Archaeology of Southern Italy

Objectives: We are testing competing scenarios regarding the population history of the ancient Greek colonization of southern Italy using dental phenotypic evidence. Materials and Methods: We collected dental metric and nonmetric trait data for 481 human skeletons from six archaeological sites along the Gulf of Taranto, dating to pre-colonial (900-700 BC) and post-colonial periods (700-200 BC). We are evaluating scenarios through an individual-level biodistance analysis using a three-pronged approach: (a) by analyzing levels of mobility in pre-and post-colonial periods under a model of isolation-by-distance; (b) by quantifying differences in group means and variances in pre-and post-colonial periods utilizing permutational multivariate analysis of variance and Betadisper analyses; and (c) by identifying ancestries of post-colonial individuals using naïve Bayes classification. Results: Southern Italy during pre-colonial times was characterized by low levels of mobility and marked differences in group means and variances. During post-colonial times, mobility increased and there were no differences in group means and variances. About 18% of the people in post-colonial times were of Greek ancestry and lived equally distributed across Greek colonies and indigenous villages. Nevertheless, the overall biological composition and variability of southern Italy remained relatively unchanged across pre-and post-colonial periods. Discussion: Our results support a scenario in which only few Greek colonists migrated to southern Italy and lived in smaller numbers alongside indigenous people in Greek colonies as well as in indigenous villages. Our results contradict a scenario in which large numbers of Greek invaders founded biologically isolated and substantially homogeneous colonial enclaves within conquered territories.

Restes miraculés d'un lointain passé, les vestiges archéologiques sont de précieux témoins de l'histoire humaine. En fouillant un site, l'archéologue moderne mène une enquête. Il cherche à tirer du sol le plus d'informations possible. Comme sur une scène de crime, tous les indices sont essentiels: les objets, les traces infimes, leurs positions dans le sol, l'environnement... Dès lors, un site pillé, c'est une archive détruite, une enquête ruinée, des connaissances perdues. Un trou de mémoire. Le patrimoine archéologique est hélas, depuis toujours, victime de convoitises dévastatrices. De la Grèce antique à Napoléon, le pillage culturel fut de toutes les conquêtes. Et il nourrit encore bien des querelles, comme l'illustre le fameux cas des frises du Parthénon. Aujourd'hui, le pillage et la destruction sont mercantiles. Pour alimenter le commerce des antiquités, les fouilles clandestines se multiplient. Le trafic s'intensifie, le marché et la clientèle s'élargissent. On trouve sur Internet des pièces archéologiques à vil prix. Sur tous les continents, des tombes sont éventrées par milliers, des monuments sont mutilés, des sites dévastés. Parce qu'ils créent la demande, ce sont les acheteurs d'objets archéologiques qui, souvent sans le savoir, provoquent ce fléau. Un désastre culturel ? Oui, car les pièces en vente sur le marché, comme celles volées par les conquérants de jadis, ne sont que le triste butin d'un pillage destructeur de mémoire.

