Trapani

Parliamo, quasi naturalmente, - ma è importante ricordarlo - di un patrimonio che è fonte di vita, con poche altre risorse, l'ambiente, l'artigianato per la storica e mitica ma assai fragile cittadina. Che a sua volta costituisce, com'è noto, fonte vitale per l'intera economia turistica del Trapanese. In funzione di tali non secondari interessi queste righe vogliono, da un lato, dare notizia di un meritorio progetto, in corso di attuazione dal 2013, per il recupero pieno e fruitivo di un piccolo ma importante monumento settecentesco sinora sconosciuto ai più; dall'altro auspicare che i relativi lavori giungano, ormai a breve, alla loro conclusione. Si tratta, in concreto, di un piccolo ambiente, una cappella di poche decine di metri quadri, che la Fede dei nostri padri realizzò, dal 1740 in poi, come "Casa Santa o di Sales" (Castronovo) per esercizi spirituali "a sommossa del famoso missionario gesuita Michelangelo Lentini... a costa della chiesa di S. Cataldo, lontano dai cittadini rumori". Ne sosteneva le spese "Giovanni Curatolo, vero Prete, detto per antonomasia Il Buono". Tra la fine dello scorso secolo e il primo decennio del nostro, il piccolo ambiente religioso rimase affidato ad una piccola comunità di Suore (Le Beatitudini), dopo il cui trasferimento, però se ne dovette constatare un notevole degrado, specie del prezioso affresco della volta, a causa di condense ed infiltrazioni idriche.

Straordinario e plurimillenario libro di pietra, posto all’ingresso del porto di Trapani, vecchio forse più della città stessa, il castello della Colombaia di Trapani, fu oggetto nel 1993 di uno dei primi studi di archeologia dell’architettura in Sicilia, che ha consento di svelarne la ricchezza evolutiva. Benchè nell’edificio si sia ancora alla ricerca dei resti della cartaginese “Torre Peliade”, le analisi di “archeologia dell’architettura” permisero di comprendere le funzioni del Castello nei secoli ( fortilizio, faro, torre di difesa e di avvistamento, carcere regio e popolare, forse pure ospedale se non antico lazzaretto, deposito di munizioni, punto di trasmissioni radio… ) e di individuare i diversi corpi fabbrica costituenti il complesso.

The Colombaia Castle in Trapani is an extraordinary, multi-millennial stone book at the entrance to the port of Trapani, perhaps older than the city itself. In 1993, one of the first studies of architectural archaeology in Sicily revealed the richness of its evolution. Although the remains of the Carthaginian "Torre Peliade" are still being sought in the building, the "architectural archaeology" analyses made it possible to understand the castle's functions over the centuries (fortress, lighthouse, defence and watchtower, royal and people's prison, perhaps even a hospital if not an ancient lazaret, ammunition depot, radio transmission point...) and to identify the various buildings that made up the complex.

Tra i monumenti rinascimentali trapanesi di maggior conto, sia in senso storico che stilistico, è l’ex chiesa di San Michele; inedita,  sinora, perché abbastanza recente è la sua acquisizione al nostro patrimonio artistico e alla nostra conoscenza: insperato dono, tra tante rovine, del cataclisma bellico, che l’ha liberato dalle sovrastrutture barocche da cui era stata totalmente svisata, sino alla trasformazione in pianta ottagona.
Ma l’inedito è poco danno; più grave è l’abbandono in cui giace, ormai da varii anni, dopo le prime sollecite cure degli organi competenti. L’abbandono, ovviamente, significa chiusura, ignoranza del: cittadino, turista o studioso, progressivo danno, materiale, pericolo di perdita. Non parrà inopportuna, allora, una breve nota illustrativa.

