Antiquarianism in the seventeenth century

""Nel XVIII secolo la città di Siracusa divenne una delle mete principali del Grand Tour, il viaggio di istruzione e formazione che ogni giovane aristocratico europeo del tempo doveva compiere, per via dell’enorme patrimonio storico-artistico ivi custodito e delle bellezze naturali del territorio circostante. Decine di artisti, antiquari, diplomatici e scienziati invasero l’antico centro siciliano alla ricerca delle sopravvivenze di luoghi e monumenti del suo straordinario passato greco, alimentando allo stesso tempo il traffico internazionale di antichità verso musei e collezioni private di tutto il mondo e il fenomeno degli scavi abusivi.
E’ significativo che l’operato del conte Cesare Gaetani della Torre, uno dei protagonisti nel campo della gestione dei beni culturali nella Sicilia della seconda metà del Settecento e autore di importanti opere sulle testimonianze archeologiche ed epigrafiche aretusee, mostri una totale indifferenza nei confronti della politica protezionistica anti-borbonica che aveva cementato le amicizie degli altri antiquari siciliani: l’epistolario del Gaetani risulta, infatti, dominato dai continui richiami degli illustri corrispondenti (Domenico Schiavo, Gabriele Torremuzza, Ignazio Biscari) affinché il destinatario delle lettere, noto per essere disinteressato al possesso degli oggetti recuperati durante le proprie esplorazioni archeologiche, non si privasse di monete, iscrizioni, vasi e altri manufatti rinvenuti nel sottosuolo siracusano per regalarli a viaggiatori e collezionisti stranieri, primo fra tutti sir William Hamilton ambasciatore britannico alla corte di Napoli.
L’idea della creazione di un museo cittadino, gestito da eruditi locali e finalizzato alla tutela e valorizzazione delle ricchezze archeologiche siracusane, cominciò ad essere oggetto di concrete discussioni solo dopo l’eccezionale scoperta negli orti Bonavìa delle statue dell’Esculapio (7 dicembre 1803) e della Venere Anadiomene (7 gennaio 1804) per opera di Saverio Landolina Nava, Regio Custode delle Antichità della Val di Noto e della Val Demone. Il Landolina riteneva che soltanto con una istituzione museale civica sarebbe stato possibile salvaguardare i reperti e le opere d’arte provenienti dalle esplorazioni archeologiche e dalle raccolte private, impedendone l’esportazione illegale a Palermo o, addirittura, al di fuori dei confini del regno borbonico.
Soltanto nel 1809 Saverio Landolina fu in grado di tradurre nella pratica il suo ambizioso progetto culturale poiché mons. Filippo Maria Trigona, vescovo di Siracusa e grande appassionato di antiquaria, si dimostrò favorevole nel mettere a disposizione alcuni ambienti del Seminario ubicato nella zona centrale della città. I lavori di allestimento furono portati a termine nell’arco di quasi due anni e l’inaugurazione ufficiale del museo ebbe luogo il 20 aprile 1811.""

Fin dall’inizio del Seicento il rapporto tra le collezioni di antichità romane e artisti, pittori e disegnatori di professione, testimonia la diffusione di nuovi metodi e di istanze innovative rispetto alla consolidata tradizione cinquecentesca, più aderenti sia ad una diversa percezione dell’antico sia al clima culturale improntato da un accostamento all’antico di tipo scientifico. Gli album con i ricordi grafici del viaggio a Roma di molti artisti stranieri o i disegni eseguiti come modelli da rielaborare e proporre secondo i precetti di un classicismo largamente dominante, tendono a lasciare il campo ad un nuova forma di disegno dall’antico con carattere « monografico ». Una selezionata schiera di artisti, italiani e stranieri, grazie alla disamina di fonti archivistiche di eccezionale importanza, come l’« Agenda » del Museum Chartaceum di Cassiano dal Pozzo e i pagamenti relativi alle prestazioni d’opera per la realizzazione della Galleria Giustiniana, risulta così arruolata per la realizzazione di imprese grafiche che segnarono, per l’ambizione dei rispettivi scopi, la cultura antiquaria dei primi tre decenni del XVII secolo. Ad esse, secondo modalità simili e, probabilmente anticipatorie, la realizzazione di imprese grafiche che segnarono, per l’ambizione dei rispettivi scopi, la cultura antiquaria dei primi tre decenni del XVII secolo. Ad esse, secondo modalità simili e, probabilmente anticipatorie, ma ancora da chiarire sul piano storico e artistico, si aggiunge ora come un nuovo capitolo di una più aggiornata consapevolezza dell’antico, la raccolta grafica delle sculture della collezione Peretti-Montalto.

