Michele Dantini
Michele Dantini è Professore ordinario di Storia dell’arte contemporanea all’Università per Stranieri di Perugia, dove insegna dal 2016; e, dallo stesso anno, Visiting Professor a IMT Scuola di Alti Studi, Lucca. Si è laureato e perfezionato (Ph.D.) in storia dell’arte e della filosofia alla Scuola Normale Superiore di Pisa, con relatore di tesi di laurea Remo Bodei; relatrice di tesi di perfezionamento Paola Barocchi.
I suoi interessi vanno alla storia dell’arte dalla prima modernità a oggi: opere, artisti, movimenti, contesti. Principali linee di ricerca: a) il Grand Tour e la “costruzione” figurativa del mito dell’Italia; b) la crisi dell’Ancien Régime considerata nelle sue implicazioni storico-artistiche di lungo periodo; c) le avanguardie europee del primo Novecento, con particolare riferimento all’ambito italiano dei “valori plastici”, francese e tedesco-slavo; d) l’arte dei regimi totalitari tra le due guerre e le politiche culturali della Guerra Fredda; e) le neo avanguardie europee e americane degli anni ‘60 e ‘70, in particolare i temi geopolitico-culturali, dell’ambiente e del viaggio; f) l’arte dei primi due decenni del XXI secolo; g) i metodi della storia dell’arte e il rapporto tra storia dell’arte e storia della cultura; h) la critica d’arte e la sua storia recente.
Già nel comitato di redazione di «ROARS. Return on Academic Research and School», Michele Dantini è oggi membro del comitato editoriale delle riviste di classe A «Predella Journal of Visual Arts» e «piano B». Collabora alla “Rivista il Mulino”, “Il Foglio” e “Corriere della Sera”.
Tra 2017 e 2018 ha curato due grandi esposizioni internazionali, Paul Klee. Alle origini dell’arte”, MUDEC, Milano; e “Georges Braque vis à vis”, Palazzo Reale, Mantova.
Alcune tra le pubblicazioni più recenti e/o rilevanti:
_ “Le forme del divino. Temi di arte sacra tra prima modernità e Novecento”, il Mulino Bologna 2024
_ "'Patrimonio' e Stato democratico", in: Rivista il Mulino, LXXIII, 525, 1/2024, pp. 77-84
_ “Narrazioni atlantiche e arti visive 1949-1972”, a cura, Mimesis, Milano/Udine 2024 (con Lara Conte)
_ "Storia dell’arte e storia civile", in: Nuova informazione bibliografica, 1, 2023, pp. 87-106
_ “Storia dell’arte e storia civile”, il Mulino, Bologna 2022
_ “Arte e comunismo in Italia, 1943-1964”, a cura, ETS, Pisa 2022 (con Emanuele Pellegrini)
_ “Sulla delicatezza”, il Mulino, Bologna 2021
_ "Storia dell’arte e neuroscienze: come progettare nuove forme di collaborazione", in: Storie dell’arte. Studi in onore di Francesco Federico Mancini, 2 voll., Aguaplano, Perugia 2020, **, pp. 461-477
_ “Piero della Francesca e il Novecento. Una recensione dimenticata di Roberto Longhi”, in: Il capitale culturale, 22, dicembre 2020, pp. 173-196
_ “Bernard Berenson, gli Stein, Matisse e Picasso: prime ricognizioni a mo’ di cronologia ragionata”, in: Storia della critica d'arte, Annuario 2019, Scalpendi, Milano 2019, pp. 271-303
_ “L'entre-deux-guerres in Italia. Storia dell'arte, storia della critica, storia politica”, a cura, Aguaplano, Perugia 2019
_ “Continuità / discontinuità nell’arte e nella cultura italiane del Novecento. Arti visive, società e politica tra fascismo e neoavanguardie”, a cura, piano B, Bologna 2018, III, 1
_ “Arte e politica in Italia tra fascismo e Repubblica”, Donzelli, Roma 2018
_ “Religioni politiche. La storia dell’arte alla prova degli studi su fascismo, antifascismo e Resistenza”, in: Il capitale culturale, 18, 2018