SERPOTTA e il suo tempo SERPOTTA e il suo tempo La città di Palermo, all'indomani della dura repressione di Messina, l'eterna sua rivale ribellatasi alla Spagna (1678), vive i fasti di unica capitale del Viceregno di Sicilia. Questo libro dà ampiamente conto dei suoi "giorni d'oro", delle "meraviglie" di una produzione artistica raffinata e di tutto rispetto -d'uso e arredo liturgico o pertinente alla grande decorazione ecclesiastica o privata -, in un momento davvero particolare di felice interazione e connubio fra le arti, quando all'architetto ideatore e di grido, quale fu per esempio Giacomo Amato rientrato da Roma, si affiancano nell'elaborazione di un'opera valenti disegnatori, abili stuccatori, scelte maestranze di orafi, corallari, ebanisti, intagliatori, tutti interpreti congeniali delle sue invenzioni. Primo fra tutti Giacomo Serpotta, cui spettò il grande merito d'aver rivoluzionato l'arte dello stucco, facendolo assurgere alla stessa dignità del marmo, e d'aver dato elegante e candida veste decorativa a chiese e oratori. Amato e Serpotta si avvalsero fra l'altro della sinergica collaborazione di pittori/incisori della portata di un Pietro Aquila o di un Antonino Grano, capaci di tradurre le idee progettuali in schizzi, disegni, elaborati grafici via via sempre più dettagliati da consegnare alle varie maestranze per l'esecuzione. Grazie ai recenti interventi di restauro, tanti monumenti serpottiani in città sono stati restituiti al loro antico splendore: questo libro racconta della fitta rete relazionale di committenti d'eccezione, artisti aggiornati e valenti maestranze che ne hanno reso possibile la realizzazione.

Paris, Bibl. Mazarine, ms. Faralicq 05, f. 082( Heures à l'usage de Rennes ), 1433-dopo 1476 ? : Saint Albert de Messine Gli Abbate di Trapani "…al tempo che il buon re Guglielmo la Cicilia reggeva, era nella isola un gentile uomo chiamato messere Amerigo Abbate da Trapani, il quale, tra gli altri beni temporali, era di figliuoli assai ben fornito" G. Boccaccio, Decameron, V, VII "Henricus enim de Abbate, vir dives agri et auri ac habundans pecoribus in Valle Mazarie" "Palmerius de Abbate, oriundus de Trapano, civis Panormitanus, famosus in tota Sycilia, dives agri et pecoris inter omnes illos de Valle Mazarie" Saba Malaspina, Cronaca, pp. 133 s., 345 s. "Palmerius Abbas, miles egregius, cum immensa frugum copia donisque regalibus letus occurrit" Nicolò Speciale, Historia sicula, p, 311 La parabola degli Abbate di Trapani è anomala rispetto a quella di altre potenti famiglie siciliane del pieno Medioevo, perchè si svolge in un arco di tempo che va dagli anni '20 del XII secolo alla seconda metà del XIV, mentre il panorama della nobiltà siciliana di quei secoli vede scomparire, sul finire del Duecento, gran parte delle famiglie di origine normanna, come i Lentini o i Fimetta, e nascere, a volte proprio sulle spoglie di quelle, i nuovi signori della Sicilia trecentesca, venuti dal Meridione continentale, come i Chiaromonte, i Palizzi o i Rosso, o dalla Spagna, come gli Alagona, i Moncada, o, più tardi, i Peralta. I limiti cronologici di questa parabola sono il sintomo più evidente di un'altra anomalia degli Abbate, e cioè di una fedeltà alla monarchia che li apparta, per così dire, dalle altre grandi famiglie, fedeli alla "nazione" siciliana, come sostiene Enrico Mazzarese Fardella, più che alla monarchia.

CHIESE GESUITICHE TRAPANESI - PROF. VINCENZO SCUDERI
Relazione al Convegno “Il Trionfo della Fede. Le promozioni artistiche della Compagnia di Gesù in Sicilia”

Richiamarne essenzialmente le morfologie peculiari e riepilogarne aspetti ed eventuali problemi linguistici e culturali: questo il modesto intento di queste brevi note sulle cinque chiese - Marsala (1592), Trapani (1614), Mazara (1675-1700), Alcamo (1684) e Salemi (1697) - che l’Ordine di Sant’Ignazio realizzò nel trapanese, secondo la più accreditata cronologia storiografica; a fianco, ovviamente, dei relativi e più o meno
cospicui Collegi degli Studi, contestuali o antecedenti. Per tale motivo l’apparato filologico e bibliografico è affidato soprattutto alle note
strettamente necessarie;  mentre si rimanda, ovviamente, per i più larghi riferimenti analitici o generali, alle note fonti documentarie e storiografiche (ARSI, Alberti, Aguilera, Pirri, Patetta, Lima…) relative
all’architettura gesuitica, come ai noti testi sull’architettura barocca della Sicilia in generale (Blunt, Boscarino, Giuffrè, Nobile e altri).