The belief that Roman London was graced by a temple dedicated to Diana, standing on the site now occupied by the cathedral church of St Paul, is a persistent one. This paper traces the origins of the belief in antiquarian writings of the 16th to 18th centuries.

UPDATED 2020. This unfinished paper brings together material published previously as 'Jack Cade at London Stone' (Clark 2007) and 'London Stone: Stone of Brutus or fetish stone – making the myth' (Clark 2010), expanded and updated, together with much unpublished text, particularly in the 'Brief history' and 'Documentary evidence' sections. The section ‘Pasquill’s Protestation upon London Stone’ has also appeared in print (Clark 2015), as well as ‘“Brut sett Londen Ston”: London and London Stone in a 14th-century English Metrical Chronicle’ (Clark 2018). It is hoped that the final section 'The incredible shrinking monolith', yet to be written, will reassess the archaeological evidence, particularly in the light of the 'new' information described in 'London Stone and the Great Fire' and the results of examination of the Stone at the Museum of London before it went on display there in 2016.

secrétariat scientifique du colloque Nicola Iodice La loi du 11 mars 1957 n'autorisant aux termes des alinéas 2 et 3 de l'article 41, d'une part, que les « copies ou reproductions strictement réservées à l'usage privé du copiste et non destinées à une utilisation collective » et, d'autre part, que les analyses et les courtes citations dans un but d'exemple et d'illustration, « toute représentation ou reproduction intégrale, ou partielle, faite sans le consentement de l'auteur ou des ayants droit ou ayants cause, est illicite » (alinéa 1 er de l'article 40). Cette représentation ou reproduction, par quelque procédé que ce soit, constituerait donc une contrefaçon sanctionnée par les articles 425 et suivants du Code Pénal.

La personalità del vicentino Pietro Stefanoni (1557ca.-1642 ca.), noto per essere stato il più grande editore delle incisioni dei Carracci, è qui ricostruita per la prima volta partendo dalle sue due uniche lettere note, indirizzate a Ulisse Aldrovandi e conservate presso la Biblioteca Universitaria di Bologna. Queste, insieme ad altre notizie contenute negli appunti del naturalista bolognese, consentono di definire con maggiore esattezza l’attività di questo singolare commerciante e grande appassionato di antichità, amico di ‘virtuosi’, artisti ed eruditi, possessore di un famoso ‘museo’ disperso dai figli dopo la morte. Lo spoglio delle fonti, l’analisi delle dediche presenti in calce alle incisioni da lui edite, la scoperta di documenti conservati presso l’Archivio di Stato e l’Archivio del Vicariato di Roma, hanno permesso inoltre di poter tracciare una prima parziale biografia di Stefanoni, cui contribuiscono, in maniera determinante, le informazioni contenute nei carteggi di alcuni dei più importanti esponenti della République des Lettres, come Nicolas-Claude Fabri de Peiresc. Tutto ciò permette di collocarlo, a buon diritto, in quel differenziato mondo di antiquari e savants su cui negli ultimi anni si sono intensificati gli studi.

The paper sketches out for the first time the work of Pietro Stefanoni (1557ca.-1642 ca.) from Vicenza, who is known as the foremost publisher of prints by the Carracci. It starts from the tworemaining letters by Stefanoni to Ulisse Aldrovandi, now kept in the BibliotecaUniversitaria ofBologna. Jointly with other information in thepapersof the Bolognese naturalist, these letters allow to describe more precisely the activities of Stefanoni, a peculiar merchant who was also a great lover of antiquities as well as friend of‘virtuosi’,artistsand scholars; he also owned a famous‘museum’,dispersed by his heirs after death. The paper presents a first partial biography of Stefanoni based on these sources, on the correspondence of some of the most important exponents of the République des Lettres, such as Nicolas-Claude Fabri de Peiresc, on new archival materials from the Archivio di Stato and the Archivio del Vicariato of Rome and on the analysis of the dedications of the engravings he published. All this evidence allow us to place Stefanoni, in its right full place, in that lively world of antiquarians and savants which as of late has been widely researched.

Unpublished 1990 lecture, updated 10/2018, discussing the collection(s) of sculpture, antique and modern, brought together by members of the Barberini family in Rome, 1608 through ca. 1640.  Information drawn from my published Barberini Inventories.