_ “Arte italiana postbellica”, a cura di Michele Dantini e Lara Conte, «Predella», 37, 2016, numero monografico, ETS, Pisa
_ “Paul Klee. Epoca e stile”, Donzelli, Roma 2018
_ “Spose e revenants: Piero Manzoni, Achromes 1957-1959”, in: Fondazione Piero Manzoni, a cura di, Piero Manzoni. Nuovi studi, Carlo Cambi Editore, 2017, pp. 155-169, 239-242
_ “Arte e sfera pubblica”, Donzelli, Roma 2016
_ “Una polemica situata e da situare. Dicembre 1963: Carla Lonzi vs. Giulio Carlo Argan”, in: Predella, 36, aprile 2016, pp. 87-103
_“Geopolitiche dell'arte. Arte e critica d'arte italiana nel contesto internazionale 1957-2012”, Christian Marinotti, Milano 2012
_ “‘Ytalya subjecta’. Critica d'arte e narrazioni identitarie 1963-2010”, in: Il confine evanescente. Arte italiana 1960-2010, Electa, Milano 2010, pp.262-307
Supervisors: Santa Claus
I suoi interessi vanno alla storia dell’arte dalla prima modernità a oggi: opere, artisti, movimenti, contesti. Principali linee di ricerca: a) il Grand Tour e la “costruzione” figurativa del mito dell’Italia; b) la crisi dell’Ancien Régime considerata nelle sue implicazioni storico-artistiche di lungo periodo; c) le avanguardie europee del primo Novecento, con particolare riferimento all’ambito italiano dei “valori plastici”, francese e tedesco-slavo; d) l’arte dei regimi totalitari tra le due guerre e le politiche culturali della Guerra Fredda; e) le neo avanguardie europee e americane degli anni ‘60 e ‘70, in particolare i temi geopolitico-culturali, dell’ambiente e del viaggio; f) l’arte dei primi due decenni del XXI secolo; g) i metodi della storia dell’arte e il rapporto tra storia dell’arte e storia della cultura; h) la critica d’arte e la sua storia recente.
Già nel comitato di redazione di «ROARS. Return on Academic Research and School», Michele Dantini è oggi membro del comitato editoriale delle riviste di classe A «Predella Journal of Visual Arts» e «piano B». Collabora alla “Rivista il Mulino”, “Il Foglio” e “Corriere della Sera”.
Tra 2017 e 2018 ha curato due grandi esposizioni internazionali, Paul Klee. Alle origini dell’arte”, MUDEC, Milano; e “Georges Braque vis à vis”, Palazzo Reale, Mantova.
Alcune tra le pubblicazioni più recenti e/o rilevanti:
_ “Le forme del divino. Temi di arte sacra tra prima modernità e Novecento”, il Mulino Bologna 2024
_ "'Patrimonio' e Stato democratico", in: Rivista il Mulino, LXXIII, 525, 1/2024, pp. 77-84
_ “Narrazioni atlantiche e arti visive 1949-1972”, a cura, Mimesis, Milano/Udine 2024 (con Lara Conte)
_ "Storia dell’arte e storia civile", in: Nuova informazione bibliografica, 1, 2023, pp. 87-106
_ “Storia dell’arte e storia civile”, il Mulino, Bologna 2022
_ “Arte e comunismo in Italia, 1943-1964”, a cura, ETS, Pisa 2022 (con Emanuele Pellegrini)
_ “Sulla delicatezza”, il Mulino, Bologna 2021
_ "Storia dell’arte e neuroscienze: come progettare nuove forme di collaborazione", in: Storie dell’arte. Studi in onore di Francesco Federico Mancini, 2 voll., Aguaplano, Perugia 2020, **, pp. 461-477
_ “Piero della Francesca e il Novecento. Una recensione dimenticata di Roberto Longhi”, in: Il capitale culturale, 22, dicembre 2020, pp. 173-196
_ “Bernard Berenson, gli Stein, Matisse e Picasso: prime ricognizioni a mo’ di cronologia ragionata”, in: Storia della critica d'arte, Annuario 2019, Scalpendi, Milano 2019, pp. 271-303
_ “L'entre-deux-guerres in Italia. Storia dell'arte, storia della critica, storia politica”, a cura, Aguaplano, Perugia 2019