SilvanaEditoriale I grandi capolavori del corallo I coralli di Trapani del XVII e XVIII secolo Intorno al corallo sono sorte infinite credenze, legate soprattutto alla sua forma e al suo colore intenso. Simbolo della bellezza e perfezione del Creato, divenne la materia prima insieme all'oro nella produzione di meravigliosi oggetti di culto. Il volume propone un'ampia rassegna di capolavori provenienti dalla Sicilia, terra dove la realizzazione di manufatti nel prezioso materiale ha raggiunto nei secoli l'apice della maestria artigianale. Tra le opere presentate, gioielli, calici, ostensori, reliquiari, presepi, oltre a sontuosi elementi d'arredo.

A recent restoration on Torre Oscura, an ancient historical tower in the main square of the city of Trapani, in Sicily, brought back to light an astronomical dial, showing moon phases as well as the Zodiac signs. A research in the city archive allowed to discover the name of the maker who made it in the 16th century. The movement is unfortunately lost.

Author can be contacted at: marisa.addomine@gmail.com

Author Mark Kurlansky’s quote underlines just how unique our relationship with salt is. Every European language has its equivalent of “The salt of the earth” or “Not worth his salt,” sayings which represent the value of salt, at least in earlier times. This paper explores why salt is not simply sodium chloride, using the long history of the saltworks in Trapani as a starting point for an investigation that finds salt at the intersection, in the past and today, of economics, politics, and social relations. The paper also examines the documentation that lead to Slow Food recognizing Trapani salt as a presidium, and poses questions about the correct place for artisanal alimentary products, as well as about the curious link between them and identity.

The Kalat project was born in 1994 during the "Sicilian spring" to combine tourism and archaeological research, through the drafting of territorial mappings. Performed for three years in the Trapani area, among countless contrasts, since 1998 he has worked in the Municipality of Campobello di Licata where for the first time in Italy, he has mapped the entire territory. In the Trapani area, the research concerned: a) the areas of the Montagnola of Burrania with its 42 archaeological sites, in the Municipality of Trapani; b) an area around the Castellazzo di Paceco, with the identification of a
section of the Roman road for Marsala; c) the deserted area of Pizzolungo of the so-called «Ludi Virgiliani», the Roman fortifications on the west side of Mount Erice and the network of historic paths on the eastern slope of the same Mount; d) an area at S. Andrea at Bonagia,
with the identification of a large Roman villa built on pre-existing structures as well as further finds in the cave at Rocca Giglio and furnaces at Misericordia. For more info about the project:  http://zeimuls.lv/wp-content/uploads/2018/01/kalat-presentation.pdf

La vocazione.marittima di Trapani ha radici antiche, legata ad una posizione geografica favorevole, punto di converg enza d,ei traffici tra il Mediterraneo centrale e occidentale, tra il Tirreno ed il canale di Sicilia, tra l'Europa e l'Africa' Finché Yenezia e la Spagna conservarono città e territori lungo le sponde orientali e meridionali del Mediterraneo, Trapani, dotata di un buon porto naturale, fu uno dei nodi dei traffici marittim j internazionali, scalo di transito verso Tunisi, creta, cipro. poi, rungo il corso del cinquecento, in corrispondenza con il lento ma generale arretramento dei possedimenti cristiani, il suo ruolo mutò; divenuta città di frontiera, essa sviluppò le risorse offerte dai suoi litorali: la pesca con la tonnara, l'estrazion. a.t sale, la raccolta e lavorazione del corallo. A sostegno di queste produzioni stava una vivace marineria, che intesseva rapporti con le principali piazze tirreniche ed adriatiche' Piccoli legni ma{e attrezzati ma capaci all'ocòasione di resistere agli assalti barbareschi e di praticare la corsa, percorrevano le rotte abituali del cabotaggio di medio raggio, verso cagliari, Genova, Livorno, Napoli, Yenezia.