Comune di Anzi INTRODUZIONE Nell'ambito del progetto di ricerca archeologico "Ritorno ad Anxia" (dir. scientifica: Prof.ssa Maria Chiara Monaco) condotto dalla cattedra di Archeologia Classica dell'UniBas-DiSU nel territorio comunale di Anzi dal 2014, lo scorso mese di luglio sono ripresi gli scavi nella necropoli di loc. Raia (propr Sarli), a cui ha preso parte un'equipe di studenti, specializzandi e dottorandi dell'Ateneo lucano (direttore scavo: Prof. Fabio Donnici; vice-direttore: Dr. Antonio Pecci). Si segnala in questa sede che i risultati delle ricerche finora condotte sono ora disponibili alla comunità scientifica all'interno del volume Ritorno ad Anxia. Ricerche archeologiche in un territorio della Lucania interna (a cura di M.C. Monaco, F. Donnici), di recente pubblicazione. L'area sepolcrale di loc. Raia è ubicato a mezza costa su un terrazzo naturale protetto dalle pendici meridionali del Monte Siri, a controllo di un'ampia porzione della vallata della fiumara di Anzi, ed è marginato ad O da un profondo vallone inciso dalla sorgente Raia (Fig. 2). Il sito, già noto intorno alla fine del XIX secolo, è stato interessato nel 2001 da una serie di saggi di scavo di emergenza ad opera dalla Soprintendenza Archeologica della Basilicata (dir.: Dr. Elvira Pica). Uno di essi portò all'individuazione, in un'area ubicata immediatamente a valle della masseria dei proprietari del terreno, di un piccolo nucleo funerario composto da quattro tombe dai corredi molto ricchi databili nel pieno VI sec. a.C. La forma del rituale funerario, con defunti deposti in posizione supina, e le peculiari ceramiche matt-painted di produzione locale hanno consentito di accertare la presenza di una comunità enotria nel comprensorio anzese (Fig. 1). LA CAMPAGNA DI SCAVO 2021 Le indagini dell'Ateneo Lucano hanno inteso proseguire gli scavi della Soprintendenza con lo scopo di comprendere meglio topografia e cronologia del sito e di definire i rapporti con l'ipotizzabile agglomerato abitativo di pertinenza, da collocarsi probabilmente nella parte sommitale di un plateau in lieve pendio oggi occupato da un vigneto. Le operazioni si sono concentrate lungo il margine SE di quest'ultimo, a circa 80 m di distanza dagli scavi del 2001, dove un taglio realizzato per la costruzione di uno stradello di accesso alla moderna abitazione rurale aveva intaccato i resti di almeno una sepoltura visibili in sezione. Il saggio praticato (20 x 5 m) ha individuato un ampio settore della necropoli di età arcaica completamente sconvolto e spinto a valle da un potente strato di fango (US 4) (Fig. 5). Quest'ultimo con ogni probabilità è da interpretare quale residuo di un movimento franoso che interessò, in un momento di poco successivo, almeno a giudicare dalla lettura stratigrafica e dai materiali in associazione, quest'area posta in forte pendio alle falde del Siri. Tale evento geologico, tuttavia, ha risparmiato, lungo il margine E del saggio di scavo, un piccolo deposito dalla consistenza molto compatta (US 5), formato dalla sovrapposizione di diversi strati di argilla concotta, residui carboniosi, frammenti ceramici e ossa combuste di animali di piccola taglia (anfibi? rettili?) (Fig. 6). Si tratterebbe dei resti un rituale sacrificale effettuato in modo reiterato nello stesso punto all'interno dell'area sepolcrale, evidenza questa che rappresenta un'importante novità in merito agli aspetti cultuali delle comunità enotrie, altrimenti quasi totalmente sconosciuti in letteratura. Nella parte più O del saggio, inoltre, si sono fortunatamente conservate in situ due sepolture di sesso maschile, analiticamente indagate durante la campagna di scavi. La tomba 1, delimitata da un circolo di pietre e coperta dal un basso tumulo di terra, è stata scavata direttamente nello strato geologico di argilla varicolore, formazione geologica tipica del territorio di Anzi. Lo scheletro, in ottimo stato di conservazione, è pertinente ad un individuo sub-adulto (età indicativa 10-12 anni), disteso sul dorso con le braccia lungo i fianchi con un andamento NO/SE (Fig. 3). La sepoltura si contraddistingue per la peculiare modalità di deposizione del corredo (fig. 4). Difatti, mentre il corpo del defunto è delimitato da scaglie di arenaria infisse di taglio, il corredo vascolare trova collocazione entro due circoletti di pietre posti ad una certa distanza da esso (40-50 cm): il primo, sul lato sinistro, racchiude un'olla a decorazione sub-geometrica bicroma al cui interno è stato collocato un piccolo vaso cantaroide con anse non sormontanti; l'altro, ai piedi, contiene un altro vaso cantaroide di medie dimensioni. Tra le due deposizioni è stata inoltre rinvenuta una punta di lancia di ferro, che connota il giovanissimo defunto come individuo destinato a ricoprire lo status di guerriero. Subito a N della tomba 1, ad una quota leggermente più alta, è emersa una seconda sepoltura (tomba 2) il cui piano di deposizione risulta intaccato da una profonda fossa praticata in epoca moderna per lavori agricoli. Scheletro e corredo, molto disarticolati e frantumati, sono stati recuperati solo in parte e sono pertinenti ad un individuo maschile di età adulta. L'apparato funerario è composto da una grossa punta di giavellotto in ferro, da vasi di produzione locale d'impasto (1 grande contenitore) e in argilla figulina (2 kantharoi, 1 piatto su alto piede, coppette) e ceramiche d'importazione greco-coloniale (coppe ioniche di tipo B2). In entrambi i casi l'orizzonte cronologico attestato rientra nella seconda metà del VI sec. a.C. e i materiali rinvenuti, ad un'analisi preliminare, trovano confronti soprattutto con i contesti enotri del della vicina valle del Sauro (Guardia Perticara, loc. S. Vito; Corleto Perticara, loc. Tempa Rossa). La ripresa delle indagini in loc. Raia costituisce un punto di partenza per una migliore comprensione dell'occupazione enotria nel comprensorio anzese e dei rapporti di quest'ultimo con gli areali meglio documentati della Basilicata interna lungo le valli dell'Agri e del Sinni.

