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Vox Obnubilata

Testo dell'intervento al convegno “Lux Obnubilata, 350 anni dalla prima edizione dell’opera di Francesco Maria Santinelli”, tenutosi a Pesaro il 9 settembre 2016.

VOX OBNUBILATA per una lettura alchemica della Lux santinelliana Davide Riboli Intervento al convegno “Lux Obnubilata, 350 anni dalla prima edizione dell’opera di Francesco Maria Santinelli”, tenutosi a Pesaro il 9 settembre 2016 Quando ho iniziato a ragionare sui possibili contenuti della mia partecipazione a questa giornata di studi santinelliani sono stato sedotto dall’idea di limitare il mio intervento ad una semplice lettura di alcune strofe della Lux Obnubilata. Vi ho rinunciato, rendendomi conto che ogni intento del genere si sarebbe macchiato di quel peccato originale che è la volontà che alberga in ogni azione, specie di natura performativa. Tuttavia l’idea di lettura ed in particolare di lettura di testi di carattere alchemico in forma di poesia rimane per me un argomento di grande fascino. Il mio contributo si limiterà dunque ad una modesta proposta di lettura da praticare di fronte ad una così particolare forma di scrittura. Un contributo che, a rigor di logica avrei dovuto intitolare Lucis Obnubilatae Voces Paginarum, ma l’assonanza tra vox e lux si è rivelata una tentazione davvero irresistibile. Gli argomenti di cui ci occupiamo oggi sono territori e paesaggi che esigono dai propri visitatori un’attitudine da lâneur, ma la necessità di sintesi mi impone un passo di corsa. Per parafrasare Zolla, limiteremo lo sguardo a poche verità oggettive esposte in evidenza. Lux Obnubilata è un libro che riporta questioni di carattere alchemico in forma poetica. Dalla sua prima edizione a oggi sono passati tre secoli e mezzo durante i quali non ha cessato di stimolare interesse ed ammirazione nei suoi lettori, specie quando questi lettori erano di tipo particolarissimo, come ad esempio Isaac Newton. È evidente che la scrittura del Santinelli è viva e gode di ottima salute. E tuttavia parliamo di una forma di scrittura particolarmente criptica, il cui simbolismo protegge il dispiegarsi del proprio signiicato ultimo attraverso una molteplicità di metafore ed artiici linguistici pressoché impossibili da decodiicare interamente. E qui dobbiamo notare che la medesima cripticità è intrinseca anche ad altri capolavori alchemici, come, solo per fare un paio di esempi, l’ Atalanta Fugiens o il Liber Mutus. Che tipo di lettura viene richiesta – o rimane possibile – a noi moderni da questa scrittura ainché il suo testo non si limiti ad una mera trasmissione simbolica in forma di signiicanti ordinati in uno schema poetico, ma possa diventare uno strumento attivo nella trasformazione profonda del lettore? Esiste cioè una “lettura alchemica” da praticare in fronte ad una alchemica scrittura? Sono certo che una lettura del genere esista e che la sua pratica, come ogni atto d’Amore sia una questione privatissima. Si tratta di una lettura che, per dirla con Evola, può nascere solo da una rivolta contro il mondo moderno e la sua più ottusa ricerca di consumo di senso. Una lettura che pratichi lo smarrimento del senso e che attraverso questo conduca allo smarrimento del lettore stesso, esattamente come un lâneur non si cura della toponomastica e non teme, ma persegue il perdersi. Parlare di una lettura che persegua lo smarrimento del senso può sembrare poco più che una boutade eppure per tutto il primo millennio la lettura, per chi era in grado di praticarla, era suono prima che pensiero, compenetrazione somatica con la parola, attraverso il proprio respiro che dava vita ad una sorta di ventriloquio tra sé, la pagina e ciò che eccede l’umano. Sant’Agostino, ad esempio, raccomandava che il testo fosse seguito con le orecchie ancor prima che con gli occhi, bisbigliando appena, in una forma di lettura che rappresenta l’esatto contrario di quanto viene insegnato oggi a scuola ed è stata anzi presa a simbolo di manifesta scarsa intelligenza. Agostino raccomanda di leggere come oggi fanno gli stupidi. Anche Sant’Ignazio da Loyola raccomanda, nei suoi esercizi, di leggere seguendo il testo con le orecchie e di ripeterlo sino a perderne ogni senso. E lo stesso San Giovanni della Croce nella Salita al Monte Carmelo, col suo ostinato riiuto del questo e del quello. Per non parlare di alcuni sutra di tradizione buddista dove ciò che viene ripetuto ha perso da secoli ogni volontà di signiicare, mutando dallo stato di parola a quello di suono, di pura musicalità. Esiste insomma una consolidata tradizione che pone alla base di ogni trasformazione del Sé, l’interruzione della generazione di senso, la liberazione dalla catena dei signiicanti. E qui vale ricordare che il termine “alchimia” porta nel suo etimo proprio i concetti di fusione e trasformazione tramite transmutazione. Questo genere di lettura che pratica lo smarrimento del senso per indurre uno smarrimento del Sé e che però è tutt’altro che insensata, termina nel 1126 col direttore dello studium agostiniano di Parigi, Ugo di San Vittore, che formula una nuova dottrina: Ci sono tre modi di leggere: con le mie orecchie, con le tue o in muta contemplazione. Il terzo tipo di lettura, quello fatto coi propri occhi piuttosto che con le proprie o altrui orecchie, era destinato a divenire la pratica più difusa. Fino a quel momento era stato l’orecchio