Alfonso V of Aragon

"De 1442 à 1501, les Aragonais occupent le trône napolitain. Grâce à une riche documentation textuelle et iconographique, cet ouvrage retrace la construction de l’imaginaire monarchique dans le royaume de Naples, puis sa diffusion dans les cours alliées et ennemies. Les portraits physiques des cinq rois de la branche aragonaise de Naples, ainsi que leurs portraits symboliques, notamment héraldique et emblématique, permettent l’étude de l’incarnation d’une identité napolitaine. Au-delà du corps royal, l’unité de la Couronne se dit aussi dans les portraits des serviteurs de l'État et ceux de la familia royale, tout comme dans les rituels, la mise en scène des résidences royales et ducales, et par la création d’un nouveau visage topographique de la capitale et du royaume.
L’expression de la souveraineté s’inscrit dans un vaste mouvement méditerranéen, envisagé des années 1420 au XVIIe siècle, de Valence à Naples, Florence, Ferrare, Barcelone ou Marseille. Le mécénat des rois de Naples et de leurs proches, ainsi que leur choix iconographiques, apparaissent respectueux des traditions aragonaises, angevines et souabes, mais aussi résolument modernes en dialogue avec les Flandres, l’Espagne et l’Italie contemporaines. Seule monarchie de la péninsule, ces vaincus de l’histoire, déchus lors des Guerres d’Italie, lèguent à l’Europe moderne le triomphe et le portrait à l’antique, la chronique monumentale, le portrait de ville et le portrait monétaire."

herausgegeben von P e t e r J o h a n e k Reihe A: Darstellungen B a n d 7 5 ADVENTUS STUDIEN ZUM HERRSCHERLICHEN EINZUG IN DIE STADT herausgegeben von P e t e r J o h a n e k und A n g e l ik a L a m p e n 2 0 0 9 BÖ HLAU VERLAG KÖ LN WEIMAR WIEN

"La muerte del conde de Niebla en El Laberinto de Fortuna de Juan de Mena" y el poema atribuído a Juan de Hempudia en Carajicomedia, abordan el tema de la guerra, uno de los más frecuentes de la literatura de ficción. Aún así, las descripciones de combates en la poesía medieval y renacentista apenas han despertado interés entre los estudiosos que las han examinado. Su contribución para este volumen contrasta tres textos en que la guerra es materia descriptiva: la sección de El Laberinto de Fortuna que Juan de Mena dedica al conde de Niebla, que asalta y muere ahogado ante el castillo de Gibraltar, con su parodia en el segundo poema de la Carajicomedia, pasando por la descripción que hace el marqués de Santillana de la desastrosa batalla naval en que cae prisionero Alfonso V de Aragón en su Comedieta de Ponza. Estos autores conocían bien la retórica y los lugares comunes que tienden a aparecer en las descripciones de batalla, y que han sido estudiados por Ernst Robert Curtius, pero sus obras se aproximan al conflicto armado a través de ópticas totalmente diferentes. Mena se sirve de ellos para aleccionar, Santillana para alabar a los castellanos y la Carajicomedia para burlarse de alguien que no se identifica excepto con el nombre de Diego Fajardo.

Nel 1444, due anni dopo l'insediamento della dinastia dei Trastàmara d'Aragona nel Regnum Siciliae citra Pharum, giunse a Napoli Borso D'Este, fratello del marchese di Ferrara. Borso, che fu ospite di Alfonso il Magnanimo, scrisse per il fratello Leonello un'insieme di pregevoli osservazioni sulla città di Napoli e sullo stato del Regno, in cui, tra l'altro, annotava come Alfonso non badasse a spese per dare splendore alla sua corte. L'attento osservatore ferrarese stimava che il sovrano, per mantenerla, dovesse spendere circa 1000 ducati al giorno e che tali costi dovessero lievitare ad almeno 1500 ducati giornalieri quando il re lasciava Napoli e muoveva con il suo seguito. 1 D'altronde, il Compte del banch d.en Miraball, scoperto alcuni anni fa da Henri Lapeyre nell'Archivo del Reino de Valencia e pubblicato di recente da Germán Navarro e David Igual, 2 certamente non induce a rivedere al ribasso tali stime, e non è difficile ipotizzare, sulla base dei dati disponibili, che i costi com-plessivi della corte, negli anni di regno di Alfonso, dovessero aumentare vertiginosamente, in seguito al continuo incremento della preziosa suppellettile del Castel Nuovo, al moltiplicarsi del personale e dei servizi, all'aumento del numero dei cortigiani e delle loro provvisioni. 3 In questa sede, non intendo però addentrarmi nell'analisi dei costi della corte, che richiederebbe un ampio e particolareggiato esame. Mi limito a ricordare che, in anni non molto lontani, alcuni storici hanno sottolineato come lo sfarzo abituale non diminuisse neppure in occasione di guerre, dal momento che al campo attendevano Alfonso padiglioni sontuosamente arredati, in cui egli amava immergersi in dotte conversazioni su Livio, Cesare e altri autori dell'antichità. 4