La necropoli di San Magno in Puglia, risalente alla tarda Età del bronzo-inizio Età del ferro, viene presentata in questo volume in maniera organica e sistematica, attraverso un' accurata analisi storica e archeologica delle numerose tombe a tumulo che la caratterizzano.

Roberto Marrone è dottore magistrale in Scienze Biologiche, Archeologia e in Conservazione e Diagnostica del patrimonio culturale. E' docente di storia dell' arte e svolge attività di ricerca in ambito della biologia del restauro e del biodeterioramento dell' opera d' arte. E' autore di diverse pubblicazioni fra cui Conservazione e valorizzazione delle strutture lignee delle norie siriane (Aracne, 2012) e Componenti organici e inorganici in uso nell' opera d' arte (Aracne, 2016)

Da ormai quattro anni (2014)(2015)(2016)(2017), dopo un lungo silenzio durato più di un quindicennio, la ricerca archeologica è ripresa nella località di Anzi (PZ) piccolo centro abitato della Lucania interna. L'antico insediamento, indicato sulla Tabula Peutingeriana come Anxia lungo il percorso della via Herculia, conobbe importanti vicende insediative soprattutto tra l'VIII sec. a.C. e il IV sec. d.C. I lavori, sono stati condotti dall'Università degli Studi della Basilicata -Dipartimento di Scienze Umane DiSU -sede di Potenza (dir. scientifica: Prof.ssa Maria Chiara Monaco; responsabili archeologi: Dr. Fabio Donnici e Dr. Antonio Pecci) d'intesa con il Comune di Anzi e con I'IBAM-CNR di Tito Scalo -Potenza (ing. Nicola Masini). L'esigenza, che ha inizialmente mosso la ricerca e che resta tutt'ora di assoluta validità riguarda la ricomposizione della complessiva fisionomia del territorio del centro abitato ( ) e del suo comprensorio che, a fronte dell'enorme quantitativo di scavi non regolari effettuati nel corso del XIX secolo, ha finora conosciuto pochissime indagini regolari da parte della Soprintendenza archeologica della Basilicata: anni 1980-1982 (Bottini P. 1982, Anzi: due anni di ricerche archeologiche: catalogo della Mostra, Matera) e 2001.

L'estrema regione sud-orientale italiana è caratterizzata dalla presenza di un elevato numero di testimonianze megalitiche, concentrate prevalentemente nel settore centro-meridionale e riferibili ad un ampio arco temporale esteso dalla tarda preistoria sino alla piena età storica. I monumenti pugliesi sono stati generalmente distinti in tre principali categorie morfologiche: dolmen (probabili celle funerarie realizzate mediante l'impiego di lastre in pietra di grandi dimensioni), specchie (cumuli di pietrame di varia epoca e funzione) e menhir (monoliti infissi verticalmente nel terreno o nel banco di roccia) 1 . Le evidenze dolmeniche sono localizzate in diversi distretti del territorio considerato: le Murge, il comprensorio a Nord di Taranto, la fascia costiera del Barese e il basso Salento. Completamente isolato risulta, invece, il Dolmen di Torre Molinello, ubicato originariamente presso Vieste ( ) e distrutto nel 1981. Sebbene tali dolmen siano stati oggetto solo in rari casi di indagini archeologiche accurate e sistematiche, è possibile ipotizzarne una peculiare destinazione sepolcrale o cultuale 2 e un'attribuzione cronologica all'orizzonte di transizione tra la fine del III e la prima metà del II millennio a.C. (Bronzo Antico -Bronzo Medio) 3 . Molti studiosi sottolineano le marcate difformità planimetriche e dimensionali tra la tipologia del "dolmen a galleria", attestata quasi esclusivamente nella Puglia centrale, e quella del "dolmen semplice", diffusa unicamente nel Leccese (). Le strutture del primo gruppo, più imponenti di quelle salentine, sono caratterizzate dalla frequente copertura con accumuli ordinati di terra o pietrame e dalla presenza di un lungo corridoio d'accesso e di partizioni interne della camera sepolcrale riservata alla deposizione degli inumati 4 . Tra le più note, si possono citare: i D. Albarosa, Chianca ( e Frisari nel territorio di Bisceglie (fig.