the other’ traverse me. Precisely in the ambiguous space between activity and passivity, non-violence can arise within subjectivity and unceasingly reconfigure it.
I also argue that being active/passive, as well as actors/directors, may be a pervading condition nowadays, thinking to the increasing net-anthropological dislocation – and reconfiguration – of identity, and of one’s own images, scripts and written remains.
The statute of one’s own image (public/private, external/mental) is changing; one must accept a partial ex-author/isation on one’s own products (intellectual or ethical-political), and learn to manage the transformation. This management works as a (paradoxical) new form of non violent engagement politique, a very primitive and modest pattern of commitment, but possibly necessary.
Can a philosophical recalibration of the concept of singularity be a strategy for a better comprehension of today’s rhizomatic individualism? In this work I will try to answer mainly by focusing the concept of singularity in Deleuze’s works.
First I will analyses its main theoretical features (evenemential dimension within the experience; ‘neutral’ pre-individuality) and their social-political implications (reformulation’s vector of the couple individual/society; creative-morphogenical role within the democratic texture of inter-singular relations).
I will then compare it with the Derridean notion of singularity, by stressing analogies (implosivity and decentered centre of the political) and discrepancies (a quite unexpected existential side in Derrida’s conception).
A Deleuzian-Derridean hybrid paradigm will be outlined: singularity can be seen both as the necessary (theoretically and politically) an-archical performativity of the demoractic, and as the singular point (here-and-now) of the atopic and, somehow, utopic à venir of democracy.
I will finally explain how this complexity runs through a number of urgent questions, from cyberdemocracy to net-anthropology, not excluding the issue of the ambiguous a-sociality of social networks. I suggest also how from this paradigm a reformulation of the singular political engagement can be pursued.
Data evento: 13 luglio 2016
The Future of Deconstruction. On Derrida's Archives
13 luglio 2016 – Laboratorio di Filosofia e Linguaggi dell'Immagine
10:30 - 13:30
Introduction: Francesco Vitale
(Università di Salerno)
Geoffrey Bennington
(Emory University – Atlanta)
Peggy Kamuf
(University of Southern California – Los Angeles)
Mauro Senatore
(Universidad Diego Portales – Santiago de Chile)
Thomas Clément Mercier
(King's College – London)
15:00 - 18:00
Silvano Facioni
(Università della Calabria)
Ronald Mendoza de Jesus
(University of Southern California – Los Angeles)
Raoul Frauenfelder
(Università di Salerno)
Igor Pelgreffi
(Università di Verona)
with: Ubaldo Fadini, Stefano Marino, Enrico Ghezzi, Igor Pelgreffi, Andrea Sartini, Eleonora De Conciliis, Vincenzo Cuomo, Riccardo Panattoni, Daniele Goldoni, Fabrizio Scrivano
The main idea of the talk is that a paradigm of the body (corporeity) is needed in order to think together activity and passivity at various levels (individual but also social: there are many automatisms in the singole act (practical or intellectual) and in the social acts.