Noto nella letteratura storico-artistica soprattutto come autore delle Vite, Giovan Pietro Bellori (1613-1696) è ricordato anche come uno dei più importanti e prolifici antiquari della Roma barocca. Nel venticinquennio compreso tra il 1666 e il 1691 Bellori, in stretta collaborazione con il copista perugino Pietro Santi Bartoli (1635-1700), darà infatti vita a un poderoso complesso progetto editoriale destinato a studiare e a diffondere, sfruttando a pieno le potenzialità dell’incisione, le historie scolpite nei bassorilievi narrativi delle colonne coclidi e degli archi trionfali romani fino alle raffigurazioni impresse su lucerne fittili e monete e dipinte sulle pareti antiche. Gli atlanti belloriani saranno destinati non solo alla cerchia ristretta del pubblico erudito, ma si imporranno da subito come veri e propri repertori grafici a uso degli artisti e, in quanto tali, come strumento per realizzare un vero e proprio rinnovamento dell’arte riaffermando la centralità culturale di Roma, già propugnata dalle Vite belloriane.

Tenendo sempre presenti i caratteri particolarissimi di tali prodotti editoriali, lo studio analizza i tratti salienti della ricerca iconografica di Bellori, anche in rapporto alla produzione antiquaria contemporanea. In tale prospettiva un terreno di confronto privilegiato, se non addirittura unico, è rappresentato dai rilievi della Colonna Traiana e dai medaglioni della collezione del cardinale Gaspare Carpegna: le due opere belloriane che li descrivono, la Colonna Traiana (1672) e la Scelta de’ medaglioni più rari nella biblioteca dell’eminentissimo Gasparo Carpegna (1679) sono state messe a confronto in questo volume con il Syntagma (1683) dell’antiquario urbinate Raffaele Fabretti e le Osservazioni Istoriche sopra alcuni medaglioni antichi (1698) del fiorentino Filippo Buonarroti che trattano rispettivamente il medesimo oggetto, ma secondo approcci antiquari completamente differenti, che segnano in nuce la fondamentale distinzione tra gli studi di cultura materiale e la storia dell’arte antica che innerverà la storia della disciplina archeologica.

Al di là di tali criteri selezione, si è potuto appurare che si tratta di opere strettamente legate tra loro anche dal punto di vista della loro genesi editoriale, attentamente studiata a partire dai disegni della Colonna Traiana conservati nel cod. A39 della Windsor Royal Library, finalmente attribuiti con certezza alla mano di Bartoli, e attraverso la lettura e la trascrizione integrale della seconda edizione – destinata a rimanere inedita – della Scelta de’ medaglioni, le cui bozze manoscritte si conservano in parte nell’Ott. Lat. 2972 della Biblioteca Apostolica Vaticana e in parte nel cod. CXCVIII della Biblioteca Marucelliana di Firenze.

Du croquis à la peinture à l’huile, restées à l’état original ou diffusées par l’intermédiaire de la gravure, seules ou en conjonction avec le récit viatique, les images du voyage en Orient véhiculent une image riche en contrastes et souvent ambivalente. Au siècle des Lumières, de l’Acropole et des Pyramides d’Égypte aux vestiges de l’Empire byzantin et aux prestiges de la Cour ottomane, il s’agit d’autant d’images apparemment disparates, mais qui proposent un regard nouveau sur l’Orient méditerranéen. Source d’inspiration et de réflexion pour les artistes et les architectes, les images viatiques, qui alimentèrent les débats artistiques de l’époque, sont un ensemble précieux et irremplaçable pour le géographe, l’historien, l’ethnologue et le littéraire. Dans une approche thématique de l’Orient méditerranéen, cet ouvrage traite successivement du paysage, de l’histoire naturelle, des vestiges antiques, de l’architecture moderne et des populations. Il s’attarde, en outre, sur les analogies, les divergences et la complémentarité des images viatiques françaises avec celles d’autres voyageurs notamment britanniques. Si l’iconographie viatique du XVIIIe siècle a repris et développé des stéréotypes existants, elle fut le témoignage d’un orientalisme précoce, original, coloré d’anciennes rêveries sur l’Orient des merveilles renouvelées par la civilisation ottomane et procurant aux restes de la Belle Antiquité le vernis de la nostalgie.

Attraverso la lettura di passi ligoriani relativi al cd. Tempio di Minerva Medica, è possibile ricostruire i termini di una querelle cinquecentesca circa la corretta identificazione dell'edificio. Tra gli avversari di Pirro Ligorio, i principali esponenti di una diversa tradizione esegetica che nel XV secolo annoverava anche Pomponio Leto.