[ENG] Alfonso of Aragon, the Magnanimous (1394-1458), became king of the southern part of Italy after a twenty years long war. He was the Catalan King who completed the “trajectòria mediterrània” started by his ancestors in previous centuries and he reunited the two parts of the Kingdom of southern Italy, separated after the Sicilian Vespers (1282). After his conquest of Naples (1442), for about half a century the western Mediterranean became a “Catalan lake”. It was a short period, but it left an indelible mark in the institutional and cultural history of Europe. At his court, in fact, he gathered around himself the most learned intellectuals of the time, from any place: the concept of literature was completely renovated, and was adapted to the imperial aspirations of the new ruler. The cultural legitimacy of the new kingdom followed the different roads which are explored in this volume. The result was the invention of the “Monarchical Humanism”: a Humanism that has identifying characters, absolutely innovative, alternative or totally opposed to, but certainly no less important than those of the “Civil Humanism” developed in other places.
[ITA] Alfonso d’Aragona, il Magnanimo (1394-1458), divenne re dell’Italia meridionale dopo una più che ventennale guerra di conquista. Fu il re catalano che portò a compimento la “trajectòria mediterrània” avviata dai suoi avi nei secoli precedenti e fu colui che ricongiunse le due parti del Regno dell’Italia meridionale, separate dopo lo scoppio dei Vespri (1282). A partire dalla sua conquista di Napoli (1442), per circa mezzo secolo il Mediterraneo occidentale fu trasformato in un “lago catalano”. Fu un periodo breve, ma che ha lasciato il segno nella storia europea, dal punto di vista non solo istituzionale, ma anche culturale. Alla sua corte, infatti, si raccolsero i più dotti intellettuali dell’epoca, provenienti da ogni luogo, e si rinnovò completamente il concetto di letteratura, che fu adeguata alle aspirazioni cesaree del nuovo sovrano. La legittimazione culturale di quelle altissime ambizioni seguì le diverse strade che vengono indagate in questo volume. Il risultato fu l’invenzione dell’“Umanesimo monarchico”: un Umanesimo che presenta aspetti assolutamente propri e innovativi, alternativi o del tutto opposti, ma certamente non inferiori a quelli che caratterizzano l’Umanesimo cosiddetto “civile” sviluppatosi in altri centri.

IT:
Rossetto Fieramosca, figura di spicco della Capua rinascimentale, incarna appieno il modello di armigero demaniale ideato da Ferrante I di Napoli, allorché, nel 1464, promulgò la riforma militare dell’esercito napoletano atta, attraverso la promozione dell’élite militare cittadina, a formare un contingente di armigeri e soldati leali alla dinastia aragonese. In questa prospettiva, la vicenda del Capuano, ricostruita attraverso una solida base documentaria, appare strategica per l’osservazione dei rapporti, e dei reciproci interessi, tra ceto militare regnicolo e Corona in una fase cruciale della storia politica del Regno di Napoli.

EN:
Rossetto Fieramosca, an important personality of the Renaissance Capua, personifies the perfect model of the state-owned armiger devised by Ferrante I of Naples, when, in 1464, he proclaimed the Neapolitan army’s military reform which, through the promotion of citizen military élite, had to build a contingent assembled from soldiers and armigers loyal to the Aragon’s Crown. Furthermore, the Capuano’s life, built with a solid documentary base, proves to be fundamental for the relationships’ examination, and for the mutual profits, between the kingdom’s military class and the Crown, during one of the most critical periods of Neapolitan kingdom.

