Secondo dopoguerra

La guerra nella Valle Peligna giunse dal cielo, nell'estate del 1943, con i bombardamenti e i mitragliamenti anglo-americani sulla popolazione, poi da terra, con l'occupazione tedesca, in modo stabile e permanente dal 13 settembre all'8 giugno del 1944. Le vittime civili furono numerose, i danni alle infrastrutture e al tessuto sociale, incalcolabili. Come accadde altrove, anche in Valle Peligna la presenza tedesca alimentò sporadici fenomeni di resistenza non armata e comunque non sufficiente a suscitare particolare preoccupazione tra i comandi germanici. I casi di collaborazionismo e delazione, al contrario, furono frequenti e le conseguenze, in diversi casi, molto gravi...

La storia dei rapporti tra Italia e Germania dopo la seconda guerra mondiale è una delle chiavi per capire le contraddizioni dell'Europa contemporanea. L'Italia fu tra i principali sostenitori della rinascita di uno Stato tedesco affrancato dall'influenza sovietica: i due paesi dovevano far parte dello stesso sistema di relazioni economiche e politiche. Partendo dall'analisi del punto di vista italiano sulla «questione tedesca», il volume ricostruisce, anche attraverso le reciproche percezioni, le matrici politiche ed economiche alla base delle relazioni bilaterali dalla fine della seconda guerra mondiale alla metà degli anni Cinquanta. In questo decennio presero forma quelle peculiari condizioni geopolitiche su cui si sarebbero fondati i rapporti tra Italia e Repubblica Federale durante il periodo della guerra fredda.

Nel seguente saggio si è cercato di analizzare le trasformazioni sociali e politiche
caratterizzanti la città di Manfredonia nel periodo che va dalla data epocale dell’8
settembre 1943 fino al consolidamento della società democratica e dei partiti alle
soglie degli anni cinquanta.
Al fine di focalizzare meglio le dinamiche nazionali del secondo dopoguerra, si
è ritenuto utile setacciare la vita politica e governativa locale di un comune della
“periferia pugliese” per raggiungere il fine ultimo di tracciare delle affinità e delle
differenze fra la situazione generale e quella di una piccola realtà di provincia,
ponendo l’accento sulle necessità, i bisogni e le esigenze delle amministrazioni locali
e le risposte del governo centrale a queste istanze.
La ricerca archivistica presso l’Archivio Comunale di Manfredonia e l’analisi
delle delibere della Giunta municipale hanno permesso di esaminare l’evoluzione
della vita amministrativa cittadina e di notare le motivazioni che hanno portato
a determinate scelte e alle successive conseguenze, partendo dai sempre attuali
studi dei compianti Nicola Grasso e Michele Magno, del sempreverde metodico
Pasquale Ognissanti e dalle osservazioni fondamentali di Lorenzo Pellegrino.
Grande attenzione viene mostrata alla rinascita e alla vita dei partiti politici in
terra di Capitanata, soffermandoci però sul compito svolto da essi sul territorio,
le decisioni prese per arginare i problemi più urgenti alla fine del conflitto bellico
e le proposte di programmazione e sviluppo per il decennio dopo la ricostruzione