Dopo una premessa sui committenti, si indagano i più rappresentativi simulacri lignei del XVIII secolo della Sicilia occidentale. Le statue sono state eseguite, secondo la pertinente temperie culturale, da scultori locali, talvolta ignari dei tratti innovativi del tempo, che hanno reiterato stilemi dei secoli precedenti. Tra gli artisti con bottega a Palermo, aggiornati alle più moderne istanze, si annoverano Barcellona, Quattrocchi e Valenza. Altre opere, perlopiù ubicate nelle chiese degli ordini religiosi, sono state approntate da autori napoletani su esplicita richiesta di attenti committenti. Alle opere partenopee va il merito di aver contribuito all’aggiornamento del linguaggio artistico di alcuni scultori siciliani che hanno guardato a queste statue anche per la tecnica di realizzazione. La Sicilia del Settecento si configura, dunque, come fulcro e crocevia di istanze e tendenze culturali provenienti da realtà artistiche esterne al contesto isolano.

Nel Museo Regionale Pepoli di Trapani si conserva l’unico esemplare ancora integro in Italia che nel tempo ha suscitato l’interesse e lo sgomento di molti intellettuali e scrittori, tra i quali Bernard Berenson, Vincenzo Consolo, Adriano Sofri e Vittorio Sgarbi.
Decollati. Storie di ghigliottinati in Sicilia è una raccolta di racconti relativi alle vicende e ai reati che condussero, nella Sicilia dell’Ottocento, nell’arco di un cinquantennio, a ventiquattro esecuzioni capitali. Si tratta del primo studio sull’uso della ghigliottina in Sicilia, sui tempi e sui luoghi in cui questo terribile strumento veniva utilizzato e sulle storie giudiziarie dei condannati. Ne emerge un ampio e minuzioso affresco delle condizioni sociali, economiche, culturali e politiche della Sicilia borbonica e sabauda e, più in generale, del Regno delle Due Sicilie, prima, e del Regno d’Italia, dopo. Una particolare attenzione è dedicata inoltre alla lingua usata dal volgo e dal potere, sia nelle aule di giustizia che nel contesto civile, intrisa di barocchismi e latinismi.

La serie di arazzi fiamminghi del XVI sec. che molto opportunamente il Lions Club di Marsala desidera fare più largamente conoscere, è costituita da otto pezzi che narrano episodi della “Guerra romano-giudaica”. Tale contenuto, come in effetti è avvenuto per altre serie, può anche definirsi “Storie di Vespasiano e del figlio Tito”; o, anche, come nel testamento del Donatore, “della distruzione di Gerusalemme”.
Nell’ordine degli episodi storici, di cui ci danno notizia Tacito e Giuseppe Flavio, essi rappresentano:
1) Giuseppe Flavio, difensore di Giotapada, esce dalla grotta dove si era rifugiato dopo la caduta della città ad opera di Vespasiano
2) Agrippa, re di Tiberiade perora la causa della città minacciata di distruzione, davanti a Vespasiano
3) Vespasiano è indotto ad accettare la nomina a imperatore decretatagli dai soldati alla morte di Nerone
4) Vespasiano imperatore riceve l’omaggio di un re
5) Vespasiano fa liberare Giuseppe Flavio dalle catene
6) Combattimento tra il giudeo Gionata e il romano Prisco
7) Il sacerdote Gesù di Nabuth offre a Tito, figlio di Vespasiano due candelieri e il libro sacro per la ripresa del culto nel Tempio di Gerusalemme
8) Tito offre un sacrificio a Javeh, dio dei Giudei
Si tratta, con piena evidenza, di una delle serie più belle della famosa arazzeria di Bruxelles nel suo periodo di maggior splendore artistico, commerciale e culturale, di cui pure, ovviamente, faremo cenno. Il suo interesse, pertanto, è quello, non comune, delle più alte creazioni artistiche; un arricchimento, cioè, per chiunque voglia accostarvisi, di piacere estetico e culturale, di qualità della vita in senso fisico, intellettuale e psichico. Né può meravigliare che il complesso sia rimasto sin ora quasi del tutto sconosciuto, se si pensa al luogo e ai modi di conservazione: una città molto decentrata, nonostante il suo nome e la sua funzione storica, antica e moderna, a non dire dei modi di conservazione de gli arazzi stessi, (almeno da qualche secolo) certo zelanti e gelosi ma tecnicamente carenti e di rara visibilità.