che, ascoltando la pagina, aveva fatto emergere le voces paginarum, come le dita del musicista trasformano una morta partitura in musica viva. A partire da quella data, invece, lo sguardo si vide attribuire la capacità di decifrare una sequenza di parole visibili, astratte dal loro supporto. Il termine textus, che per secoli era stato un sinonimo di voces paginarum, ora designa una macchina ottica. La machina è il contrario dell’umano. Invece della pratica attiva dell’armonia tra corpus scritturale e il soma del lettore che produce il miracolo dell’incarnarsi del Verbo, una conigurazione ottica si rivolge all’occhio che traduce sequenze scritte in parole da interpretare che sono solo suscettibili dell’essere pronunciate. Questo nuovo tipo di lettura porta con sé la disgrazia del cosa vuol dire - forse vorrebbe dirlo proprio perché non riesce più a parlare - la disgrazia assoluta del senso, la ricerca ottusa del signiicato. Trovo emblematico che in italiano fare senso possa essere inteso anche come nauseante. Esiste qualcosa di peggiore dell’esegesi della poesia? Consegnati ai ceppi del mero senso, i versi di Leopardi verrebbero tarpati in: questa collinetta mi è sempre piaciuta. Questa ostinata ricerca del senso è al tempo stesso il più inviolabile dei catenacci a protezione del testo del Santinelli e, contemporaneamente, il peccato più grande verso cui Santinelli cerca di metterci in guardia. Uso “peccato” nell’accezione del suo etimo originale: sbagliare la mira. Quanto s’ingannan mai gli Huomini ignari De l’Hermetica Scola, Che al suon de la parola Applican sol con sentimenti avari: Quindi a i Nomi volgari D’Argento vivo e Oro, S’accingono al lavoro, E con l’oro commun a foco lento Credon fermare il fuggitivo argento Mà, se a gli occulti sensi apron la mente, Ben vedon manifesto, Che manca, e a quello, e a questo Quel foco universal, ch’è spirto agente. Stando al Vocabolario Treccani, un libro è un oggetto costituito da una serie di fogli cuciti insieme, stampati o manoscritti. Questi fogli si chiamano pagine. Per il Tommaseo l’etimo di pagina è da rintracciarsi nel pagere o pangere latino: iccare, iniggere, issare, congiungere, comporre. Tuttavia Ivan Illich – che è ilosofo e studioso di meritato rispetto – nel suo Lectio divina. La lectio nel mondo antico e tardo antico propone un’origine diversa del termine, cui sono molto afezionato e che trovo assai calzante in relazione agli argomenti che afrontiamo oggi. Illich pone l’origine del termine pagina nel latino pagus. Pagus indica un appezzamento di terreno fuori dalla cinta cittadina. Il terreno che deve essere attraversato per tornare a casa. Le pagine, per lo meno certe pagine, sono territori da attraversare. Ogni lettura è un sentiero e dunque un viaggio. Ed è dai tempi di Ulisse che ogni viaggio che abbia valenza iniziatica e misterica riporta a casa un uomo assai diverso da quello che in una notte oscura uscì dalla sua casa silenziosa. Possiamo avvicinarci alla Lux santinelliana spinti da diversi tipi di interesse: storico, ilologico, letterario, solo per citarne alcuni. Ma se vogliamo intendere un libro che tratta d’alchimia come un vero strumento alchemico, dobbiamo elaborarne una lettura privata che non tema di smarrire ogni senso comune e comporti, anzi esiga, il rischio di uno smarrimento del Sé. Credo che la vitalità insita nella Lux, la forza con cui ha saputo traversare i secoli sia proprio in questa capacità di eccedere il testo poetico come partitura meccanica per dispositivo ottico e di mantenere acceso il fuoco d’un forno alchemico tanto caldo quanto celato. Se non produrre aborti alin vogliamo, Pria negreggiar, che biancheggiar dobbiamo. […] Dall’insane fatiche homai cessate: Ne’ più cieca speranza Il credulo pensier col fumo indori, Son l’opre vostre inutili sudori, Ch’entro squallida stanza Sol vi stampan sul volto hore stentate. A che iamme ostinate? Non carbon violento, accesi faggi Per l’Hermetica Pietra usano i Saggi. Bibliograia • Agostino (sant’), Tutti i dialoghi. Testo latino a fronte , a cura di G. Catapano, Bompiani, Milano 2006. • C. Bene, L'orecchio mancante, Feltrinelli, Milano 1970. • C. Bene, A boccaperta, Einaudi, Torino 1976. • E. Canseliet, Mutus Liber. L'alchimia e il suo libro muto, Arkeios, Roma 1995. • J. Evola, Rivolta contro il mondo moderno, Mediterranee, Roma 1998. • I. Illich, Lectio divina. La lectio nel mondo antico e tardo antico , in: Origini della scrittura. Genealogie di un’invenzione, a cura di G. Bocchi e M. Ceruti, Mondadori, Milano 2002. • I. di Loyola, Esercizi spirituali, San Paolo edizioni, Roma 2005. • A. Pentkovskij, Racconti di un pellegrino russo, Citta Nuova editrice, Roma 2009. • M. Rocchi, Santinelli, Newton e l’alchimia: un triangolo di luce, Argalia, Urbino, 2014. • D. Robertson, Lectio Divina: The Medieval Experience of Reading, Cistercian Publications, Collegeville 2014. • F. M. Santinelli, Sonetti alchemici, a cura di A. M. Partini, Mediterranee, Roma 1985. • F. M. Santinelli, Lux Obnubilata, a cura di A. Reghini, in Ignis, rivista di studi iniziatici, Atanòr, Roma 1980. • E. Zolla, Verità segrete esposte in evidenza: sincretismo e fantasia, contemplazione e esotericità, Marsilio, Venezia 2003. Sitograia • Ci sono tre modi di leggere: con le mie orecchie, con le tue o in muta contemplazione , sul sito "il medium e le pratiche, scene e interpretazioni", https://goo.gl/lpb8DZ, 2013.