Il presente lavoro racconta la seconda parte della vita di Giovanna Boccalini Barcellona, lodigiana, insegnante, femminista, partigiana, politica, sindacalista di cui nell’Archivio Storico Lodigiano del 2019 era stato presentato il periodo da lei vissuto a Lodi. In questo, invece, si analizza il periodo milanese della lodigiana con particolare interesse per l’impegno politico-amministrativo ed emancipazionista a partire dalla fine della guerra di Liberazione e fino agli inizi degli anni ’50. Le tre direttrici principali che sono state seguite sono: la partecipazione al CLN lombardo, la militanza all’interno dell’UDI e l’esperienza politica nell’amministrazione comunale milanese nelle prime due Giunte postfasciste. Non potendo completamente esaurire con questo lavoro il complesso e sfaccettato ruolo svolto da Boccalini Barcellona nei tre ambiti indicati, si è deciso di mettere in luce principalmente ciò che è stato da lei fatto e promosso individuando gli elementi di continuità con la sua formazione lodigiana. Per fare ciò, sono stati ripresi alcuni episodi legati alla sua permanenza a Lodi grazie alla consultazione di fonti orali che non erano state considerate precedentemente. A questo si deve aggiungere la straordinaria scoperta nell’Archivio Privato della famiglia Boccalini-Barcellona di una consistente quantità di documenti politici che hanno permesso di ricostruire alcuni momenti fondamentali della carriera politica di Giovanna Boccalini Barcellona e hanno anche consentito di riportare alla luce il variegato universo femminile che nell’Italia liberata rivendicava la parità in tutti i settori - nella vita privata, sociale, economica e politica - e sperimentava, all’interno dell’Unione Donne Italiane, i meccanismi democratici.

"La zia d’America", primo racconto della raccolta "Gli zii di Sicilia", inscena – secondo la definizione fornita dall’autore ne "La Sicilia come metafora" – l’«epopea del ritorno al paese natio, gli scherni e i dispetti tra i parenti, le gelosie e le zuffe del divario generazionale ed economico tra quelli sempre rimasti in paese e quelli venuti dopo tanti anni dall’America».
Sciascia assume a soggetto temi, vicende, momenti osservati nel corso della storia recente del paese natio e li eleva a storia della Sicilia, anzi della Nazione.  Sono temi, vicende, momenti fissati come istantanee nella sua memoria e ormai maturi per confluire, con lucida consapevolezza critica, sulla pagina letteraria, soggiacendo a quell’idea di scrittura polemista, perfetta sintesi di impegno e passione, demistificazione e verità, la cui urgenza rappresenta la molla e la marca più eminente della sua opera.
Claude Ambroise, che su "La zia d’America" è intervenuto in diversi scritti, ha rilevato come in questa «prima manifestazione della fantasia narrativa sciasciana, siano di facile reperimento delle situazioni […] di dualità culturale», su tutte la contrapposizione tra la Sicilia (specchio dell’Italia) e l’America.
Di categorie oppositive c’è traccia a più livelli nel racconto, con l’alternanza di sequenze riferibili ora alla dimensione privata ora alla  dimensione pubblica, con frequenti cambi di prospettiva che spostano l’azione dallo spazio domestico allo spazio del paese, con la restituzione, infine, di un affresco familiare che si fa affresco sociale e civile.

L’idea di una tesi che riguardasse il maestro Michele Depalma e la ricostruzione dell’ambiente artistico napoletano in cui si è formato è nata in maniera abbastanza naturale dopo un  contatto diretto con la personalità e le opere dell’artista.
L’influenza del maestro Emilio Notte ha fortemente segnato la formazione e il percorso artistico del giovane Depalma, giunto a Napoli nel 1949. Notte rivestiva un ruolo particolare in Accademia poiché la sua didattica, basata sul confronto e il dialogo con gli allievi, voleva “svecchiare” la tradizione figurativa partenopea. Frequentando le lezioni del maestro cegliese Depalma apprese il principio cardine della sua produzione pittorica: l’importanza della geometria come punto di partenza per la scomposizione strutturale della realtà, concetto che era alla base della rivoluzione modernista di Cézanne prima, e del linguaggio cubista poi.