Atti delle quinte giornate internazionali di studi sull'area elima e la Sicilia occidentale nel contesto mediterraneo Erice, 12-15 ottobre 2003 Workshop «G. Nenci» diretto da Carmine Ampolo EDIZIONI DELLA NORMALE Redazione a cura di Chiara Michelini © 2006 Scuola Normale Superiore Pisa isbn 88-7642-210-2 Abbreviazioni Autori antichi Sono state adottate, di norma, le abbreviazioni dell'Oxford Classical Dictionary, Oxford-New York 1996 3 o del dizionario di H.G. Liddell, R. Scott, Oxford 1968 9 , ad eccezione dei seguenti casi: Aristoph., Demosth., Diod., Hesych., Moschion, Plato, Ps. Hipp., Strabo, Tim. Opere generali AE = L'Annèe épigraphique, Paris 1888-BMC = Catalogue of the Greek Coins in the British Museum. BTCGI = Bibliografia Topografica della Colonizzazione Greca in Italia e nelle Isole Tirreniche (fondata da G. Nenci e G. Vallet, diretta da C.

In virtù dell'importanza rivestita nel mondo greco-romano dal banchetto, quale momento di socialità e di scambio intellettuale, e delle profonde differenze che distinguevano l'antico triclinium dai conviti moderni -prima fra tutte il bizzarro costume di stare sdraiati a mensa -, eruditi ed antiquari furono costantemente incuriositi dal tema delle coenae veterum. Fu soprattutto fra la seconda metà del Cinquecento e i primi decenni del secolo successivo che le indagini su questo argomento si moltiplicarono, nel tentativo, da un lato, di spiegare caratteristiche e motivazioni del mos accumbendi, e con il sorprendente intento, dall'altro, di dimostrare che anche nella Palestina occupata dai Romani vigeva l'usanza di cenare sdraiati, e che dunque era doverosa una riforma 'all'antica' dell'iconografia delle coenae Domini, il convito in casa del fariseo Simone e l'Ultima Cena. La produzione figurativa che si sviluppò in stretto legame con tali ricerche assicurò alla rappresentazione di queste scene sacre sub specie tricliniorum una certa diffusione, sebbene il primato dell'iconografia tradizionale, con i convitati seduti intorno alla tavola, non fosse mai messo in discussione.

This paper examines the relationship between the aesthetic thought of Joseph Addison and Richard Steele and early modern virtuoso culture. It argues that both Addison and Steele did not reject virtuoso culture so much as to attempt to reform and redefine it. It is observed that Addison in particular wrote a virtuoso travel narrative in his Remarks on Italy as well as contributing to the discourse on antiquarian medal-collecting. In their writings on art and connoisseurship in the Tatler and Spectator essays, both Addison and Steele can be understood as defenders of a neoclassical aesthetic that rejected and ridiculed a supposedly indiscriminate virtuoso aesthetic of curiosity. But the essays are best understood as part of an important moment of transition in which an early enlightenment notion of taste emerged from a template established by baroque virtuosity rather than as a complete rejection of virtuoso culture.

KEYWORDS Addison, Joseph; Steele, Richard; virtuoso; antiquarianism; connoisseur; aesthetics

I would like to introduce engraved gems to you, and their collecting-tradition. Under the name of “engraved gems” are grouped two types: intaglios and cameos. Intaglios are engraved into, allowing its owner to use it as a seal. Cameos instead are carved in relief, so they are decorative jewels.

The Janiculum Hill in antiquity was a place of noble villas, military triumphs,, ancient burials and Christian martyrdoms, all of which were recorded ad interpreted in various ways in antiquarian maps and literature of the sixteenth and seventeenth centuries. Many of its associations had significance to the Pamphilj family, who bought a modest vigna there in 1630 not long after Giovan Battista Pamphilj (1574-1655) became cardinal. In the fourteen years that separated the purchase of the vigna and the elevation of Cardinal Pamphilj to the papal throne as Innocent X in 1644 more land was acquired in the area and the Casino del Bel Respiro, Pamphilj's palazzo di rappresentanza was built o far from the original farmhouse, its entrance directly facing the dome of St Peter's. The villa played an essential role in constructing a public image for the Pamphilj that was inseparable from their claims to descend from the very founders of Rome, claims that were delineated in a genealogy of the Pamphilj written by Niccolo Angelo Cafferri. This paper discusses how Cafferri's genealogy and antiquarian scholarship in Rome contributed to the selection of the Casino's site, design, decoration and iconology.