_ “Continuità / discontinuità nell’arte e nella cultura italiane del Novecento. Arti visive, società e politica tra fascismo e neoavanguardie”, a cura, piano B, Bologna 2018, III, 1
_ “Arte e politica in Italia tra fascismo e Repubblica”, Donzelli, Roma 2018
_ “Religioni politiche. La storia dell’arte alla prova degli studi su fascismo, antifascismo e Resistenza”, in: Il capitale culturale, 18, 2018
_ “Arte italiana postbellica”, a cura di Michele Dantini e Lara Conte, «Predella», 37, 2016, numero monografico, ETS, Pisa
_ “Paul Klee. Epoca e stile”, Donzelli, Roma 2018
_ “Spose e revenants: Piero Manzoni, Achromes 1957-1959”, in: Fondazione Piero Manzoni, a cura di, Piero Manzoni. Nuovi studi, Carlo Cambi Editore, 2017, pp. 155-169, 239-242
_ “Arte e sfera pubblica”, Donzelli, Roma 2016
_ “Una polemica situata e da situare. Dicembre 1963: Carla Lonzi vs. Giulio Carlo Argan”, in: Predella, 36, aprile 2016, pp. 87-103
_“Geopolitiche dell'arte. Arte e critica d'arte italiana nel contesto internazionale 1957-2012”, Christian Marinotti, Milano 2012
_ “‘Ytalya subjecta’. Critica d'arte e narrazioni identitarie 1963-2010”, in: Il confine evanescente. Arte italiana 1960-2010, Electa, Milano 2010, pp.262-307
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Monographs by Michele Dantini
In questo suo libro, dedicato ai temi della «liturgia politica» considerati sotto profili specificamente storico-artistici, Michele Dantini si sofferma in modo ampio e dettagliato su alcune figure di artisti, critici, intellettuali che sembrano trovarsi ideologicamente agli antipodi nel corso degli anni Venti e Trenta: Edoardo Persico, ad esempio, la cui attività è ricostruita non solo con riferimento all’arte e all’architettura, ma anche in relazione alla cultura giuridica, storica e religiosa degli anni Venti e primi Trenta; o Giuseppe Bottai, delle cui politiche a favore dell’arte contemporanea e del patrimonio è proposta qui un’interpretazione in larga parte inedita.
«Organizzatori» di cultura tra i più noti, da Marinetti a Carli, da Gobetti a Suckert|Malaparte, da Soffici a Croce; un poeta come Montale; e studiosi come Lionello Venturi o il giovane Argan ricevono qui nuova luce, mentre artisti considerati “minori” salgono improvvisamente in primo piano - è il caso di Tullio Garbari. D’altra parte nel saggio su Persico, che si conclude con un attento esame dei progetti per allestimenti, Dantini pone le premesse per una comprensione diramata e molteplice di Lucio Fontana, cruciale trait-d’union tra le due metà del secolo se considerato dal punto di vista dell’«arte sacra» e del suo rinnovamento.
Nel far questo intreccia intimamente, poggiando su basi documentarie rigorose, storia dell’arte, storia politica e storia culturale; e dà conto, nel terzo e ultimo saggio del volume, dell’importanza degli studi di Renzo De Felice e scuola per la storia dell’arte. Recupera così, da punti di vista storiografici e critici insieme, le fila di un dialogo interrotto tra discipline.
ENG:
The exhibition proposed by MUDEC sets out to offer a new and more precise definition of “primitivism” in early 20th-century art, referred specifically to Klee but not stopping there. By and large, when we speak of “primitivism” we are thinking of something associated with an interest in imitating “tribal” African and Oceanic art. “Primitivism”, therefore, is understood as a style.