Il saggio offre, per la prima volta, l’edizione critica integrale di uno scambio epistolare, risalente all'estate del 1440, tra Guiniforte Barzizza, Alfonso d’Aragona e Iñigo d'Avalos, di cui sopravvivono sei missive dell’umanista. Il carteggio illustra non solo la passione di Alfonso per le Epistulae ad Lucilium di Seneca, di cui Barzizza allestì una copia da inviare al sovrano, ma anche l’importanza del d'Avalos, latore del manoscritto, sia nella corte aragonese che in quella viscontea.

The essay offers, for the first time, the complete critical edition of an epistolary exchange, dating back to the summer of 1440, between Guiniforte Barzizza, Alfonso d’Aragona and Iñigo d’Avalos, of whom only six humanist missives survive. The correspondence illustrates not only Alfonso’s passion for Seneca’s Epistulae ad Lucilium, of which Barzizza made a copy to send to the sovereign, but also the importance of d’Avalos, bearer of the manuscript, both in the Aragonese and Visconti courts.

This contribution was first drafted as an introduction to a pair of linked sessions held at the annual meeting of the Renaissance Society of America in Boston in spring 2016. It claims that fifteenth-century Naples remains an undervalued artistic center, especially when it comes to the city’s contribution to what art history has defined as 'Renaissance Art'. Quattrocento Naples’s artistic production is often considered 'Late Gothic' in style. If a relation to antiquity is undeniable, then this relation tends to be judged as impure or deficient. Such preconceptions hark back to Jacob Burckhardt’s moral condemnation of the Aragonese kings of Naples in his famous “Die Cultur der Renaissance in Italien” (1860), a book that has long defined our conception of the Renaissance, and continues to do so – both scientifically and on a popular level. Burckhardt’s stylization of Federico da Montefeltro as the perfect Renaissance prince emerges in contrast to his negative characterization of the kings of Naples and to that of Alfonso of Aragon in particular. This article deconstructs Burckhardt’s narrative opposition and offers instead a more historically accurate account that demonstrates Federico’s political and economic dependence on the kings of Naples. I argue that this dependence was nothing but honorable to Federico da Montefeltro and is reflected in an image politics that draws heavily on Neapolitan models. The connection is analyzed by way of a case study that focuses on two medals, one by Cristoforo da Geremia and the second by Clemente da Urbino.

Nel 1999 Maria Grazia Ciardi Dupré dal Poggetto pubblicava un saggio che chiariva, credo in modo sostanziale, la questione aperta qualche anno prima da Giovanni De Francisco riguardo la cultura figurativa e il linguaggio formale della bottega che eseguì la copertura lignea della odierna cattedrale di Nicosia 1 . Questo comune di montagna, il cui territorio si abbarbica tra le Madonie e i Nebrodi, occupa una posizione preminente nella storia medievale dell'isola, soprattutto per via della sua strategica ubicazione geografica al centro della Sicilia e dell'autonomia che gli conferiva il fatto di essere stata annoverata tra le città demaniali. A questo va aggiunto che fu sede di un importante mercato fieristico per concessione regia a partire almeno dal XIV secolo. La fiera vi si svolgeva in agosto e radunava mercanti stranieri provenienti dai porti della Sicilia occidentale e orientale 2 .

Re Ferrante d'Aragona (1458-1494) perseguì, sulle orme del padre Alfonso I, un coerente progetto politico-militare, volto a limitare l'autonomia dei condottieri e ad esautorare le milizie dei baroni attraverso la creazione di una cavalleria stanziale alle dirette dipendenze della Corona.

La distruzione di preziosi documenti della Cancelleria aragonese di Napoli, nel corso della Seconda Guerra Mondiale, ancora oggi penalizza gli studi sul mecenatismo musicale di Alfonso il Magnanimo. Questo articolo esamina alcune fonti conservate nell'Archivio del Regno di Valenza. Redatte dagli scrivani del tesoriere generale, del protonotario e del segretario della Casa reale in un arco cronologico che va dal 1441 al 1447, queste fonti, a tutt'oggi inutilizzate dai musicologi, non solo ampliano le nostre conoscenze relative alle singole biografie e competenze professionali dei musicisti di corte-cantori della cappella, suonatori di strumenti a corda, cantadors, pifferi e trombetti-ma gettano anche nuova luce sull'insieme di provvedimenti e gratificazioni che il sovrano aragonese riservò a musicisti non appartenenti alla Casa reale.