A ridosso della campagna elettorale per il 18 aprile 1948 si aprì un intenso dibattito sull'utilizzo dei fondi americani nel Sud Italia e sull’opportunità che il Piano Erp poteva costituire per una definitiva risoluzione della questione meridionale. Questo fu l'argomento del convegno “Erp e Mezzogiorno" svoltosi a Bari nel settembre 1948, che vide coinvolti, come organizzatori, gli esponenti pugliesi dell’ex-azionismo e della nuova “Terza Forza” e, come relatori, alcuni tra i più noti esperti di questioni agrarie, finanziarie e industriali del Paese.
Fu Michele Cifarelli a curare i temi e l’impostazione dei lavori.
In quel momento segretario regionale pugliese del Pri, Cifarelli coinvolse nel progetto Francesco Compagna, Guido Macera, Mario Paggi, Manlio Rossi-Doria, Ferruccio Parri, Ernesto Rossi, il carteggio con i quali è stato recuperato in diversi archivi e posto in calce al volume.
A lui si deve, inoltre, un’attualissima riflessione sul ruolo fondamentale dell’Europa per risolvere il problema delle “aree depresse”. L’European Recovery Program, dunque, poteva costituire un’occasione per rinsaldare il progetto dell’unificazione europea e per affrontare finalmente in una dimensione più ampia, internazionale, il problema del Sud.
La pubblicazione degli Atti non fu mai portata a compimento, nonostante lo stato avanzato del lavoro di raccolta e di redazione dei discorsi: attraverso il recupero delle carte di Michele Cifarelli, conservate in diversi archivi, è oggi possibile, a 70 anni di distanza dal Congresso, completare l’operazione di sistemazione e di edizione.
Lo scopo di questo volume è testimoniare il grande contributo dato dal Congresso al dibattito sulla ricostruzione post-bellica e all’orientamento dell’opinione pubblica, attraverso tutti i canali di informazione allora disponibili, in primo luogo la carta stampata e i cinegiornali.

Giornata del Ricordo 2017 - Si presenta, da un lato, la vicenda istriano-fiumano-dalmata negli estremi drammatici che l’hanno contraddistinta, dall'altro , alcuni approfondimenti tematici, che portano elementi di riflessività e di apertura di comprensione e di significato.

Il 16 luglio 1947 iniziò a Livorno un processo fondamentale per far luce sull'allora recente passato nazifascista della provincia. Nella gabbia degli imputati figuravano molte delle autorità "repubblichine" labroniche, chiamate a rispondere della condanna a morte per rappresaglia di un prigioniero comunista, Oberdan Chiesa. Costui però non era una figura qualsiasi. Nonostante la giovane età aveva alle spalle un passato da esule, volontario antifranchista in Spagna, prigioniero di guerra e confinato politico. Rientrato a Livorno in seguito alla caduta del fascismo, dopo l'8 settembre 1943 si era avvicinato alla nascente Resistenza livornese, venendo arrestato prima di assumere un incarico dirigente. Nonostante ciò, anche dopo l'esito del processo per individuare i colpevoli della sua morte, il ricordo della sua triste vicenda ci mise del tempo prima di affermarsi incontrastato e diventare il caso più esemplificativo della durezza della guerra civile combattuta tra il 1943 e il 1945 nella provincia di Livorno. Per quale motivo?

Cosa rimane di Francesco Jovine e del suo Molise a quasi settant'anni dalla prematura morte dello scrittore: è la domanda suggerita dalla ristampa di "Viaggio nel Molise" (a mezzo secolo della prima edizione, 1967) e la recente scomparsa di Giose Rimanelli, che degli ultimi tempi e della morte di Jovine ha lasciato in "Molise Molise" una potente ma controversa testimonianza.
Tre articoli pubblicati su «Il Quotidiano del Molise» tra gennaio e febbraio 2018.,