Severi uomini d' arme, instancabili viaggiatori, accorti diplomatici, mecenati alla ricerca di visibilità, appassionati collezionisti in instabile equilibrio tra matura consapevolezza intellettuale, antica protervia e progressivo indebolimento politico e finanziario: nel passaggio di alcune generazioni gli Orsini e i Savelli, due delle famiglie baronali romane tra le più antiche, si trovano a dover mutare da feudatari a uomini di corte, da signori arbitri del destino delle proprie terre ad attori, a tratti protagonisti, nel gioco delle corti sul più vasto scacchiere europeo. Il volume raccoglie i frutti di un progetto triennale di ricerca ad ampio raggio sulle due famiglie, in dialogo con studi limitrofi sull' argomento e a confronto con altre realtà italiane. Committenze laiche ed ecclesiastiche, collezioni d' arte, pubblicistica e storiografia trovano spiegazione nella ricostruzione del contesto storico e familiare in un lungo arco cronologico, grazie ai risultati di un' accurata indagine sulle fonti d' archivio e sulle opere. Nel volume si tratta di architettura, di dipinti ed affreschi, di arazzi e argenterie, di libri, stampe, reliquie e curiosità, secondo una lettura che tiene saldo il filo delle vicende familiari nello specchio del tempo come chiave per comprenderne le ragioni e le dinamiche, procedendo per cerchi concentrici, da Roma ai feudi, dall'Italia alle grandi corti europee.

Per oltre un cinquantennio, corrispondente pressappoco alla prima metà del Seicento, intercorsero tra il nobiluomo riminese Francesco Gualdi, uno dei protagonisti del collezionismo antiquario nella Roma barberiniana, e la Francia rapporti molto stretti e articolati, che in parte ricalcano le principali linee di sviluppo delle relazioni tra la scena culturale italiana e quella transalpina in tale epoca, in parte le contraddicono, talora clamorosamente 1 .

Rubens had a profound impact on the visual culture of his age. He was admired not only as a painter but also for his learning, for the knowledge of classical literature and imagery which he exploited so brilliantly in arresting and powerful pictures. Rubens was particularly drawn to allegory, to the use of personified figures, sometimes in combination with the gods of the ancient pantheon and certain humans (historical individuals), to express concepts, ideals and even political messages. A contemporary praised him for using in his allegorical compositions 'only symbols of Antiquity, thus popularising the coins and other monuments of the ancient world', but Rubens adapted ancient symbolism to new effect, with the aim of creating pictures whose essential meaning would be the more accessible for it. This volume presents works that Ludwig Burchard (1886-1960) planned to include in his catalogue raisonne under the heading 'Allegories and Subjects from Literature'. It features some of the artist's most celebrated paintings, as well as some lesser-known or recently discovered items. The themes range from nature's abundance to the dangers of excess, from human love to political expediency, triumph and 3the celebration of religion. It includes masterpieces as diverse in tone as the Shivering Venus (Antwerp, Koninklijk Museum voor Schone Kunsten) and the Horrors of War (Florence, Palazzo Pitti), memorably described by a great historian as 'the immortal and unforgettable frontispiece to the Thirty Years' War'. As well as an introduction to the subject, the catalogue provides extensive analyses of each work, revealing Rubens' literary and visual references. The circumstances surrounding the making and display of every item are investigated and considered alongside the artist's own creative process, since knowledge of the intended context and the early viewing conditions of Rubens' works is so important to the understanding of their significance. Thus particular attention is paid to provenance, not only for the works themselves, but for the copies made after them.

General Introduction by Francis Haskell and Henrietta McBurney to the multi-volume series, 'The Paper Museum of Cassiano dal Pozzo. A Catalogue Raisonne. Drawings and Prints in the Royal Library at Windsor Castle, the British Library, the British Museum, and the Institut de France and other Collections', Arthur MacGregor and Jennifer Montagu, gen. eds (Royal Collection in association with Harvey Miller Publishers), first published in 1986 and reprinted in each part of the series.