"The identification of stones is an indispensable instrument for the knowledge of the work of art, in order to appreciate its cultural value and to proceed to correct interventions of restoration.
In the present work are introduced the results of a macrocospic survey about stones and marbles employed in four examples of altars and in two examples of floor decoration of the Trapanese baroque. The province of Trapani offered and in part still offers today, a large stone collection of decorative, among these it is sufficient to cite the Libeccio Antico, one of the most famous and most used stones of the Baroque, introduced in Rome and Tuscany from the XVI century on.
"

JACOPINO SALEMI NELLA SCULTURA DEL MANIERISMO IN SICILIA.
VINCENZO SCUDERI
Negli studi più recenti la figura dello scultore-architetto Jacopo o Jacopino Salemi (com’è chiamato a volte anche nei documenti) è stata focalizzata più nella seconda che nella prima delle qualità anzidette. Come scultore la sua figura emerge la prima voita, nebulosamente (“un oscuro Giacomo Pino da Salemi”) nel Di Marzo (1883) poi, più chiaramente, con un articolo di Francesco Mirabella (1892). Nel Novecento e in questi primi anni del Duemila si è guardato, come accennavo, prevalentemente alla sua opera da architetto.
[...] È evidente che per una migliore comprensione dell’apporto di Jacopino Salemi alla cultura e al gusto della stagione del Manierismo in Sicilia, occorrerebbe “leggere” contestualmente i suoi manufatti e progetti scultorei ed architettonici; magari previo, in quest’ultimo campo, un migliore studio di quella straordinaria “Galleria palladiana” che può considerarsi, a mio avviso, il progetto - al 99% suo - per i coassiali “sacristia nova” e “saluni” (Aula capitolare e Studio) per i Carmelitani di Trapani.
Spero, frattanto, che a tale “miglior comprensione” possano essere anche minimamente utili le scarne note qui riunite.

Tra i monumenti più tipici e interessanti dell'architettura ericina è certamente la Chiesa di S. Giovanni, ora chiusa al culto e in pericolo di rovina. L'invocazione di restauro ed utilizzazione non parte, però, soltanto dai valori storico-artistici e urbanistici che essa concretizza, e che noi cercheremo qui di illustrare; bensì anche da esigenze sociali e turistiche d'immediato interesse per il piccolo centro erino che al turismo estivo, ancora in fase di strutturazione, affida ormai le quasi uniche speranze di sopravvivere. La Chiesa restaurata e riaperta al culto, quindi, non dovrebbe servire semplicemente al normale servizio religioso cittadino, ma in essa e negli annessi e già funzionali locali ricettivi dovrebbe trovare ospitalità ed incremento ogni iniziativa culturale-religiosa (con la Sagra della Bibbia e i Convegni Regionali dell'Azione Cattolica) e anche artistica.

The present study starts with an analysis of the ruin of “House 1” within the Archaic Period settlement (c. 570–530 BC) of Monte Polizzo (MP) in Salemi, Western Sicily (Fig. 12.1). The settlement is associated with a people known from historical sources (Thucydides 6.2.1–5) as “Elymian”, and is situated north of the westernmost Greek colony Selinus, east of the Phoenician city of Motya, south-east of Elyminan Eryx and south-south-west of the Doric-Elymian city of Segesta. The concepts of material culture in combination with the historical setting creates a valid platform for regarding the Monte Polizzo site, and especially the House 1 household(s), as an arena for the integration and negotiation of cultural streams (as the term is developed in Barth 1983) from the wider Mediterranean – especially from the east – and the impact of these streams on social practice.
The present article presents some background information, and outlines relevant features of the MP settlement. It then describes the House 1 site and proposes an internal chronology based on architectural and constructional evidence. More than a ton of ceramics were collected from House 1, i.e. vessels with various functions (storage, tableware and cooking) as well as of various origins (local, regional, Corinthian, Etruscan, and Punic) (cf. Mühlenbock and Prescott 2004). Other finds include bone and metal tools, jewellery and weapons