Felice Del Vecchio (Castiglione Messer Marino 1929) pubblicò nel 1957 "La chiesa di Canneto", che fu tra i libri più discussi dell'anno e meritò l'importante Premio Viareggio, Opera Prima.
La vena lirica della rievocazione e la compiuta analisi della condizione umana del paese dell'infanzia e, con essa, della realtà contadina molisana, posero l'allora giovanissimo scrittore all'attenzione del mondo culturale italiano.
Ma i critici e i lettori che speravano di leggere ancora di Del Vecchio, andarono delusi. "La chiesa di Canneto" rimane il suo unico libro. Perché?
L'intervista, che risale al 1992, ha cercato di chiarire il mistero del silenzio direttamente con l'interessato, che viveva e insegnava a Milano, e di verificare quanto restasse del giudizio di trentacinque anni prima sulla terra di Molise tagliata fuori dalla storia.
La chiacchierata si snoda lungo un percorso biografico:
- Il seminario
- Di nuovo a Roccavivara (dove Del Vecchio era cresciuto, a casa dello zio don Duilio Lemme, parroco del paese)
- Il liceo a Campobasso (in convitto al "Mario Pagano")
- Il circolo delo professor de Filippis
- Campobasso nell'immediato dopoguerra
- L'università alla Scuola Normale di Pisa
- Il ritorno a Campobasso. Il sogno contadino
- La lotta contro la legge truffa
- Il movimentato ritiro a Roccavivara
- A Campobasso nasce "La chiesa di Canneto"
- La chiesa di Canneto
- L'emigrazione
- Il perdurante legame con il Molise,

Questo libro è frutto di una ricerca che ha portata alla riscoperta di un periodo storico ricco di eventi importanti ed in gran parte rimossi dalla nostra memoria: il dopoguerra alla frontiera occidentale, dove il conflitto è stato devastante per le città, i villaggi e le popolazioni. Qui ci si poteva augurare che la pace, portasse serenità, e voglia di ricostruire ma purtroppo i nuovi confini, comportarono, difficoltà e sacrifici che perdurarono a lungo.
Il Trattato di pace del 1947 comportò importante rettifiche nella frontiera con il passaggio alla Francia di Tenda, Briga e Molière. La giustificazione di queste annessioni fu il Rattachement, cioè la riunificazione delle terre dell’antico circondario di Nizza che erano rimaste italiane nel 1860. In realtà, anche altri villaggi, che non avevano fatto parte del circondario, divennero francesi come Piena, Libri e Piena Bassa, del comune di Olivetta S.M., nella media Valle Roia. Chi non volle diventare francese si trovò profugo.
La terra brigasca fu divisa tra due patrie, con il capoluogo La Brigue diventato francese e le frazioni di Realdo, Piaggia, Upega e Carnino rimaste italiane. Per alcuni anni i pastori di Realdo lottarono strenuamente per ricuperare i pascoli tradizionali diventati francesi necessari per la sopravvivenza dei loro greggi.
Sedici anni si protrasse la lunga controversia dei diciassette comuni liguri e piemontesi impegnati a ricuperare parte dei boschi, pascoli ed opere pie trovatisi al di là della nuova frontiera. Le vicende sono stati ricostruite anche grazie ai documenti inediti dell’archivio del Comitato per l’Italianità della Valle Roia, attivo a Sanremo dal 1946 al 1990. La ricca corrispondenza ha come protagonisti i personaggi del modo politico di quegli anni dal Presidente Alcide De Gasperi a vari Ministri e deputati tra i quali primeggia il più volte Ministro, l’On. Paolo Emilio Taviani, e la presidente del Comitato Nilla Gismondi impegnati in un dialogo continuo di cooperazione istituzionale, che oggi appare incredibile.
La Gismondi, donna gentile, madre di quattro figli, disponibile e determinata, difese con generosità l’italianità dei territori reclamati dalla Francia, venne incontro alle necessità dei profughi e coinvolse con intelligenza il mondo politico, per il ricupero da parte dei comuni di frontiera dei loro beni rimasti in al di là del confine.
Oggi a 75 anni dal termine del conflitto le ferite si sono rimarginate e sentimenti di amicizia e fratellanza animano di nuovo le popolazioni frontaliere. Editore De Ferrari, Genova)