Anyway, for Klee as well as other artists ranging from Matisse to Picasso, the concept of “primitive” went well beyond the “ethnographic” category. The MUDEC exhibition will explore Paul Klee’s involvement in the “primitivist” movement and show how truly personalized it was, as he interiorized the stylistic and conceptual innovations of “primitive” art in the framework of his own cues and theories on painting, then added them to the inspiration he found both in pre-classical (Egyptian and Early Greek, for instance) and (even more) post-classical Western tradition (Early Christian, Middle Age, German Early Renaissance), whose appreciation and relevance is more immediately detectable, in Klee, than interests focused on “ethnography” or “ethnographical art”.
The exhibition will contain a selection of the artist’s works alongside a range of other related items, included magazines and other archival materials that document Klee’s specific background in these areas of art-historical|archeological knowledge and taste.
Nei saggi del catalogo Electa, firmati da Michele Dantini e Markus Müller (insieme alla prima traduzione italiana di un celebre saggio dedicato a Braque del grande storico dell’arte inglese Michael Baxandall e a una ricca antologia di ulteriori testi, inediti in italiano), sono ricostruite le relazioni tra Braque e gli artisti, da una parte della sua generazione, dall’altra della generazione più giovane, incluso Duchamp.
Infine, in occasione della mostra, l’artista Flavio Favelli reinterpreta la «Scultura in carta» installata da Braque in studio nel febbraio del 1914, fotografata al tempo e poi andata distrutta.
La «mutazione» si compie tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento: se un artista come Fontana rimane fedele a un mondo la cui capitale è Parigi, e il cui faro indiscusso è Picasso, Manzoni apre a geografie artistiche atlantiche. Intende la citazione non come mera ripetizione o gioco culturale, ma come pratica distorsiva, satirica e fantastica. «Plagio» e «furto» iconografico, ai suoi occhi, sono modi attraverso cui la Periferia può tornare a parlare di sé e modificare i rapporti che la legano al Centro.
Critici e curatori qualificati partecipano a pieno titolo al negoziato tra culture artistiche e comunità economiche e politiche. Si tratta pur sempre di destare un’idea di Paese, ritrovarla in questo o quell’artista e rilanciare sul piano sovranazionale. Mostre e interpretazioni modellano fantasie comunitarie e progetti di identità cui gli artisti corrispondono (o cercano di sottrarsi) nei modi più diversi, con repliche figurate e tecniche congeniali.
Agli Oggetti in meno sembra essere affidato come il segreto della transizione pre-poveristica e “concettuale”; addirittura la risposta italiana all’aggressività imprenditoriale americana. In senso lato possiamo affermare che gli Specchi sono ancora pittura: del quadro preservano morfologia, tecniche (quantomeno nel primo momento, quando prevedono disegno) e racconto. Gli Oggetti in meno si dispiegano invece nello “spazio”: sono per lo più (non sempre; non necessariamente) installazioni, “ambienti”.
La domanda è: costituiscono davvero una serie, cioè lo sono storicamente, nel disegno che ne possiede l’artista sin da subito; o lo diventano retrospettivamente, con propositi sottilmente mitografici e autoritari, nel racconto che di sè dà Pistoletto?
In questo suo libro, dedicato ai temi della «liturgia politica» considerati sotto profili specificamente storico-artistici, Michele Dantini si sofferma in modo ampio e dettagliato su alcune figure di artisti, critici, intellettuali che sembrano trovarsi ideologicamente agli antipodi nel corso degli anni Venti e Trenta: Edoardo Persico, ad esempio, la cui attività è ricostruita non solo con riferimento all’arte e all’architettura, ma anche in relazione alla cultura giuridica, storica e religiosa degli anni Venti e primi Trenta; o Giuseppe Bottai, delle cui politiche a favore dell’arte contemporanea e del patrimonio è proposta qui un’interpretazione in larga parte inedita.
