Stucchi

Il contributo esamina le opere custodite nella chiesa di S. Benedetto, nota come Badia, di Caccamo, centro della provincia di Palermo. Si tratta di un edificio monastico appartenente alle monache benedettine che custodisce dipinti, stucchi, monumenti funebri, intagli  e altre pregevoli opere realizzate tra il Cinquecento e il Settecento alcune delle quali commissionate da monache e badesse. Tra queste ultime Honufria Fara Lombardo che, figlia del barone della Scala e Manchi don Onofrio Lombardo,  nel 1669 fa realizzare l’ostensorio in argento arricchito di diamanti e topazi ora custodito in Chiesa Madre.

MASSIMO ROMERI Dopo gli studi in Storia e critica dell'arte all'Università Statale di Milano ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia del Patrimonio Archeologico e Artistico presso l'Università degli Studi di Torino, conseguendo quindi il Premio Giovanni Testori per la critica d'arte. Nel 2019 è borsista per la Fondazione 1563 per l'Arte e la Cultura della Compagnia di San Paolo di Torino. I suoi principali campi di ricerca e i suoi studi vertono sull'arte moderna (XVI-XVII secolo), in particolare sulla cultura figurativa lombarda. Ha collaborato con alcune istituzioni museali e fondazioni (tra le altre il MVSA di Sondrio, la Pinacoteca Cantonale Giovanni Züst di Rancate-CH-, la Fondazione Mimmo Rotella e il Mimmo Rotella Institute) e lavorato all'organizzazione e alla redazione di saggi, testi, interventi e schede in occasioni di esposizioni e convegni scientifici.

Le fasi evolutive della grande anticamera «a mano sinistra» del maestoso sa-lone di Diana, nel tempo individuata come «Anticamera o Camera del Truc-co», «Salle des Valets-de-pied» e «Sala da ballo» 1 , a dispetto delle indagini condotte da autorevoli studiosi a partire dai fondamentali contributi di Brinckmann e Pommer 2 , appaiono ancora per gran parte misteriose. Certi so-no solo il suo momento di realizzazione, attestato dalle Istruzioni di Michelan-gelo Garove del 26 maggio 1709 3 , e la fretta di Vittorio Amedeo II nell'avviar-ne i lavori, tale da imporre «che per guadagnare tempo se ne faccia hoggi [26 maggio 1709] il Deliberamento» per affidarne l'esecuzione senza dover aspet-tare «mercoledì prossimo secondo li Tiletti che sono stati pubblicati» 4. Precedute dal Calcolo della spesa datato 10 gennaio 5 , le Istruzioni erano come di consueto ben dettagliate: si dovevano demolire «tutte le muraglie, solari, sterniti, stiby di listelli, coperti, scalini di pietre» portando «calcinassi mattoni e pietre nel grande Cortile del sud.o Palazzo», quindi ricostruire «le muraglie con mattoni della Venaria ben cotti e stagionati» e «gl'Archoni e volte [...] con mattoni di Valdocco con calcina forte sabia grisa ben granita senza fango». At-tenzione prioritaria dell'architetto era nell'ottenere la massima garanzia di sta-bilità per volte e arconi, per i quali, oltre a prescrivere mattoni di tipo diverso − evidentemente più "forti" di quelli da impiegarsi nelle «muraglie» e racco-mandando ancora che fossero «ben bagnati prima di metterli in opera» − si ri-chiedeva anche l'impiego di una calcina "migliore", cioè «sufficientemente grassa [...] e crivelata sottilmente». Analoga attenzione era riservata alle malte per gli intonaci che, per «l'infrescadure», dovevano essere di «calcina mettà forte e mettà dolce con sabia grisa ben granuta», mentre «le stabiliture saranno costrutte con calcina dolce e sabia del Fiume Stura o Dora ben purgate, e ben granite senza fango». Insieme alle indicazioni per realizzare i consolidamenti − con chiavi e bolzoni in ferro da introdursi all'interno delle murature esistenti mantenute ancora in opera − e per innalzare nuovi «stiby», «solari in boscami» e porte e finestre «in rottura», si prescriveva di impiegare «quadrettoni» e «quadretti di Valdocco ben cotti e ben stagionati» per la pavimentazione. Le opere vengono quindi affidate in quello stesso giorno al capomastro An-tonio Camerata, nonostante abbia offerto una cifra superiore di «Livre settan

a cura di Fedora Filippi EDIZIONI QUASAR e s t r a t t o ISBN 978-88-7140-696-1 © Roma 2015, Edizioni Quasar di Severino Tognon srl via Ajaccio 43 -00198 Roma, tel. 0685358444 fax 0685833591 e-mail: qn@edizioniquasar.it -www.edizioniquasar.it e s t r a t t o 1 Le indagini archeologiche sono state dirette dal Funzionario Responsabile Fedora Filippi che ringrazio per avermi affidato questo studio. 2 Per i risultati dello scavo, cfr. il contributo di F. Filippi, pp. 315 ss. 3 Vitr. e s t r a t t o dio di Domiziano, cfr. Colini 1998, p. 93; il fregio della Porta marmorea dell'Edificio di Eumachia a Pompei datato al I d.C., cfr. Spinazzola 1928, tav. 21b. 10 Colini 1998, p. 96.