Testimoni illustri come Piero Bigongiari, Lara Vinca Masini o Giovanni Michelucci hanno nel tempo affermato come qualcosa di speciale determini in Pistoia una vera e propria 'vocazione' all'arte che, per sua natura, nasce contemporanea. Il saggio si snoda come un viaggio nell'arte a Pistoia dal secondo dopoguerra attraverso le opere dell'allestimento di Palazzo De' Rossi-Fondazione Pistoia Musei, relative al progetto Pistoia Novecento. Sguardi sull'arte dal secondo dopoguerra. Oltre a configurarsi come un testo di commento alle opere esposte in questo allestimento temporaneo a lungo termine, il testo propone un approfondimento del contesto culturale pistoiese della seconda metà del secolo, a ideale integrazione del testo Cultura artistica a Pistoia dal secondo dopoguerra, pubblicato dalla stessa autrice nel volume Arte del Novecento a Pistoia , curato da Carlo Sisi (Silvana Editoriale, 2007). Una ricca selezione di documenti, provenienti da archivi d'artista e di istituzioni pubbliche e private, supporta la ricostruzione storica del periodo e arricchisce l'atlante centrale del volume creando un dialogo serrato tra opere e materiali documentari.

Tu pensi ora, evidentemente, a una rivista che contenti e diverta il pubblico, e che quindi ne segua i gusti: io penso ancora [...] a una rivista che guidi per quanto si può il pubblico su una certa strada, e lo costringa a pensare anche se pensare non è divertente. In questa diversità di vedute [...] c'è riflessa la tragedia italiana: il dissenso tra coloro che credono sia venuto il momento di tornare 'alla normali-tà', di riprendere per quanto si può la piacevole vita dell'anteguerra, di dimentica-re gli orrori passati e di liberarsi dai fastidi della politica e dei partiti (questo è in sostanza il programma dell'«Uomo qualunque») e coloro i quali continuano a cre-dere che ci sia ancora qualche passo da fare prima di rimettersi tranquilli [...]. 1 Nel settembre '45 Piero Calamandrei, scrivendo a Pietro Pancrazi, co-glieva, nel disagio che aveva indotto quest'ultimo a rinunciare ad affiancarlo alla testa del «Ponte», il riflesso di una profonda frattura negli umori del pae-se, che usciva prostrato da vent'anni di dittatura e da un conflitto sfociato nel collasso dello stato e in una guerra civile sanguinosa. A pochi mesi dalla fine della guerra, di fronte a chi-era il caso di Calamandrei-avvertiva l'«ango-scioso bisogno di sentirsi operai, anche modesti, del lavoro che ricomincia» 2 era l'immagine di una generale stanchezza ad accamparsi con forza. Come riconobbe Roberto Battaglia, «dopo una guerra [...] che ha scon-volto fin nelle fondamenta la nostra vita, di tutto si preferisce parlare fuor-ché dei più scottanti problemi che ci lascia in eredità, c'è il desiderio di di-1 Calamandrei a Pancrazi, 23 settembre 1945 (P. CALAMANDREI, Lettere 1915-1956, a cura di G. Agosti e A. Galante Garrone, Firenze, 1968, voi. II, p. 83). 2 I I PONTE, Il nostro programma, «Il Ponte», I, n. 1, aprile 1 9 4 5 , p. 3. 16