Abstract.
The destruction of precious documents of the Aragonese Chancellery of Naples during the Second World War still penalizes the studies on the musical patronage of Alfonso the Magnanimous. This article examines some sources preserved in the Archive of the Kingdom of Valencia, drawn up by the scribes of the general treasurer, the prothonotary, and the secretary of the Royal House in a chronological span from 1441 to 1447. These sources, which have not yet been used by musicologists, not only broaden our knowledge of the individual biographies and professional skills of the court musicians-singers of the chapel, string instrument players, cantadors, wind band and trumpets-but also shed new light on the set of measures and gratifications that the Aragonese sovereign reserved for musicians who did not belong to the Royal House.

This paper provides a brief overview of the relations between the Crown of Aragon and the Byzantine Empire in the 15th century, when they reached the strongest point in all their shared history. The means and main characters of this diplomatic communication are analysed, as well as its evolution, focusing on key aspects such as the great expectations of the Byzantine emperors in the Aragonese help and the role of Byzantium in the eastern policy of the Aragonese monarchy. Moreover, the weight of Romania in the trade of the Crown´s subjects is examinated, in addition to the merchants reliance on piracy and the effects of royal action.

El presente artículo ofrece un breve repaso de las relaciones mantenidas entre la Corona de Aragón y el Imperio Bizantino durante el siglo XV, momento en el que estos contactos alcanzarón la mayor intensidad de sus casi tres siglos de historia en común. Los cauces, protagonistas y la evolución serán abordados, prestándose especial atención a aspectos tales como las expectativas depositadas por los emperadores bizantinos en la ayuda aragonesa o el cambiante rol que ocupó Bizancio en la política oriental de los distintos monarcas de la Casa de Aragón. Así mismo, el peso del comercio con Romania para los mercaderes de los distintos territorios de la corona aragonesa será examinado, comprobando su interdependencia con la piratería y la influencia de la actuación monárquica en la zona.

Roma, a cura dell'autore 2019 (seconda edizione, riveduta e ampliata) -
Licenza Creative Commons 4.0 internazionale
---
Schedatura e ipotesi di attribuzione dello stemma, apparentemente anonimo, presente su un manufatto ceramico quattrocentesco
---
Filing and hypothesis of attribution of the apparently anonymous coat of arms present on a fifteenth-century ceramic artifact

Based on a broad array of archival records, this paper adopts a Korčulan perspective on the Kingdom of Naples in the Aragonese period as one of the four major powers in Southeast Europe and the presence of both Catalan merchant, naval and pirate ships in the late medieval Adriatic. First, it explores the island’s socio-economic relations with Neapolitan Apulia and with Catalan merchants throughout the 15th century. After observing the island’s maritime entangledness with Southern Italy through the lens of trade, the focus shifts back to Korčula’s perception of and responses to the Neapolitan and Catalan presence in the Eastern Adriatic that promoted the island’s dual role as a relay station for information and as a mediator between Venetian and Catalan, or Neapolitan, subjects. Furthermore, the paper scrutinises the islanders’ response to the two immediate ‘Catalan’ threats posed to Korčula in the course of the War of Ferrara, i.e. the Aragonese invasions in 1483 and 1484.

This paper focuses upon the three extant medals (c. 1448-1450) that Pisanello designed  for Alfonso I of Naples (Alfonso V of  Aragon), offering new insights into the range of meanings that the sculptures likely conveyed to viewers in Italy and beyond. Here the medallic iconography is considered against the backdrop of Alfonso's heritage, larger territorial claims, and commercial interests; appropriation of triumphalist ico­nography, crusade panegyrics, and prophetic traditions; and personal piety and reaction to papal calls for crusade. In this context, Pisanello's medals, designed for replication and dissemination, emerge as dynamic agents within an arsenal of propagandistic imagery that would have resounded with Christian audiences
across the Mediterranean.