"In 'A Roman Road in the Dutch Republic', Jaap Evert Abrahamse investigates the origins, design, and realization of a long forgotten 'grand projet', which was undertaken in the Dutch Republic during its Golden Age. Amersfoortseweg (“Amersfoort Road”) was a large-scale road project, which, on the one hand, aimed to improve infrastructure in the province of Utrecht and, on the other, to transform a large wasteland area into an elegant estate landscape with one gracious gesture. The main element in this new landscape consisted of a lavishly planted, spacious roadway over 60 meters wide, with mansions on both sides. In this article, it is pointed out that the project’s designer was Jacob van Campen, the most distinguished architect of the Dutch Republic, and the designer of Amsterdam’s City Hall.
In the project, that was realized from 1652 onward, Van Campen and his clients combined the common practice of large-scale interventions in the Dutch landscape, such as the land reclamation projects, with contemporary architectural theory, which embodied knowledge of Roman roads. Thus, Amersfoortsweg is presumably the first public roadway in Northern Europe that was designed according to the principles described in Renaissance architectural theory.
"

Paintings of art galleries do not only represent works of art, they also provide us with a visual understanding of the context in which they were once displayed. Of special interest is the art gallery of Rubens, an artist who himself owned a reputed collection of antique sculptures and paintings that is presumably depicted in the seventeenth-century painting The Studio of Rubens. Only, is it indeed Rubens' studio that is represented? In this paper, the diverse aspects of the painting, such as the represented works of art, the staffage, and the provenance, as well as the placement of The Studio of Rubens within the tradition of depicting art galleries in seventeenth-century Antwerp, will be examined. As a result, the study of The Studio of Rubens draws connections between creators, patrons, dealers, and connoisseurs – of art.

Attached is the Introduction to *The Theater of Experiment: Staging Natural Philosophy in Eighteenth-Century Britain* (Oxford UP:2016).  For the full text, copies are available for sale via OUP website.  You can message me for a discount code.  The book is also available through Oxford Scholarship Online.

The first book-length study of the relationship of science and theater during the long eighteenth century in Britain, The Theater of Experiment explores crucial role of spectacle and performance in the establishment of modern science by analyzing how eighteenth-century science was “staged” in a double sense.  On the one hand, this study analyzes science in performance: the way that science and scientists were made a public spectacle in comedies, farces and pantomimes for purposes that could range from the satiric to the pedagogic to the hagiographic.  But this book also considers the way in which these plays laid bare science as performance: that is, the ways in which eighteenth-century science was itself a kind of performing art, subject to regimes of stagecraft that reverberated across the laboratory, the lecture hall, the anatomy theater, and the public stage. Not only did the representation of science and scientists in eighteenth-century plays influence contemporary debates over the role that experimental science was to play in modern life, the theater shaped the very form that science itself was to take. By disciplining, and ultimately helping to legitimate, what was then called natural philosophy, the eighteenth-century stage helped to naturalize an epistemology based on self-evident, decontextualized facts that might speak for themselves.  In this, the stage and the lab jointly fostered an Enlightenment culture of spectacle that transformed the conditions necessary for the production and dissemination of scientific knowledge.

Il De Bibliothecis Syntagma di Giusto Lipsio, nel 1602, rappresentò il punto d’inizio della moderna storia delle biblioteche, influenzando Federico Borromeo nel periodo della fondazione dell’Ambrosiana e ispirando Gabriel Naudè durante la composizione del suo Advis pour dresser une bibliotheque. Un confronto serrato tra i capitoli dedicati alle biblioteche dell’antica Roma e gli scritti di enciclopedisti, antiquari ed eruditi italiani e germanici che si occuparono delle medesime librariae mostra quali furono le novità metodologiche e concettuali che Lipsio introdusse nella storia delle biblioteche, ossia analisi critica e filologica delle fonti accompagnata da una loro organizzazione razionale. L’uso di un genere letterario estremamente conosciuto e familiare quale quello del trattatello antiquario permise a Lipsio di veicolare nel Syntagma una visione profondamente innovativa dell’idea stessa di biblioteca, rappresentata dal Museo Alessandrino e dalle sue caratteristiche di universalità e libertà di pensiero e di espressione.