«Organizzatori» di cultura tra i più noti, da Marinetti a Carli, da Gobetti a Suckert|Malaparte, da Soffici a Croce; un poeta come Montale; e studiosi come Lionello Venturi o il giovane Argan ricevono qui nuova luce, mentre artisti considerati “minori” salgono improvvisamente in primo piano - è il caso di Tullio Garbari. D’altra parte nel saggio su Persico, che si conclude con un attento esame dei progetti per allestimenti, Dantini pone le premesse per una comprensione diramata e molteplice di Lucio Fontana, cruciale trait-d’union tra le due metà del secolo se considerato dal punto di vista dell’«arte sacra» e del suo rinnovamento.
Nel far questo intreccia intimamente, poggiando su basi documentarie rigorose, storia dell’arte, storia politica e storia culturale; e dà conto, nel terzo e ultimo saggio del volume, dell’importanza degli studi di Renzo De Felice e scuola per la storia dell’arte. Recupera così, da punti di vista storiografici e critici insieme, le fila di un dialogo interrotto tra discipline.
ENG:
The exhibition proposed by MUDEC sets out to offer a new and more precise definition of “primitivism” in early 20th-century art, referred specifically to Klee but not stopping there. By and large, when we speak of “primitivism” we are thinking of something associated with an interest in imitating “tribal” African and Oceanic art. “Primitivism”, therefore, is understood as a style.
Anyway, for Klee as well as other artists ranging from Matisse to Picasso, the concept of “primitive” went well beyond the “ethnographic” category. The MUDEC exhibition will explore Paul Klee’s involvement in the “primitivist” movement and show how truly personalized it was, as he interiorized the stylistic and conceptual innovations of “primitive” art in the framework of his own cues and theories on painting, then added them to the inspiration he found both in pre-classical (Egyptian and Early Greek, for instance) and (even more) post-classical Western tradition (Early Christian, Middle Age, German Early Renaissance), whose appreciation and relevance is more immediately detectable, in Klee, than interests focused on “ethnography” or “ethnographical art”.
The exhibition will contain a selection of the artist’s works alongside a range of other related items, included magazines and other archival materials that document Klee’s specific background in these areas of art-historical|archeological knowledge and taste.
Nei saggi del catalogo Electa, firmati da Michele Dantini e Markus Müller (insieme alla prima traduzione italiana di un celebre saggio dedicato a Braque del grande storico dell’arte inglese Michael Baxandall e a una ricca antologia di ulteriori testi, inediti in italiano), sono ricostruite le relazioni tra Braque e gli artisti, da una parte della sua generazione, dall’altra della generazione più giovane, incluso Duchamp.
Infine, in occasione della mostra, l’artista Flavio Favelli reinterpreta la «Scultura in carta» installata da Braque in studio nel febbraio del 1914, fotografata al tempo e poi andata distrutta.
La «mutazione» si compie tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento: se un artista come Fontana rimane fedele a un mondo la cui capitale è Parigi, e il cui faro indiscusso è Picasso, Manzoni apre a geografie artistiche atlantiche. Intende la citazione non come mera ripetizione o gioco culturale, ma come pratica distorsiva, satirica e fantastica. «Plagio» e «furto» iconografico, ai suoi occhi, sono modi attraverso cui la Periferia può tornare a parlare di sé e modificare i rapporti che la legano al Centro.
Critici e curatori qualificati partecipano a pieno titolo al negoziato tra culture artistiche e comunità economiche e politiche. Si tratta pur sempre di destare un’idea di Paese, ritrovarla in questo o quell’artista e rilanciare sul piano sovranazionale. Mostre e interpretazioni modellano fantasie comunitarie e progetti di identità cui gli artisti corrispondono (o cercano di sottrarsi) nei modi più diversi, con repliche figurate e tecniche congeniali.