This paper presents a study of the gypsum plasterwork
of the Courtyard of the Maidens, in the
Royal Alcazar of Seville, focusing the attention in the
knowledge of its original polychrome decorations.
The Courtyard of the Maidens is one of the constructions
made by Pedro I (1356- 1366) within the
monumental complex Alcazar of Seville. The importance
of the palatial city determined its inclusion in
the World Heritage List of UNESCO in 1987, along with
the Cathedral and the India’s Archive. His status as
permanent residence of the Spanish monarchs has
allowed its preservation over the time. However, it has
been intervened several times since its construction.
This succession of interventions is especially noticeable
in the plasterwork of said courtyard, where
successive pictorial layers and lime layers hide the
delicacy of the relief and the remains of the original
polychrome, which currently shows a greyish aspect
quite different from the original aspect of the plasterwork
back in the 14th century, in which colour prevailed.
After an exhaustive revision of the bibliographical
documentation and a thorough field study, the
method continued with the collection of microsamples
for their analysis with instrumental techniques
for Cultural Heritage -among which we could highlight
the stereoscopic microscopy, the polarizing optical
microscopy, the scanning electron microscopy with
X-ray microanalysis (SEM/EDX), the X-ray diffraction
(XRD), the Fourier transform infrared spectroscopy
(FTIR) and the gas chromatography (GC-MS). These
techniques made it possible to identify the mortar
composition, the characteristics of the pictorial layer
and the binding media used; thus determining the
existence of remains from the original polychrome,
as well as the procedures for its execution.
Key Words: SEM/EDX, colour, plasterwork, medieval,
Seville.

Gli stucchi della Sacrestia non sono stati considerati come un elemento significativo nel rapporto fra architettura e decorazione. Con l'avanzamento degli studi, sia dell'aspetto tecnico sia dell'elaborazione estetica, la Sacrestia si pone come testimonianza di partenza per l'avventura dell'arte plastica nel XVI secolo, come punto di collegamento fra la sperimentazione donatelliana a San Lorenzo e l'affermazione della decorazione a stucco forte nella scuola di Raffaello. In questo senso Bramante risulta essere assoluta avanguardia. Non solo. Rivela, attraverso la conoscenza tecnica e la volontà di decoro una serie di interconnessioni con l'area veneta e con riferimenti precisi con Padova e carica il rapporto con il figulo padovano Agostinus de Fondutis, di significati più articolati e promette di tracciare attraverso l'arte plastica una serie di legami con la presenza padovana di Donatello da cui emergono sia i nomi di Niccolò Baroncelli che di Domenico Paris. Il rapporto fra Bramante e la Serenissima è un campo di ricerca entro cui si possono prefigurare influenze delle tecniche attinenti lo stucco forte. Si da così un arco continuo fra Urbino e la Dominante, passando da Rimini e la Dalmazia, ricucendo, forse, quello che per ora era una serie frammentata di episodi più ipotizzati che documentati.

The aim of this paper is to contextualize the Statue of Clement XI (1706 1710, Urbino Cathedral) among Francesco Moratti’s sculptures of that period, highlighting the increase in commissions from Livio Odescalchi to Clement XI. In 1701 ca commissions were made by John Cecil, the 5th Earl of Exeter as well as others for group sculptures with Saint Francis de Sales and the Angel (1699-1701), commissioned by Giovan Domenico Transi for the Church of Santa Maria della Visitazione in Rome and Saint Francis de Sales now in the Monastery of the Visitation. The Bust of the Cardinal Henry Noris (Rome, Biblioteca Angelica), sculpted in 1704, is characterized by the same marked realism as the statues of Clement XI of Urbino and Montecassino. The Statue of Saint Simon (1704-1710), commissioned by Pope Albani for The Church of San Giovanni in Laterano and created from a drawing of the famous painter Carlo Maratti, can be placed in the period of full maturity of the artist. Clement XI was also the client of the two Tritons sculpted for the Fountain of the Tritons (1717-1719), the last known work of the Paduan sculptor in Rome. The drapery in Saint Francis de Sales and in the statues of Saint Simon and Clement XI can be explained referring to seventeenth century drapery, but in these sculptures, it is ‘tempered’ by Moratti, as in the Statue of Clement XI (1708-1711) of Montecassino with its softer drapery.

Questo contributo vuole cercare di contestualizzare la Statua di Clemente XI (1706-1710, Duomo di Urbino) tra le opere di Francesco Moratti di quel periodo, mettendo in luce il crescere delle committenze a partire da Livio Odescalchi sino al pontefice urbinate. Al 1701 ca si datano le commissioni del quinto conte di Exeter John Cecil e il gruppo scultoreo con San Francesco di Sales e l’angelo (1699-1701), commissionato da Giovan Domenico Transi per la chiesa romana di Santa Maria della Visitazione e San Francesco di Sales e oggi sito presso il Monastero della Visitazione.
Al 1704 risale il Busto del cardinale Enrico Noris (Roma, Biblioteca Angelica), caratterizzato da un marcato realismo affine a quello delle statue di Clemente XI di Urbino e di Montecassino.
La Statua di San Simone (1704-1710), voluta da Papa Albani per il cantiere degli Apostoli di San Giovanni in Laterano ed eseguita su disegno del celebre pittore di Camerano, Carlo Maratti, si colloca nella piena maturità dell’artista. Al pontefice urbinate spetta anche la commissione dei due Tritoni scolpiti per la Fontana dei Tritoni (1717-1719), ultima opera nota dello scultore padovano a Roma.
Il ritmo dei panneggi nel San Francesco di Sales e nelle statue di San Simone e di Clemente XI si spiega pensando a quelli di pieno Seicento, che in questo caso vengono ‘temperati’ da Moratti, così come la Statua di Clemente XI (1708-1711) di Montecassino, che però si presenta più morbida nei panneggi.