Pistoia, 16 ottobre 1944: Circa un centinaio di donne, quasi tutte con bambini in tenera età in braccio, hanno inscenato dimostrazione protesta davanti al Municipio, alla R. Prefettura ed alla sede dell'AMG, gridando "abbiamo fame, vogliamo pane". S.E. il Prefetto ed il Commissario Provinciale dell'AMG hanno ricevuto commissione dimostranti, assicurando che al più presto sarà aumentata la razione pane che attualmente è di gr. 100. L'Arma intervenuta ha sciolto pacificamente i dimostranti. Nessun incidente 1. Questa scena, riportata in maniera asciutta ma toccante dai Carabinieri, non ci testimonia soltanto la drammatica situazione in cui venne a trovarsi la popolazione pistoiese all'immediato indomani della Liberazione, a guerra ancora in corso e con il fronte attestato sulla Linea Gotica, ma ci restituisce un quadro comune e diffuso nell'Europa che usciva, lentamente e in tempi diversi, dal secondo conflitto mondiale. Keith Lowe, descrivendo lo stato di distruzione e inselvatichimento in cui era piombato il continente, ce ne fornisce una valida raffigurazione: "Ci si poteva aspettare che la situazione alimentare in Europa migliorasse un po' a guerra finita, ma in molti luoghi in realtà le cose peggiorarono. Nei mesi immediatamente successivi alla resa tedesca, gli Alleati si diedero da fare disperatamente e senza successo per dar da mangiare ai milioni di affamati d'Europa". L'Italia e Pistoia non facevano eccezione. "Un anno dopo la liberazione del sud Italia, nonostante i 100 milioni di dollari di aiuti arrivati nel paese, le massaie continuavano a ribellarsi contro i prezzi degli alimentari a Roma, dove nel dicembre 1944 si tenne una "marcia della fame" per protestare contro l'insufficienza di cibo. Alla fine della guerra, secondo una relazione dell'UNRRA, le rivolte per il cibo continuarono in tutto il paese" 2. Con le infrastrutture dei trasporti in gran parte distrutte e inservibili, e con l'agricoltura depredata ed impoverita, la crisi alimentare continuò ad affliggere le popolazioni italiane ed europee a lungo, ben oltre la fine del conflitto. Come vedremo, nel pistoiese il problema alimentare continuerà ad essere ai primi posti delle preoccupazioni tanto delle autorità che della popolazione. Ma la dimostrazione delle donne è paradigmatica anche per un altro aspetto. La sua modalità operativa divenne uno standard negli anni seguenti. I dimostranti, fossero lavoratori che chiedevano adeguamenti salariali per il carovita, disoccupati o donne che reclamavano cibo, tesero sempre a presentarsi alle autorità, sindaci o prefetto, chiedendo udienza, talvolta affiancati da membri del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), dei partiti antifascisti o della Camera del Lavoro (CdL), talaltra costringendo questi ultimi ad esercitare un'opera di mediazione a fronte di proteste

L'intervento si pone all’interno di un più ampio interesse per i modi dell’argomentazione gaddiana e per la sua particolare discorsività ragionativo-narrativa.
L'obiettivo è studiare la forma della recensione attraverso l’analisi di tre testi pubblicati nell’immediato dopoguerra sulla rivista fiorentina «Il Mondo» diretta da Bonsanti e poi confluiti nella raccolta I viaggi la morte: Il mondo di ieri, Anime e schemi e “Agostino” di Alberto Moravia.

L'articolo rende noto un archivio familiare importante per ricostruire un pezzo di storia dimenticata: l'ultima frontiera nazionale tracciata in valle Roya a seguito del Secondo conflitto mondiale. Si annunciano le piste di studio da seguire tra le carte prodotte dal Comitato per l'Italianità, fondato a Sanremo dalla famiglia Gismondi.

Riferimenti archivistici. Prima ricognizione (1984) degli atti depositati presso l’Archivio di Stato di Palermo. busta n.1 CLN (Comitato di liberazione nazionale) in Sicilia
Pag. 62-Elenco principali argomenti trattati
Pag. 65-Elenco organismi
Pag.70 -Elenco nominativi
Pag.75 -Elenco giornali (pubblicazioni a stampa)

Tesi di laurea in Storia e civiltà, Università di Pisa, relatori Ilaria Pavan, Luca Baldissara