Agli Oggetti in meno sembra essere affidato come il segreto della transizione pre-poveristica e “concettuale”; addirittura la risposta italiana all’aggressività imprenditoriale americana. In senso lato possiamo affermare che gli Specchi sono ancora pittura: del quadro preservano morfologia, tecniche (quantomeno nel primo momento, quando prevedono disegno) e racconto. Gli Oggetti in meno si dispiegano invece nello “spazio”: sono per lo più (non sempre; non necessariamente) installazioni, “ambienti”.
La domanda è: costituiscono davvero una serie, cioè lo sono storicamente, nel disegno che ne possiede l’artista sin da subito; o lo diventano retrospettivamente, con propositi sottilmente mitografici e autoritari, nel racconto che di sè dà Pistoletto?
Abbiamo così pensato di dedicare un intero numero monografico di «Predella - Journal of visual arts» al tema: protagonisti, istituzioni, luoghi comuni, sopravvivenze etc.
Un numero (bilingue online e su carta) dedicato non solo all’arte (mancano ad oggi periodizzazioni adeguate) e agli artisti, ma anche alle infrastrutture ideologiche, le organizzazioni di partito, i dirigenti culturali, il mercato "alternativo", le attese e i condizionamenti da parte sovietica etc.
(Perugia, Università per Stranieri, 22-23 maggio 2018), si propongono di tracciare un quadro ampio e frastagliato dei rapporti tra artisti, società e politica nel periodo dell'entre-deux-guerres in Italia. A fronte dei numerosi ambiti tematici esplorati, si possono indicare significative convergenze di interessi: relative all'indagine sulle politiche artistiche e culturali, ad esempio; o all'esame del ruolo sociale di artisti impegnati, in Italia, nell'allestimento di forme visuali di "liturgia politica"; o, ancora, al tentativo di decifrare la difficile transizione tra fascismo e Repubblica. Non mancano ricerche dedicate al collezionismo pubblico e privato nel Ventennio, alle diverse accezioni e "ideologie" del fascismo futurista, alla comunicazione artistica del regime e, non ultimi, ai contrasti e alle inquietudini che scuotono da subito, o a distanza di qualche decennio, il fronte tutt'altro che lineare e compatto dell'antifascismo. A differenza di altri regimi totalitari, il fascismo ha avvicinato le arti e ha sollecitato il consenso degli artisti senza praticare, almeno fino a un certo punto, una "politica dello stile". Una simile circostanza rende più difficile tracciare demarcazioni nette o stabilire categorie. Inoltre, la continuità di medio periodo tra interventismo, nazionalismo, futurismo, fiumanesimo e fascismo delle origini contribuisce a caratterizzare in senso pressoché unico la scena italiana in merito al rapporto tra arte e mito nazionale - il mito della «Grande Italia» - immediatamente prima e dopo la Marcia su Roma. Nasce da queste constatazioni la duplice ambizione del convegno e del volume. Sotto il profilo delle narrazioni storiografiche, avviare trattazioni più connesse e integrate della prima e della seconda metà del Novecento italiano, sfidando cesure considerate sino a oggi invalicabili, mutamenti di ideologia o di dizionario, edificanti paradigmi postbellici - ad esempio, quello della "tabula rasa". Sotto il profilo del metodo, incoraggiare il dialogo tra discipline oggi distanti e separate.
saggi di Fabio Benzi Luca La Rovere Michele Dantini Cristina Galassi Emanuele Pellegrini Marta Nezzo Alessandro Del Puppo, Tommaso Casini Alessandro Romanello Stefania Petrillo Aurora Roscini Vitali Michela Morelli Andrea Baffoni Antonio Allegra Alessandra Migliorati
La storia postbellica dell’arte italiana è profondamente segnata dagli equilibri geopolitici e culturali della guerra fredda, e da quello che potremmo chiamare il marketing delle identità culturali. Con gli strumenti della filologia visiva e un’attenta critica delle fonti diviene possibile avviare un proficuo dialogo tra la storia dell’arte e la storia politica e sociale tout court sui temi dell’identità nazionale e del “nation-building”. La difficile ricerca di nuove e plausibili definizioni identitarie all’indomani della guerra, il dibattito sui modelli di sviluppo negli anni della ricostruzione, le differenti opzioni ideologiche e i conflitti di idee nel decennio del boom e della contestazione pervadono il discorso secondario, aleggiano attorno alle opere e contribuiscono a modellarne tecniche e retoriche in una misura sinora non sempre registrata.