Le présent article revient sur un événement célèbre de l'historiographie méditerranéenne depuis le Moyen Âge: il s'agit du récit du siège de Bonifacio (1420-1421) dirigé par le roi d'Aragon Alphonse V afin de s'emparer de cette petite cité génoise, alors place stratégique méditerranéenne, et, partant, de la Corse. De ce fait, l' échec de cette entreprise aragonaise marqua dans les écrits et les esprits la fin des prétentions hispaniques sur l'île au profit des Génois et de leur modèle politique, à savoir républicain. Cependant, la guerre ne se limita point à des actes militaires  entre décembre 1420 et janvier 1421; elle se poursuivit à travers l'écrit, occasionnant une véritable guerre de plumes jusqu'à la fin du XVIe siècle. L' espace littéraire du siège de Bonifacio devint ainsi un laboratoire d'expression politique et identitaire entre Corses, Génois, Aragonais, Bonifaciens, républicains et monarchistes que ce travail propose d'analyser de manière synthétique.

El período comprendido entre 1416, año de la sustracción de Fernando I a la obediencia del papa Benedicto XIII, y 1429, año de la liquidación del Cisma en la Corona de Aragón y de la vuelta a la normalización de las relaciones con el papado, se caracteriza por un alto grado de intervencionismo regio en los asuntos eclesiásticos, sobre todo gracias a la apropiación de los derechos de la Cámara Apostólica. En este artículo se pasa revista a la política beneficial y fiscal desplegada por la monarquía aragonesa a lo largo de este período en base a las instrucciones dadas a los comisarios encargados de gestionar aquellos derechos y la promulgación por parte de Alfonso V el Magnánimo de una serie de edictos o pragmáticas, al mismo tiempo que se intentan despejar algunas dudas planteadas en torno al Concordato con la nación hispana de 1418 y su incidencia en la Corona de Aragón.

Le catalogazioni dei tornesi aragonesi di mistura intestati alla zecca di Napoli ad oggi risultano isolate, nel senso che nella bibliografia tradizionale queste monete sono rappresentate da due casi sporadici, vale a dire quello dei rarissimi esemplari fatti battere da Alfonso il Magnanimo 1 e quello della copiosa produzione di bassa lega ordinata dal successore Ferrante tra il 1459 e il 1463 2 . Nell'ambito della bibliografia più antica questi ultimi tornesi furono definiti grani 3 , ma ciò non aveva ragion d'essere perché nel 1480 «lo gra val dos torneses» 4 e dunque i tornesi di Ferdinando I già sviliti di intrinseco, al punto da non raggiungere nemmeno il valore nominale del tornese regolare, non potevano di certo assurgere singolarmente al doppio valore vantato dal grano, nome con cui sono stati chiamati. Tuttavia l'impasse gra-

Questo contributo ricostruisce la storia del ms. Rothschild 2529, un Breviario «secundum usum Cisterciensem», copiato nel monastero di Poblet (Tarragona) fra la fine del XIV secolo e il principio del XV su committenza di Martino I d’Aragona. Dall’esame di diversi documenti, in parte inediti e in parte mai messi in relazione con il Rothschild, si evince che il re non commissionò il ms. per sé, ma che lo fece realizzare per suo figlio Martino I di Sicilia. Dopo la morte dei due sovrani, il Breviario entrò in possesso di Margherita de Prades e infine venne acquistato da Alfonso il Magnanimo. In appendice si analizza il Lezionario dell’Ufficio notturno feriale di Quaresima del Breviario, la cui articolazione, costruita seguendo le dettagliate istruzioni di Martino I d’Aragona, diverge da quella prevista dal cursus cisterciense.

El opúsculo de Antonio Beccadelli el Panormita ofrece una fuente privilegiada para acceder a la “palabra familiar” de Alfonso V de Aragón y en particular para explorar su vertiente como rex facetus. Ésta sirve de puente entre una representación del monarca netamente medieval y otra ya renacentista, mediante el cauce del ingenio cortesano. En efecto, el ámbito propio de la facecia alfonsina es el de su círculo íntimo dentro de la corte y no el de los actos públicos y formales. Pese a ello, sus manifestaciones facetas transmiten un determinado ideal de actuación presidido por la urbanitas y la ciuilitas.