Member This paper examines three aspects of Lhuyd's work on Irish megalithic tombs: (i) the context of his famous account of Newgrange is assessed and is shown to have a more complex background than hitherto assumed; (ii) using several complementary pieces of evidence, Lhuyd's classification of British megalithic tombs is outlined and discussed, and it is shown to have been used by him to describe megaliths encountered on his Irish tour; (Hi) an examination of Lhuyd's Additions to Gibson's edition of Camden's Britannia of 1695 is used to illustrate his ideas on the function, origin and chronology of megalithic tombs. Antiquarian studies of Irish megalithic tombs after Lhuyd are discussed in the context of his contribution. It is well-known that the Welshman Edward Lhuyd (1660-1709), polymath and second Keeper of the Ashmolean Museum in Oxford, toured Ireland in the years 1699 and 1700 as part of a grand scheme to study the natural history, language and antiquities of the Celtic lands of the west (Gunther 1945, 329-445; Campbell 1960; Emery 1971, 65-9). The idea of carrying out this great project in western and northern Britain, Ireland and Brittany had come to Lhuyd some six years previously while working on the Welsh section of Dr Edmund Gibson's revised edition of Camden's Britannia. In gathering materials for his Additions to Camden's descriptions of the Welsh counties he had visited and sketched monuments in the field, and had found out about those areas he could not visit through questionnaires and correspondence. It was the success of this work on the Britannia that enabled him to get subscriptions from a number of interested gentlemen for his larger project. Lhuyd arrived in Dublin in August of 1699 and, aside from a three-month visit to Scotland, was in Ireland until probably late July of 1700 (Campbell 1960, 219). Although a large portion of his notes describing the progress of his tour in Ireland and Scotland and observations he made were subsequently destroyed by fire, Lhuyd was a prolific correspondent and the letters he wrote while on his travels provide a valuable alternative source. In addition to the these letters, there are copies of several sketches of antiquities seen on the tour which were made soon after Lhuyd's death in 1709 (MSS Stowe 1023-1024; Herity and Eogan 1977, 5). The Context of Lhuyd's Account of Newgrange Early on in his tour, Lhuyd gained the distinction of being the first scholar to visit and enter the great Passage Tomb of Newgrange in county Meath and he wrote letters to several colleagues describing it, at least three of which have survived. , 40-41). It describes in detail Lhuyd's visit to the tomb and his speculations concerning its function, and is worth quoting from at length: ... The most remarkable curiousity we saw by the way, was a stately Mount at a place called New Grange near Drogheda; having a number of huge stones pitch'd on end round about it, and a single one on the top. The gentleman of the village (one Mr Charles

Ce travail se fonde sur une partie de ma thèse de doctorat (2010), dédiée à Claude Le Maire et aux activités archéologique françaises en Afrique du nord et remploi des monuments en France, entre XVIIe et XVIIIe (dir. A. Schnapp).
On examine ici certaines données relatives à l’activité de recherche, de fouilles, d’acquisition, de transport et de réemploi de marbres datant de l’époque romaine, de l’Afrique du Nord (de Leptis Magna surtout) en France, entre XVIIe siècle et XVIIIe siècle (activités qui tournent en grande partie autour de la personne de Claude Le Maire, consul français dans diverses villes du Levant et de la Barbarie entre 1683 et 172), la réception esthétique de ces marbres et leur influence sur le goût du temps.
Parmi les résultats on peut compter :
première recueil des donnés relatives à la vie et aux activités de Claude Le Maire et leur narration historique effectuée même par des documents d’archives, en partie inédits ;
approfondissement et premier éclaircissement général sur les monuments arrivés en France, sur les modalités d’envoi et de transport, et sur leur destin ;
découverte des monuments in situ (ex. Saint-Sulpice) ou diversement (et successivement) réemploies (Rouen, Toulon et surtout Louvre, où on relève l’usage massif des « marbres Le Maire » pour les plaquages) ;
découverte du manuscrit relatif à la Succession des héritiers Seignelay, dont l’objet principal est constitué justement par les « marbres Le Maire ».

Nell'ambito degli studi antiquari sul convito nel mondo greco-romano, e in particolare sul costume antico di cenare sdraiati, al quale gli eruditi del Cinquecento dedicarono una speciale attenzione 1 , la discussione del tema all'interno del trattato De arte gymnastica del medico forlivese Girolamo Mercuriale riveste un ruolo centrale 2 .

I would like to express my gratitude to the organisers for their kind invitation. Furthermore, I would like to thank the Stiftung Alfried Krupp Kolleg, Greifswald, which generously funded the underlying research on migration narratives in early modern thought, and the Österreichische Forschungsgemeinschaft (project MOEL-415), whose support enabled me to explore the life and writings of Friedrich Menius.

The work titled Dell 'Antico Ginnasio Napoletano, published posthumously in 1641 and reissued in 1688, was the first work dedicated to a specific ancient monument of Neapolis, written by Peter Lasena (1590-1637 ) scholar and Neapolitan scientist of French origin. He was a member of the "Accademia degli Oziosi" and closed to the circle of the Lyncean Academy. The work was studied and appreciated for its high level of scholarship in the seventeenth century and still in the eighteenth century, but it did not find due recognition of its historical, archaeological and antiquarian value among modern scholars. In fact, it is an important testimony to the renewed interest of the antiquarian studies in the ancient Sport and a fundamental document for the reconstruction of one of the main monuments of the Greek and Roman Naples.