La storiografia angloamericana si è interessata all’arte italiana postbellica in anni recenti, e con pieno merito, sollevando problemi, invocando nuove prospettive storiografiche, dispiegando confronti. E’ tuttavia inevitabile che la ricostruzione mostri rigidità ideologiche e angolature su cui è utile riflettere, anche per la mancanza della traduzione delle fonti in lingua inglese, che rischia sovente di sbilanciare o appiattire il discorso sui pochi testi disponibili.
Lungi dall’attestarsi sulla schematicità di posizioni ideologiche riassunte nella contrapposizione “fascismo|antifascismo”, l’arte italiana degli anni Sessanta-Settanta cerca, spesso con successo, di definire una propria collocazione nel contesto internazionale, ripristinare un dialogo in parte interrotto con le avanguardie storiche e i Maestri entre-deux-guerres e innovare sul piano specificamente formale.
Si tratta adesso, esauritasi per ovvie ragioni cronologiche la stagione della critica militante e venuti a maturità gli studi delle fonti documentarie, di sperimentare una posizione critica terza, mirata ad avvicinare le opere sul duplice presupposto di una loro autonoma (benché certo non irrelata) capacità di dichiarazione; e a procurare all’arte italiana postbellica una connoisseurship specifica, tale da spingere la ricerca, ove necessario, oltre la fedeltà all’egodocumento in direzione di un’indagine compiutamente storiografica.
Il progetto del numero monografico di Predella si propone come seminario di riflessione aperto a contributi internazionali. Ci auguriamo che possano trovarvi spazio stimolanti prospettive di indagine per lo studio dell’arte e la critica d’arte italiana dal dopoguerra a oggi; e che una nuova generazione di studi abbia qui un suo momento di cristallizzazione.
https://teseo.unitn.it/palinsesti/issue/view/87
Nella grande aula di Palazzo della Ragione sono presentate circa 150 opere risalenti prevalentemente al periodo tra le due guerre e al secondo dopoguerra. Grazie a un nutrito corpus di opere grafiche, insieme a libri d’artisti e ceramiche, provenienti dal Kunstmuseum Pablo Picasso di Münster, la mostra indaga l’influenza, spesso trascurata, che Braque ha esercitato sull’arte francese degli anni Sessanta e Settanta. Il percorso è arricchito da gouaches di proprietà del Musée des Beaux-Arts di Belfort, da un arazzo in lana e cotone della Cité international de la tapisserie di Aubusson e da alcuni olii provenienti da istituzioni europee, tra cui la Fondation Marguerite et Aimé Maeght di Saint-Paul-de-Vence e il Museo del Novecento di Milano. In mostra sono presenti anche opere di Matisse, Picasso, Derain, Léger e Delaunay-Terk.
L’esposizione considera con rinnovata attenzione la produzione matura e tarda di Braque, caratterizzata dall’affermarsi di un orientamento ideografico o pittografico, per cui, nella visione di Braque, arti figurative e poesia acquistano tratti morfologici comuni. Sono gli anni in cui egli inizia a riprodurre incessantemente una ristretta serie di motivi, un alfabeto fantastico fatto di pochi lemmi (gli uccelli, l’auriga, la coppia di amanti, il pesce, il vaso...), replicati e perfezionati alla ricerca di una semplicità ultima e definitiva.
Nei saggi del catalogo Electa, firmati da Michele Dantini e Markus Müller (insieme alla prima traduzione italiana di un celebre saggio dedicato a Braque del grande storico dell’arte inglese Michael Baxandall e a una ricca antologia di ulteriori testi mai apparsi in italiano), sono ricostruite le relazioni tra Braque e gli artisti, da una parte della sua generazione, dall’altra della generazione più giovane, incluso Duchamp.