In the years of postwar reconstruction, assistance programs took on particular importance. The problems of veterans, patriots, prisoners of war, displaced persons and refugees amplified the role of the state. My thesis retraces the history of two State administrations in charge with these problems: the Ministero per l'assistenza post-bellica in Italy (1945-47), and the Ministère des prisonniers, déportés, réfugiés in France (1944-45). Both administrations faced the legacies of fascism and total war and took care of the relief, rehabilitation and reintegration of civilians and soldiers, who had been uprooted by the unprecedented consequences of fighting, occupation, starvation, deportation and decolonization. Moving from the point of view of an "histoire politique de l'administration", in this dissertation I explore the political backgrounds of the administrative actors and I analyse the international circulation of knowledges and the relationships between national governments and international organizations like Unrra. My research, based on archive groups still unknown, argues that the procedures of the public intervention and the projects aimed at making these administrations durable contributed to the birth and development of modern welfare states and marked a discontinuity in the transition between the pre-war and the new democratic states.

Il lavoro si propone di analizzare il ruolo e le caratteristiche dell’avvocatura militante del legale bolognese Leonida Casali, esponente di spicco sia del Partito Comunista Italiano, sia del Comitato di Solidarietà Democratica nel secondo dopoguerra. Attraverso lo studio di vari casi particolari, quali i processi contro ex partigiani e militanti politici, si è puntato a far emergere l’intrinseca politicità dell’operato dell’avvocato, mostrandone, da una parte l’autorevolezza e l’autonomia operativa, dall’altra lo stretto rapporto che lo legava al PCI e al CSD. Tali aspetti permettono di delineare la figura dell’avvocato Casali come un unicum nel panorama della giustizia italiana dell’immediato dopoguerra.

1. Una nuova sede per l'EPIT (Ente Porto Industriale di Trieste). Uffici, servizi, abitazioni: la zona industriale e il futuro della città. Industria e identità. 2. Dal progetto del 1919 agli ordini del GMA (Governo Militare Alleato). 3. Ricostruzione e riedificazione fra italianità e internazionalità. La "anomalia" triestina. 4. Ricostruzione, questione abitativa, dibattito architettonico. La situazione in alcuni contesti europei. 5. Dai CIAM a Trieste: Ernesto N. Rogers e il quartiere residenziale della zona industriale. 6. Fra italianità e triestinità. La fine della ricostruzione, la ricerca di una nuova identità.
Schede
a) Studio Valle, Condominio per negozi, uffici e abotazioni in via San Francesco 12-14
b) L'Aquila e gli architetti. Le stazioni di servizio. BBPR, Stazione di servizio Aquila, riva Grumula. Romano Boico, Stazione di servizio in Piazza Duca degli Abruzzi.
c) Raffaello Battigelli, Edoardo Rutter, Uffici dell'Ente Zona Industriale di Trieste

Il contributo intende tracciare per grandi linee la storia della ricerca archeologica del secondo dopoguerra nella provincia ennese, evidenziando il fervore dell’attività scientifica compiuta capillarmente grazie al grande impegno della Soprintendenza alle Antichità della Sicilia Orientale. Negli anni Cinquanta e Sessanta, infatti, per merito dell’instancabile atti-vità condotta dall’archeologo Luigi Bernabò Brea, furono avviate esplorazioni in tutto il territorio della provincia, portando avanti l’encomiabile lavoro di ricerca già avviato da Paolo Orsi. Fu allora che l’area ennese fu interessata da una serie di ricognizioni, spesso anticipazione di importanti campagne di scavo dai risultati sorprendenti. In molti casi, infatti, ciò che oggi conosciamo della storia più antica del centro della Sicilia risale a quel periodo fortunato quando, grazie alla grande abnega-zione di Bernabò Brea e dei suoi collaboratori - tra cui non possiamo non ricordare Angelo Li Gotti e Gino Vinicio Gentili, a cui il Soprintendente assegnò aree da esplorare - si ebbero straordinari ritrovamenti. Così, anno dopo anno, andavano emergendo da più parti le tracce del passato dell’Umbilicus Siciliae, consentendo di ricostruire una lunghissima linea del tempo che dalla preistoria e protostoria, passando per Greci e Romani, giungeva all’epoca bizantina e medievale. Il saggio celebra, inoltre, il fondamentale contributo di Gino Vinicio Gentili a Piazza Armerina e di Erik Sjöqvist ad Aidone, grazie alle cui ricerche (sostenute da Bernabò Brea e spesso supportate da un mecenatismo senza eguali, soprattutto straniero) vennero alla luce due contesti archeologici straordinari - la villa romana del Casale e Morgantina - che ancora oggi rappresentano la punta di diamante del patrimonio culturale di questo territorio nonché il principale traino del turismo nel cuore dell’isola.