The large framed slab of São Miguel de Odrinhas, Sintra (Portugal), that during the first century A.D. was placed above the door of the mausoleum inside which were entombed the ashes of several members of the gens Aelia and other people with familial connections, and that recorded and perpetuated the memory of their names (CIL II 267), was found, transcribed and made known by Portuguese humanists of the mid-16th century, notably André de Resende. Being quickly included in the most important Iberian and international antiquary literature (Morales, Gruterus…), it soon aroused a great deal of interest due to mentioning, among others, a certain L. Aelius Sex. f. Gal. Seneca. Based upon this fact, two impressive historical propositions were created: the first intended to establish a family relation between this unknown individual and the celebrated philosopher Seneca; the second – making use of the convenient reference of a famous forged chronicle, the pseudo-Dexter – interpreted the inscription as the epitaph of a mentioned Lucius Seneca verus Christianus and the solidity of the slab itself as doubtless and material evidence of the apostolic evangelization of the Hispaniae. Eventually, both theories ended up merging, and both persevered until a much later date. The rural peoples who, throughout time, went in pilgrimage to the chapel of São Miguel de Odrinhas came up with a different legendary tradition concerning the old stone table and its puzzling writings, this one with a fabulous background that dissipated only in the 20th century. Along this text the Author presents, analyses and interprets these different “secondary contexts”, not leaving aside the fact that also our current views, both scientific and museological, are themselves new and specific interpretations that, them as well, add to and change the semantic dimension of the studied object.

Se i rapporti di Ottavio Tronsarelli con il mondo artistico romano furono molto intensi, come mostra Maria Cristina Terzaghi nel suo saggio in questo volume, non meno stretti ed interessanti furono i contatti del poeta con gli ambienti antiquari e con l'universo del collezionismo erudito 1 . Dotato di una vasta conoscenza del mondo antico e delle fonti letterarie classiche, e collezionista egli stesso, oltre che di dipinti contemporanei, di «anticaglie», Tronsarelli collaborò a vario titolo alla redazione di testi incentrati sull'età antica 2 . Nel 1637 fu pubblicato, in appendice al Ristretto delle grandezze di Roma assemblato dall'editore Pompilio Totti, uno scritto del poeta di carattere dichiaratamente compilativo (Grandezze dell'imperio romano cavate da Giusto Lipsio, e da altri autori). Si tratta di un'agile guida al mondo antico, di cui si passano in rassegna le istituzioni, i costumi, le architetture, le virtù; il carattere divulgativo del testo è confermato dalla presenza di un glossario (Nota sopra alcune voci contenute nell'opera) 3 .

Collana Arti 17 Titolo dell'opera Le componenti del Classicismo secentesco: lo statuto della scultura antica Atti del convegno internazionale, Pisa, Scuola Normale Superiore, 15-16 settembre 2011 Volume pubblicato con il contributo del Ministero dell'Università e della Ricerca Fondi PRIN 2008 per la ricerca "Spazi, immagini e parole per la conservazione e la fruizione dell'arte antica tra XVI e

Constantijn Huygens (1596-1687) was a secretary to three successive stadholders, diplomat, poet, playwright, composer and architect - to mention a few of his activities. His library of ca. 10,000 volumes was sold by his three sons and scattered over many new owners. This article discusses Huygens' copy (Leiden, Universiteitsbibliotheek, 1498 E 15) of Flaccius Illyricus' 1571 edition of Otfrid's Evangelienbuch, which has hitherto escaped attention.

Most Experts usually agree that all history has its beginnings in fables and that they enjoy a close relationship. Fables, however, as everybody knows, received their name from beans, or fabae. ni This is why it seems fitting to begin a discussion about history with beans and, more pre cisely, with the very sage who had advised against their consumption:

This chapter was published as a contribution to a handbook about vernacular bibles in the Low Countries in the past eleven centuries (Heerenveen, 2015), edited by a team of Dutch and Flemish scholars headed by Paul Gillaerts. The States' Translation is the best known Dutch bible translation of all times and arguably  the most influential one. The chapter analyses the long gestation period of the States' Translation. Based on an important unstudied source, it reconstructs what went on behind closed doors during the discussions of the teams of translators and revisers with regard to problems in vocabulary, grammar, textual transmission and historical contextualisation. Special attention is given to the laborious process of compiling the marginal annotations. It appears that behind the monumental façade of the States' Translation, in the inner circles of the Orthodox Reformed Church, long negotations had taken place to get all the translators and revisers on the same page. Biblical philology could yield unwelcome results, but at the same time it offered a powerful instrument to bend those results into the service of a confessional agenda.