Infine, in occasione di «Braque vis-à-vis», il curatore della mostra ha chiesto a Flavio Favelli, artista italiano affermato a livello nazionale e internazionale, di reinterpretare la misteriosa Scultura in carta, installata da Braque nel suo studio nel febbraio del 1914, fotografata al tempo e poi andata distrutta.
22.11.2024, h11.00, Aula H, Palazzina Valitutti
Tema della lecture: Tosatti illustrerà in aula un ciclo di opere site-specific di riqualificazione urbana, Le sette stagioni dello spirito, 2013-2016, che ha avuto per contesto programmatico la città di Napoli in differenti luoghi deserti e abbandonati: chiese dismesse, ex uffici amministrativi, ex magazzini industriali etc. Nel “restituire” alla città questi luoghi, Tosatti ha inteso, attraverso citazioni visive e letterarie, ripristinare una memoria della grande arte secentesca napoletana nelle sue implicazioni etiche, religiose e liturgiche (già il titolo del ciclo rinvia alle Sette opere di Misericordia di Caravaggio, 1606-1607, conservato a Napoli presso il Pio Monte della Misericordia); e proporre un paradigma di modernità artistica non separata da istanze di carità.
La lecture intreccia i molteplici temi trattati in sede didattica: la rilettura dell'Ancient Régime in Italia, il rapporto tra storia religiosa, storia civile e storia dell’arte, la costruzione (attraverso immagini dipinte e scolpite) di un particolare mito grandturistico della penisola, tra apprezzamenti e ambivalenze.
Artista, critico e attivista culturale, Gian Maria Tosatti nasce a Roma nel 1980 dove, dopo essersi formato nel campo dell'arte visiva e performativa, inizia un percorso al confine tra architettura e arti visive e realizza installazioni site specific. Tra 2008 e il 2018 vive e lavora a New York, prima di ristabilirsi in Europa. Sceglie Napoli come proprio ambito di attività. Nel 2022 espone al Padiglione Italia della Biennale di Venezia; dal 2021 al 2024 è Direttore artistico della Triennale di Roma.
As a part of 2017 PRIN «Transatlantic Transfers: the Italian presence in post-war America (TT project)», three days of study will be dedicated to visual arts, art criticism and history of exhibitions with main focuses on topics, issues and ideologies connected to the reception/circulation of Italian neo-avant-gardes in the United States between “monochrome painting” and Conceptual Art.
In attesa del nostro ritorno al museo celebriamo da casa quel momento e approfondiamo i valori allora espressi dai due importanti artisti attraverso le loro opere con tre piccoli, ma preziosissimi “video-incontri”.
3 aprile: L’assessore alla Cultura del Comune di Perugia Leonardo Varasano ci introdurrà all’evento attraverso uno spezzone della performance di Joseph Beuys
10 aprile: Il Professore Michele Dantini, storico e critico d’arte e docente presso l’Università per Stranieri di Perugia, ci condurrà alla scoperta di “Opera unica”, la serie di sei lavagne di Joseph Beuys oggi conservate presso il Museo civico di Palazzo della Penna
17 aprile: L’avvocato e critico d’arte Italo Tomassoni, organizzatore dello storico incontro tra Beuys e Burri, ci porterà dritti nel cuore dell’evento attraverso un approfondito racconto di quel 3 aprile 1980
I video saranno visibili a partire dalle ore 18:30 dei giorni sopra indicati e resteranno da allora fruibili sulle pagine Facebook: Cultura Comune di Perugia, Museo civico di Palazzo della Penna, Bio Art Cafè - Palazzo della Penna e sulla pagina web: www.turismo.comune.perugia.it
Gli incontri sono a cura dall’Assessorato alla Cultura di Perugia in collaborazione con Munus Arts and Culture
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