l lavoro si propone di analizzare il ruolo e le caratteristiche dell’avvocatura militante del legale bolognese Leonida Casali, esponente di spicco sia del Partito Comunista Italiano, sia del Comitato di Solidarietà Democratica nel secondo dopoguerra. Attraverso lo studio di vari casi particolari, quali i processi contro ex partigiani e militanti politici, si è puntato a far emergere l’intrinseca politicità dell’operato dell’avvocato, mostrandone, da una parte l’autorevolezza e l’autonomia operativa, dall’altra lo stretto rapporto che lo legava al PCI e al CSD. Tali aspetti permettono di delineare la figura dell’avvocato Casali come un unicum nel panorama della giustizia italiana dell’immediato dopoguerra.

Il saggio intende tracciare l'attività e la mentalità di un alto funzionario della Pubblica sicurezza italiana: il questore Carmelo Marzano.
La rilevanza del caso di Marzano è desumibile da alcune tappe della sua carriera, significative sotto il profilo della responsabilità personale e della storia nazionale. Tra queste: l'arresto di Mussolini il 25 luglio 1943, le indagini sul “triangolo rosso” a Modena a fine anni Quaranta, le operazioni antimafia a Palermo e Reggio Calabria nei primi anni Cinquanta, la gestione di una zona di confine come Trieste prima e di Roma alla fine degli anni Sessanta, durante i giorni del governo Tambroni.
Tale obiettivo è utile a far emergere e trattare notevoli questioni metodologiche e interpretative riguardo alla visione e al controllo della conflittualità da parte dello Stato, nell'ambito della più ampia dimensione dell'esercizio concreto – anche se a volte meno eclatante – della forza pubblica, ovvero del monopolio della violenza.
Un esempio: durante l'incarico di questore a Modena, Marzano si rese artefice di operazioni di “rastrellamento” dei paesi interessati dalla presenza di ex partigiani autori di vendette post-belliche, esprimendo peraltro giudizi di carattere “antropologico” sulla predisposizione al delitto e all'omertà della popolazione comunista della zona. Simili tecniche operative e tipologie di giudizio furono adoperate qualche anno dopo nella lotta alla 'Ndrangheta in Aspromonte. Ciò investe un ambito di studio trascurato dalla storiografia, quale il rapporto tra gestione dell'ordine pubblico e tutela della sicurezza pubblica, che ruota intorno alla comune categoria di criminalità.
La dimensione biografica, nel caso di Marzano, è altresì utile a esaminare sotto un'angolatura diversa temi quali la continuità tra Stato fascista e Stato democratico, tra strutture palesi e occulte, ecc.
Le fonti sono provenienti dal fondo dell'Alto commisariato per l'epurazione e del Ministero dell'Interno, dalla stampa nazionale e locale.

L’attività del Comitato di Liberazione Nazionale in Sicilia.  Anni 1943 -1946., come documentata a seguito prima ricognizione (1984) degli    atti depositati presso l’Archivio di Stato di Palermo. Busta n.2 CLN.Pa.

              Pag.2      -Elenco principali argomenti trattati;
              Pag. 11  -Elenco organismi;
              Pag.15-    Elenco nominativi; pag.15
              Pag.18 -  Elenco giornali (pubblicazioni);
              Pa.19 -      Repertorio atti d'archivio